Ogni anno in Italia si ammalano di tumore circa 2.000 bambini. Di questi, il 25% di casi è una diagnosi di leucemia. Per la cura di queste patologie, fino al 23 febbraio è possibile sostenere la Fondazione Umberto Veronesi con un SMS da telefono cellulare o con una chiamata da rete fissa al 45516. Il ricavato permetterà di finanziare la cura delle leucemie, in particolare un protocollo di terapia per la leucemia linfoblastica acuta (LLA), che rappresenta il 75% dei casi di leucemia infantile e che colpisce in Italia circa 350-400 bambini di età compresa tra i 2 e i 5 anni.
La sopravvivenza è alta
Sostenere il progetto è fondamentale, perché nonostante il tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi sia passato da meno del 10% nei primi anni Sessanta all’attuale 80%, studi recenti dimostrano che è difficile migliorare questi risultati con l’intensificazione della chemioterapia.
Verso la medicina di precisione
«Siamo arrivati al massimo dei risultati con dosaggi massimi di chemioterapici e radioterapia in questi bambini – spiega Lorena Passoni, ricercatrice e supervisore scientifico di Fondazione Umberto Veronesi – andare oltre significherebbe rischiare effetti tossici, per cui dobbiamo provare strade nuove e alternative. Oggi si va verso la medicina di precisione: puntiamo a individuare le mutazioni specifiche delle cellule tumorali e non delle cellule normali per sviluppare soluzioni farmacologiche. Ciò permetterebbe di essere più efficaci direttamente sulle cellule tumorali preservando le cellule normali, che invece la chemioterapia colpisce».
I nuovi farmaci biologici
Come riporta la Fondazione Umberto Veronesi, i nuovi farmaci biologici possono essere somministrati in combinazione con la chemioterapia. Per la cura della leucemia linfoblastica acuta di tipo B (a carico dei linfociti B) sono entrati in commercio nuovi famaci, in particolare due anticorpi monoclonali: Blinatumomab e Inotuzumab-Ozogamycin, che attualmente hanno l’indicazione per la malattia in recidiva, come alternativa alla chemioterapia.
Le novità nella radioterapia
Una ulteriore possibilità terapeutica nell’immediato futuro è rappresentata dalle cellule CAR-T, linfociti T ingegnerizzati contro i blasti leucemici. Seppur meno utilizzata, la radioterapia trova applicazione nei casi in cui la leucemia linfoblastica acuta abbia raggiunto il sistema nervoso centrale (per colpire le cellule localizzate all’interno della scatola cranica) o in caso di localizzazione della malattia a livello di organi non emopoietici (testicolo).
La ricerca contro i tumori pediatrici
Rispetto alla ricerca contro i tumori nella popolazione adulta, quella sui bambini incontra maggiori difficoltà perché le casistiche, per fortuna, sono minori. Tuttavia, spiega l’esperta, «la ricerca ha bisogno di numeri. Non si possono fare campioni troppo piccoli perché altrimenti non siamo sicuri che il nostro trattamento sia efficace o frutto del caso. Per ovviare a questo problema, c’è una collaborazione tra gli studi di ricerca internazionali per ampliare i campioni. Questo, però, comporta un aumento dei costi per coordinarsi, organizzare i database, standardizzare le metodiche di ricerca».
Sostenere il progetto
Un motivo in più per sostenere il progetto di Fondazione Umberto Veronesi e dell’Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica con una donazione. Per maggiori informazioni sul progetto: il sito della Fondazione e l’hashtag della campagna #ilcancrononaspetta.
Cancro: l’immunoterapia più efficace della chemio per molti tumori
Leucemia: bambino curato per la prima volta con la terapia genica
Leucemia: possibile guarire anche con trapianto di midollo non compatibile