Il corpo della donna in gravidanza ne chiede quantità maggiori, perciò il sole potrebbe non essere sufficiente a stimolare la produzione adeguata di vitamina D, indispensabile per il corretto sviluppo del nascituro. A riaccendere il dibattito sulla necessità o meno di integratori vitaminici per la gestante sono gli esperti riuniti al Congresso Europeo di Endocrinologia, in corso a Dublino, a fronte di un’indagine presentata dall’Università ‘Aristotele’ di Thesaloniki, in Grecia: il 90 per cento delle donne nel bacino del Mediterraneo presenta bassi livelli di vitamina D durante la gravidanza. Eppure proprio in queste aree, rispetto alle più buie regioni del Nord Europa, ci si aspetterebbe una minore incidenza della carenza vitaminica, proprio perché la localizzazione geografica facilita l’esposizione alla luce solare e, di conseguenza, a una maggiore produzione di vitamina D.
«La carenza di questa vitamina in gravidanza può esporre la donna e il bambino a problemi e complicanze», commentano gli autori della revisione sistematica che ha quantificato i dosaggi ematici della vitamina in quasi oltre 2.600 gestanti e 1.800 neonati. Studi precedenti hanno correlato, infatti, bassi livelli di vitamina D a un maggiore rischio di preeclampsia, diabete gestionale, cesareo d’emergenza e parto prematuro. Ad oggi l’Organizzazione Mondiale della Sanità non ritiene necessaria l’integrazione di vitamina D per tutte le donne in gravidanza: l’alimentazione equilibrata, insieme all’esposizione solare, può essere un valido aiuto per soddisfare le esigenze nutrizionali dell’organismo di mamma e bambino. Sono poche, inoltre, le evidenze scientifiche sui benefici e le eventuali controindicazioni degli integratori di vitamina D che, secondo le attuali linee guida internazionali, dovrebbero essere somministrati solo quando gli esami confermano gravi carenze di vitamina.
20/05/2015
