Nella sua veste di Presidente di turno del G20, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha aperto il suo discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite affermando che non c’è più tempo e va subito attuato un piano d’azione concreto e fatto di interventi strutturali finalizzati all’inversione dell’attuale sovraccarico degli ecosistemi, responsabili dei cambiamenti climatici già in corso. L’UE ha predisposto un poderoso piano strategico noto a noi tutti come Green Deal, che mira a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e ridurre le emissioni già per il 2030 ad almeno il 50% dei livelli degli anni 90.
«L’impegno politico verso l’obiettivo delle emissioni zero coinvolgerà tutti i settori economici col supporto di un ampio piano di investimenti (mobilitando fino a mille miliardi di euro nei prossimi dieci anni) per passare a un’economia circolare pulita, ripristinare la biodiversità e ridurre l’inquinamento, che è oggi responsabile di oltre 7 milioni di morti in tutto il mondo secondo l’OMS», afferma Alessandro Miani, presidente SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale). «L’Unione Europea potrebbe approvare già nel 2022 una proposta di modifica alla Direttiva sulla qualità dell’aria per aderire ai nuovi obiettivi di tutela sanitaria presentati il 22 settembre scorso a Ginevra dall’OMS, che riducono drasticamente i limiti delle polveri sottili e degli ossidi d’azoto. Si tratta di una grande sfida anche per le nostre città, che saranno chiamate a diventare centri di promozione della salute ripensando se stesse in funzione di obiettivi di “resilienza urbana” in tutti gli aspetti del vivere quotidiano, dalla progettazione e ristrutturazione funzionale degli edifici, ai sistemi di riscaldamento, fino alla mobilità e all’autosufficienza energetica».
L’opportunità per una ripartenza sostenibile va sfruttata: dieci protagonisti del mondo della ricerca, della scienza, dell’informazione e dell’imprenditoria spiegano come.
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Puntare sulle competenze dei giovani professionisti
Se c’è una cosa su tutte che la pandemia ha riportato al centro è l’importanza delle competenze, dopo anni in cui si è pensato che esse, insieme alle conoscenze, fossero inutili per governare e gestire l’oggi e prevedere i rischi del domani.
Se la ripartenza sostenibile dell’Italia è l’obiettivo centrale di investimenti e riforme previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il perno attorno al quale molto ruota sono i professionisti, giovani professionisti mi piacerebbe fossero, che questa transizione ecologica e digitale devono immaginare, pianificare e attuare.
Il tempo a disposizione è poco, gli obiettivi numerosi e ambiziosi ma senza alternative: non possiamo permetterci, questa volta, di sbagliare. Non esiste un «piano B». Ecco perché i «progetti» che coinvolgono i sistemi della formazione e della ricerca sono così centrali nella politica dell’intero governo: sono mondi che dovranno proporre modelli inclusivi e innovativi, modelli da mettere in pratica e che possano essere un motore di sviluppo per tutto il Paese.
Nell’ambito della componente «Dalla Ricerca al Business» della Missione Istruzione e Ricerca del PNRR ci sono, in particolare, quattro investimenti nei quali centrali sono i temi legati ad ambiente e salute.
● I Partnenariati pubblici e privati caratterizzati da un approccio interdisciplinare e problem solving, realizzati da reti diffuse di università, enti di ricerca, soggetti pubblici e privati impegnati in attività di ricerca con l’obiettivo di contribuire a rafforzare le filiere della ricerca a livello nazionale anche su temi green, health, life sciences e a promuovere la loro partecipazione alle catene di valore strategiche europee e globali.
● I Centri Nazionali, aggregazioni di università ed enti di ricerca con il coinvolgimento di altri soggetti pubblici e privati, impegnati in attività di ricerca che si rifanno a tecnologie abilitanti come lo sviluppo di farmaci con tecnologia a RNA e per la terapia genica e la mobilità sostenibile, coerenti con le priorità del Programma Nazionale per la Ricerca e dell’agenda strategia per la ricerca dell’Unione Europea.
● Gli ecosistemi dell’innovazione, pensati come reti di università, enti di ricerca, enti pubblici territoriali, altri soggetti pubblici e privati, per stimolare la creazione e la promozione dell’innovazione e della sostenibilità per un’area, un territorio di riferimento anche intorno ai temi legati a salute e ambiente.
● Le infrastrutture di ricerca e innovazione finalizzate ad aumentare la competitività nelle attività di ricerca internazionali ma anche alla creazione di saperi, strumentazioni, know how di interesse per l’industria, incluse le piccole medie imprese.
Sono tutti nuovi progetti che per incidere realmente, in modo stabile e duraturo sul benessere dei cittadini, richiedono necessariamente che ogni attore, collaborando con gli altri, faccia al meglio la propria parte.
Promuovere l’educazione ambientale
Il Piano Nazionale della Ricerca e più recentemente il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) dedicano ampio spazio ai temi dell’innovazione e del green, mettendoli in stretto raccordo tra loro nella prospettiva di promuovere transizione ecologica, ambiente e salute anche attraverso comportamenti virtuosi di istituzioni, imprese e cittadini.
Le iniziative in materia di sostegno alla ricerca sono numerose. In primo luogo un’iniziativa già partita vedrà le università impegnate in questo arco di tempo con finanziamenti di borse di dottorato dedicate a temi di innovazione e green. Poi ci sono alcuni progetti specifici che le Università e gli Enti di ricerca potranno promuovere in materia di ricerca ambientale, di energie pulite, di mobilità sostenibile, di risanamento dei siti inquinati, di bonifiche, di depurazione. In ogni caso le iniziative in cantiere riguardano più ambiti, quindi sono interessati non solo il Ministero dell’Università e della Ricerca, ma anche il Ministero per lo Sviluppo economico, il Ministero della Transizione ecologica e quello della Salute.
Un grande fermento si avverte nella progettualità da parte dei ricercatori e delle istituzioni preposte alla ricerca, ma anche una grande attesa per un cambiamento epocale nei modelli di sviluppo ispirato alla costruzione di una società ecologica. In questo ambito, la sensibilità crescente sui temi ambientali consente anche di sviluppare nuove progettualità su ricerche che mettono insieme ambiente, salute e food, ambiti strettamente contigui ma alimentati da una comune visione.
Da segnalare in particolare che le aree con un maggiore tasso di inquinamento, come quella di Taranto, sono in prima linea come destinatarie di progetti specifici di risanamento ambientale. Ma il tema della transizione ecologica riguarda tutto il Paese ed è importante sostenere l’educazione ambientale attraverso la formazione delle giovani generazioni e la costruzione di un modello di società ecologica che possa anche attraverso la spinta di una maggiore consapevolezza essere realizzata al più presto. Il tema dei cambiamenti climatici, della difesa della natura, è particolarmente sentito dalle giovani generazioni ed è dunque importante che ricerca ed educazione possano trovare una sintesi efficace.
Orientarsi verso il benessere psicosociale
Nell’ambito degli obiettivi dello sviluppo sostenibile l’Università di Foggia sta lavorando su alcune tematiche che sono legate alla sostenibilità ambientale, ma anche sociale ed economica. Da pochissimo sono partiti alcuni progetti dedicati al benessere delle persone e all’educazione paritaria di qualità. In particolare è stato realizzato un grande investimento per uno studio che stiamo conducendo con l’Università di Foggia, di Napoli e l’Università del Salento sulla percezione dello stress da lavoro correlato che riguarda sia gli impiegati amministrativi e i docenti dell’università sia gli studenti dei quali stiamo valutando lo stress da studio ma anche il tecno-stress legato all’uso delle tecnologie che hanno caratterizzato negli ultimi due anni la fruizione delle attività didattiche.
Questo studio dei bisogni che riguarda 13mila studenti e un migliaio tra docenti e amministrativi si tradurrà in attività concrete che vanno dal counseling, al coaching, a corsi di formazione per la gestione dello stress e del conflitto nel contesto lavorativo tutto orientato nella direzione del benessere psicosociale della nostra comunità universitaria. Si tratta di numeri molto importanti, il che significa tanti psicologi messi sul campo per assistere e affiancare studenti e personale. Da segnalare che è già disponibile, a partire dal febbraio 2020, l’offerta di cinque sedute gratuite di counseling psicologico che nella maggioranza dei casi si sono rivelate già sufficienti per risolvere disagi.
Inoltre, sempre nell’ottica di favorire benessere, stiamo proponendo screening gratuiti con controlli preventivi di colesterolo, glicemia ecc. a docenti e studenti e in particolare per questi ultimi abbiamo messo in campo, grazie agli infettivologi dell’università (che contempla il corso di laurea in medicina) interventi formativi e informativi sulle malattie sessualmente trasmissibili e giornate di screening e test gratuiti con prelievo del sangue e informazioni su HIV. Un altro grande progetto inerente a benessere e sostenibilità intesa dal punto di vista sociale riguarda l’educazione inclusiva di qualità per garantire opportunità di apprendimento a tutti e contrastare l’abbandono scolastico che negli ultimi due anni ha subito un’impennata. Due le azioni previste:
● creare percorsi di orientamento alla scelta del corso di studi universitari con il supporto di psicologi e pedagogisti che aiutano lo studente a individuare quello più indicato al proprio caso e lo accompagnano sino alla laurea;
● investire risorse nella formazione dei docenti universitari puntando su nuove metodologie di insegnamento e apprendimento più centrate sui bisogni formativi dello studente che, nel tempo, si sono via via modificate.
Questo richiede un cambiamento di mentalità e di lavoro da parte del docente e una formazione ad hoc. Per rispondere a questa necessità abbiamo attivato un centro, Teaching Learning Center, che offre consulenza continua al docente per riprogettare il suo corso in modo che non sia più frontale e trasmissivo ma laboratoriale e partecipativo, collaborativo.
E abbiamo dati confortanti sul miglioramento della qualità della didattica, condizione necessaria per ridurre il disagio e l’abbandono e per rispondere concretamente ai bisogni di uno studente universitario che è cambiato e ha richieste molto diverse rispetto a quelle dello studente novecentesco. E la pandemia ha per così dire messo l’accento su queste diverse esigenze e sull’urgenza di innovare la didattica. Così, per esempio, lo studente lavoratore che prima della pandemia aveva enormi difficoltà a organizzare la giornata di lavoro con quella di studio, visto che i corsi non erano strutturati per chi doveva lavorare e che è stato facilitato dall’e-learning, cioè dalla didattica a distanza, non vuole tornare indietro, vuole continuare a poter usufruire di quel tipo di servizi che gli ha permesso di lavorare e studiare. Dunque questo ci pone di fronte all’urgenza di riprogettare l’attività formativa senza abbandonare la tradizione della didattica convenzionale in aula ma offrendo nuove opportunità per permettere agli studenti di sentirsi in università anche quando non sono in aula. Un percorso tutto da costruire e sul quale siamo già in cammino.
Far nascere a Taranto la Banca dei saperi
Taranto vive una situazione tutta particolare in termini di emergenza socio-sanitaria. Per contrastare tale emergenza e instaurare un clima di fiducia tra cittadini e istituzioni occorre dare alle nuove generazioni la possibilità di formarsi come validi professionisti sanitari in campo medico che vivano il territorio, conoscano la popolazione e siano consapevoli della sua realtà epidemiologica. A tal fine, per volontà dell’Università di Bari e della Scuola di medicina, sta diventando realtà a Taranto un nuovo Dipartimento Biomedico ospitato nell’ex Banca d’Italia che è stata ristrutturata e trasformata da banca del denaro a Banca dei saperi. Si tratta di un progetto in itinere che accoglie la Scuola di medicina e corsi di laurea breve (fisioterapia, tecniche della prevenzione nell’ambiente e dei luoghi di lavoro, infermieristica), puntando le sue attività di ricerca su tematiche di salute e ambiente.
L’università, infatti, non si occupa solo di formazione, ma anche di ricerca e innovazione. In quest’ottica stiamo creando una base progettuale importante che sta sviluppando percorsi di alta formazione, dunque universitari, che vedono proprio salute e ambiente alla base di tutto. Svilupperemo dunque una serie di progettualità insieme alla medicina del lavoro per far sì che si possa ridurre la percentuale di malattie provocate da danni ambientali, e siccome l’Ilva ne ha creati tanti di danni legati al problema del carbone, quale migliore luogo di Taranto per far nascere un polo di ricerca e innovazione sulla salute e l’ambiente?
● Migliorare gli stili di vita. Sempre in tale ambito creeremo nuovi corsi di laurea che si affiancheranno a quelli già esistenti e che punteranno a migliorare gli stili di vita. È per esempio in programma l’attivazione di un nuovo corso di laurea in scienze gastronomiche, cibo e salute per studiare e valorizzare la qualità dei prodotti locali e come il cibo può migliorare la salute. Nel progetto ad ampio respiro del nuovo Dipartimento rientra anche la creazione di una Biobanca, perché il futuro dei trattamenti passa attraverso la fenotipizzazione delle patologie. Grazie alla Biobanca e a tecnologie specifiche che verranno messe a punto riusciremo a caratterizzare i fenotipi e a rendere operativa la medicina di precisione per riuscire a garantire il trattamento giusto, al paziente giusto, nel momento giusto.
Rientra tra i nuovi progetti volti a dare slancio alla sostenibilità intesa come migliore qualità della vita anche l’ampliamento delle competenze del corso di laurea già attivo in scienze e tecniche dello sport, che guarderà in modo particolare alle disabilità di vario tipo (fisiche e psicologiche) con sviluppo di progetti di medicina dello sport adattata, cioè adeguata in senso lato al bisogno della persona. La presenza dell’università e lo sviluppo di attività di ricerca sul territorio aiuterà Taranto ad andare verso il green e verso la sostenibilità ambientale perché stimolerà azioni imprenditoriali volte ad abbattere la carbonizzazione. Il nuovo Dipartimento riveste dunque una grande importanza perché l’università porta con sé ricerca e innovazione che significa la nascita di nuove start up che andranno verso azioni dirette al monitoraggio ambientale e della contaminazione da plastica delle acque marine.
Omologare i 21 sistemi sanitari nazionali
Diffondere la cultura della prevenzione come metodo di vita, inserendo percorsi educativi già a partire dalle scuole materne, grazie a docenti appositamente preparati e proseguendo poi la formazione del ragazzo e in seguito del giovane durante tutto il percorso studentesco, con argomentazioni diversificate a seconda del monitoraggio anagrafico della persona e quindi delle patologie a cui può andare incontro. Questo il progetto per una ripartenza sostenibile in chiave di salute denominato «No Cancro» che la LILT sta potenziando e che prevede anche l’iniziativa «Guadagnane Salute» nelle scuole di tutta Italia con interventi informativi-educativi sui danni da fumo, da sedentarietà e alimentazione scorretta, al fine di formare nelle nuove generazioni la consapevolezza di quanto una vita sana possa giocare un ruolo fondamentale nella prevenzione di tumori e malattie in genere.
Un progetto basilare questo per garantire la qualità della vita nel prossimo futuro visto che da un lato i tumori sono in aumento e dall’altro, a causa del forte rallentamento negli ultimi due anni degli screening preventivi (pap test, mammografia, test Hpv, ricerca di sangue occulto nelle feci), si prevede un calo delle guarigioni che invece nel 2019, prima del Covid, per tutte le neoplasie era in costante aumento e si attestava a oltre il 65%.
Da qui l’urgenza di recuperare il tempo perso che richiede una revisione del Sistema sanitario nazionale volta a uniformare la prestazione di servizi, compresa l’offerta di screening, per garantire in tutte le Regioni gli stessi parametri di accesso, mentre attualmente non è così, tanto che per esempio la mammografia in alcune regioni viene effettuata a 45 anni in altre a 50 anni. Per riconquistare il tempo perso si impone l’esigenza di centralizzare e riunire i 21 sistemi sanitari regionali attualmente esistenti in modo da garantire omogeneità in tutto il territorio, a tutti i cittadini la possibilità di usufruire di prestazioni sanitarie con gli stessi livelli di qualità e alle stesse condizioni. Così si potrebbe stimolare e implementare il ricorso agli screening, fondamentale arma di prevenzione antitumorale, che oggi purtroppo molte persone sfiduciate e spaventate dal Covid stanno abbandonando.
● Nuove campagne di prevenzione. In questo senso la LILT sta già facendo la sua parte proseguendo e potenziando i progetti sul fronte della prevenzione: sia attraverso campagne già note – come «Nastro Rosa» da poco conclusa e volta a sensibilizzare le donne sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce dei tumori della mammella attraverso visite senologiche gratuite nei 397 ambulatori LILT di tutta Italia, conferenze, dibattiti, distribuzione di materiale informativo e illustrativo – sia rilanciando e potenziando nuove campagne nazionali come «Percorso azzurro» (in programma l’ultima settimana di novembre) dedicata alla prevenzione e diagnosi precoce dei tumori maschili, in particolare della prostata (la cui incidenza cresce di anno in anno) mediante visite gratuite e distribuzione di materiale informativo.
Coinvolgere nella transizione le comunità
Sappiamo quali sono le missioni del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sappiamo anche delle molte risorse che l’Unione Europea mette a disposizione, ma non c’è la consapevolezza dei reali bisogni del territorio e delle persone che lo abitano. Per essere efficaci, nell’ottica di una vera ripartenza, i progetti di sostenibilità di qualunque tipo – economica, sociale, culturale e ambientale – devono essere impostati per dare risposte reali alle esigenze del territorio. Non solo. Si parla molto di innovazione e sappiamo che innovazione e sostenibilità identificano un binomio destinato a rappresentare la chiave del successo futuro per aziende e persone. In particolare riveste notevole importanza l’innovazione volta a digitalizzare i servizi sanitari. Su questo fronte, però, noi scontiamo un ritardo pauroso in tutto il Paese.
Urge un progetto di sanità di prossimità per colmare il divario tra il bisogno e il punto dove si può garantire e offrire un servizio. In questo senso la digitalizzazione riveste grande utilità, ma per usare i sistemi digitali bisogna sapere come funzionano e, invece, risultano decisamente carenti informazione e formazione. Dunque alcune progettualità che si intravvedono nel PNRR mancano di uno spazio formativo, fondamentale per dare concretezza alle risposte dei bisogni. Faccio un esempio: se volessi inserire in casa di una persona alcuni processi di domotica senza darle le competenze per poterne usufruire è come se le regalassi un’auto potente senza accertarmi che abbia la patente.
● Energia rinnovabile condivisa. Perciò stiamo cercando di recuperare questo ritardo con il sistema cooperativo e a tal fine risulta particolarmente efficace uno strumento che si chiama Cooperativa di comunità, che raccoglie tutti i maggiorenni della comunità e dove la persona diventa protagonista del cambiamento; dove a prevalere è la difesa del bene comune, del territorio, della comunità intesa in senso ampio. La sfida, dunque, consiste nel mettere al centro del progetto non l’impresa che lo propone e realizza, ma le persone, facendo diventare quel progetto proprietà intellettuale di tutti.
Se si vuole davvero cambiare mettendo l’accento sulla sostenibilità, occorre una presenza territoriale diversa. Così, per esempio, i grandi o piccoli impianti di energia rinnovabili, importanti per abbattere la CO2, dovrebbero scaricare un valore aggiunto sul territorio ed essere utili alle persone che lo abitano. Sino a oggi però non è stato così. Questi impianti ci avranno anche permesso di abbattere le emissioni di CO2, ma dal punto di vista della sostenibilità economica e finanziaria del territorio non è cambiato niente.
Anzi, il territorio ci ha rimesso in bellezza, senza alcuna ricaduta positiva. L’idea, allora, è far diventare protagoniste le persone riunite in comunità per coinvolgerle nel progetto di impianti di energia rinnovabile, per condividerlo diventando soci dell’impresa che lo propone e decidendo da subito a quali servizi, a quali bisogni reali della comunità destinare le eventuali risorse economiche ottenute: asili, biblioteche, taxi gratuiti, parchi ecc. Questo permetterebbe di superare i no delle comunità agli impianti che in questo modo diventerebbero una risorsa per rispondere ai bisogni e aiuterebbe anche a contrastare l’allontanamento delle giovani coppie da borghi e paesi.
● Servizi capillari in provincia. In Puglia ci sono già diversi esempi dell’ottimo lavoro delle Cooperative di comunità che hanno moltiplicato i fondi ottenuti realizzando oltretutto servizi ben rispondenti alle esigenze delle comunità. Così a Melpignano, grazie a 200mila euro messi a disposizione dal sistema dei Fondi strutturali pugliesi, si è ridato vita a un parco abbandonato destinandolo a bimbi e anziani; a Galatone si è reso operativo il taxi sociale che rende possibile la mobilità degli anziani e di chi non ha mezzi di trasporto; altrove si è realizzato un sistema di domotica pensato per persone fragili, anziani che vivono da soli o con altri problemi che grazie a un’Ipad con solo sei tasti grandi e colorati permette di ottenere sei servizi importanti, per esempio ricevere la spesa a casa.
Se invece di dare 200mila euro alla comunità in modo diretto, quindi alle persone, si fossero coinvolti gli enti locali con i vari passaggi burocratici, avremmo realizzato molto meno. Inoltre va sottolineato che quando è la comunità, quindi la persona, che decide i lavori e li segue, acquisisce anche la proprietà intellettuale di quel lavoro con una conseguente maggiore attenzione alla conservazione e al rispetto del bene comune, perché partecipa attivamente alla vita della comunità contribuendo a un suo futuro migliore.
Le Cooperative di comunità stanno anche permettendo una rigenerazione urbana e sociale dei territori aiutando a combattere la fuga dall’entroterra dei giovani e delle giovani coppie. È il caso di Roseto Valfortore, antico borgo in provincia di Foggia dove, con i fondi ottenuti, le Cooperative di comunità hanno ristrutturato il vecchio villaggio mantenendo l’impianto originale e la sua storicità, realizzando appartamenti con orti e giardini che si possono affittare per qualche giorno o settimana o tutto l’anno. A Biccari si sono invece realizzate le case sugli alberi dove, con la formula del b&b, si può dormire e vivere l’immersione nella natura avvicinando i giovani a questo tipo di esperienza.
Mettere tecnologia e risorse umane al servizio della salute
La pandemia ha posto l’accento sull’esigenza di un cambiamento epocale nel sistema sanitario, trasformazioni che ancora oggi facciamo fatica a immaginare. Un reset nell’ottica della sostenibilità dovrebbe comportare un più facile e razionale accesso a visite, terapie, esami diagnostici, evitando inutili spostamenti e accessi impropri al pronto soccorso attraverso il supporto della telemedicina, l’home care e il 5G. Abbiamo di fronte tuttavia diversi scogli da superare, primo tra tutti la resistenza al cambiamento. Fa riflettere la dichiarazione di Walter Ricciardi, ordinario di Igiene e sanità pubblica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, quando dice: «Le epidemie del domani si combattono oggi, riorganizzando il sistema assistenziale e, contemporaneamente, operando una pianificazione che sposti in misura sempre maggiore l’attenzione dei decisori e quindi le risorse, sia economiche che umane, verso la prevenzione».
Dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ci attendiamo un rilancio auspicato da anni, dunque, come ha osservato Claudio Zanon, direttore scientifico di Motore Sanità, dovremo pensare al di fuori degli schemi, senza impaludarci sugli stereotipi che hanno frenato lo sviluppo, ma senza nemmeno stravolgere i concetti basilari che costituiscono i principi irrinunciabili del Servizio sanitario nazionale, tenendo a mente sempre la centralità del paziente.
● Accelerare in cambiamento. Da parte mia mi preme sottolineare che i fondi che per lo più derivano dal Next Generation UE sono dati dall’Europa per un impiego che assicuri una società migliore alle future generazioni. I giovani devono essere parte attiva del cambiamento come già sta avvenendo per il Covid, per l’impegno nel contrastare il riscaldamento climatico, consapevoli che la scienza è strumento essenziale per le decisioni che dobbiamo affrontare ogni giorno, a partire dalla tutela della salute, come ha spiegato Alessandro Miani, presidente SIMA. Suggestiva, in questo senso, la riflessione conclusiva di Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, alla Summer School di Asiago-Gallio. «Questa pandemia», ha dichiarato il portavoce del Comitato Tecnico Scientifico, «genera cambiamenti, e dobbiamo coinvolgere anche le nuove generazioni per costruire comunità dove la salute è al centro. In questo modo genereremo nuove ricchezze e contestualmente più salute e benessere. La tecnologia è importante, ma le risorse umane lo sono di più, è importante un grosso investimento in questo senso, per avere risorse sempre aggiornate, ricordando che sono al servizio della società».
Archiviare la fase dell’infodemia
Dal mio osservatorio, tre aspetti sono significativi per una ripartenza di carattere sostenibile. Smart working e digitalizzazione hanno aperto un nuovo paradigma che è troppo semplicistico archiviare al grido di «fannulloni, tornate a lavorare». Il lavoro da remoto ci ha insegnato che ogni lavoratore può riappropriarsi di una parte dei suoi spazi vitali, prima sacrificati da spostamenti, traffico e rientri a orari improbabili. Avere più tempo per prendersi cura di sé e dei propri affetti, oltre che dei propri figli, è un nuovo paradigma che, se ben gestito, può non inficiare la produttività in ufficio e migliorare al contempo quella in famiglia. Questa è una delle grandi sfide della ripartenza, cui serve meno retorica e più misurazione dei risultati.
Il secondo aspetto è il Green Pass, di cui molto si discute in queste settimane. Come ha spiegato il presidente Draghi è uno strumento di libertà, perché ha il fine ultimo di tenere aperte le aziende e le attività, al posto che tornare ciclicamente a chiuderle. Ci sono aziende americane che negli ultimi giorni hanno licenziato i dipendenti no vax. Spero che in Italia non si arrivi a quei livelli, ma è necessario fare buona informazione e far capire che se quest’anno la previsione è di un +6% di Prodotto interno lordo è grazie al «rischio calcolato» che l’esecutivo ha messo in campo dal mese di aprile in poi e grazie ai vaccini che hanno evitato migliaia di ulteriori morti. Farsi controllare il cellulare all’ingresso di uno stadio o un treno, magari solo per qualche mese ancora, è uno sforzo che va fatto nel rispetto delle tante piccole aziende fallite a causa di chiusure e misure di contenimento che nel 2020 hanno fatto sprofondare il Pil a -8,9%. Oltre che, naturalmente, di chi è morto a causa del Covid.
A proposito di informazione sostenibile, anche in televisione serve archiviare la fase dell’infodemia passata nel 2020, quella con i palinsesti intasati di quelli ormai comunemente chiamati «virologi» (che spesso non sono tali) e tornare a una selezione più ragionata e responsabile degli interlocutori nel rispetto del pubblico. Stop agli improvvisati, stop alle voci che si contraddicono a distanza di due ospitate e più alte barriere all’ingresso. E per chiudere con un’autocritica, serve anche che noi giornalisti si inizi a fare domande più mirate e intelligenti. Chiedere di un virus a un epidemiologo è come chiedere una previsione sul traffico a un meccanico della Scuderia Ferrari. Magari ci azzecca, ma se non ci prende era sbagliata la domanda, non l’ospite.
Cogliere le opportunità dello smart working
Parlare del mondo del lavoro a quasi due anni dai primi casi di Covid ci deve portare a riflettere su molte questioni che avevamo lasciato in secondo piano. Gli effetti della pandemia hanno investito la sfera ambientale, sociale, economica impattando sul benessere della persona non soltanto dal punto di vista della salute ma anche in relazione alle condizioni lavorative e di inclusione sociale. In questo periodo abbiamo l’occasione per accelerare alcuni processi già in atto, aumentare l’efficientamento del sistema e spingere a una transizione ecologica che generi nuovi modelli di lavoro.
Risulta evidente che non ha più senso insistere su settori e cicli produttivi in declino per privilegiare quelli in crescita nelle direzioni indicate dal PNRR. Occorre prendere sempre di più la consapevolezza che il concetto di salute e benessere sono correlati a una nuova concezione di sviluppo e di produttività economica. Ci impongono insieme ai cambiamenti climatici a dotarci di nuovi occhiali con cui guardare il mondo. Gli occhiali di una sostenibilità responsabile e concreta. Migliorare le condizioni ambientali e le modalità di svolgere il lavoro diventa una necessità strutturale anche per far crescere i settori produttivi in prospettiva sostenibile. Strumenti come lo smart working possono, se ben strutturati, sia nel settore privato che in quello pubblico, diventare un vero e proprio dispositivo di welfare. A oggi possiamo parlare di aver sperimentato non un vero modo di lavorare ma un «home working», che il più delle volte ha visto le donne penalizzate nel dovere contemperare gli impegni lavorativi con quelli famigliari.
● Combattere le disuguaglianze. Alla luce di ciò, ancora molti sono i tassi di disuguaglianza presenti nel nostro Paese, basti pensare alle categorie più fragili che non hanno accesso al mercato del lavoro o non godono di strumenti tecnologici adeguati. Donne, giovani e diseguaglianza territoriale sono i punti in cui l’Europa, anche grazie ai fondi del PNRR, ci chiede di fare uno sforzo maggiore per aumentare il tasso di occupazione della popolazione attiva, che in Italia si attesta ancora a un 20% in meno da quanto richiesto dall’EU. In questa seconda fase di ritorno alla normalità si dovrà trovare un equilibrio tra gli obblighi e i doveri dei datori di lavoro e dei lavoratori, puntando al raggiungimento degli obiettivi e alla crescita lavorativa.
In questi mesi si sono elaborate anche dal CNEL proposte molto interessanti per mettere al centro il benessere delle persone, delle famiglie e dell’ambiente. Questi elementi possono essere meglio integrati fra loro utilizzando a pieno le nuove possibilità offerte dalla transizione ecologica richiesta e promossa dal PNRR. Ulteriore scenario che la pandemia ci ha offerto è la nuova relazione tra le aree interne, i mille borghi italiani, e le aree metropolitane, una dualità che non deve portare a una contrapposizione tra sostenitori e detrattori di un modello contro l’altro, ma può essere l’occasione con delle buone politiche di rigenerazione che la città e le aree metropolitane attivino progetti di riqualificazione aumentando i servizi, ripensando a una mobilità più sostenibile e e a nuovi spazi di lavoro. Determinante per la crescita del Paese sarà rendere strutturali, nella Pubblica Amministrazione, l’inserimento di nuove competenze e il lavoro per obiettivi, per il settore privato cogliere nella transizione ecologica il volano per sostenere i nuovi settori in crescita.
Raggiungere la carbon neutrality entro il 2025
Fin dagli esordi sul mercato, con la mia impresa ho voluto mettere in relazione sostenibilità e innovazione quali driver competitivi e di crescita. E oggi l’azienda si pone come agente del cambiamento per sensibilizzare ai temi della sostenibilità tutta la filiera di riferimento, facendosi portavoce di quel concetto di tutela del benessere, ambientale e sociale, di cui i suoi prodotti sono i principali interpreti. In particolare la nostra produzione di pasta prevalentemente biologica a marchio Felicia realizzata con farina di legumi (lenticchie, fagioli) e di cereali (grano saraceno ecc.), naturalmente priva di glutine, è stata pensata per promuovere un’alimentazione sana ed equilibrata.
● Un Patto Globale per il futuro. La nostra adesione al Global Compact delle Nazioni Unite (il Patto mondiale dell’Onu nato per incoraggiare le aziende di tutto il mondo ad adottare politiche sostenibili e nel rispetto della responsabilità sociale d’impresa e per rendere pubblici i risultati delle azioni intraprese) risale al 2018 e ci vede oggi nella nuova veste di membri fondatori di Global Compact Network Italia, che incoraggia le imprese a creare un quadro economico, sociale e ambientale atto a promuovere un’economia mondiale sana e sostenibile. Contestualmente, l’integrazione dei principi del Patto Globale nell’intera gestione aziendale, con ogni attività rapportata agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile di Agenda 2030, è lo specchio di una visione avanguardista del fare impresa.
Sono continui gli investimenti in ricerca e sviluppo e in pratiche e progetti virtuosi, per l’ambiente, per i dipendenti e per la comunità. Fra questi si possono citare gli investimenti in favore di filiere sostenibili controllate che, con lo scopo di garantire sicurezza alimentare, qualità delle produzioni, tutela della biodiversità e sostegno sociale ed economico, partono dalla Puglia e dalla Basilicata per la coltivazione dei legumi e raggiungono l’Etiopia per la produzione del teff, antico cereale ricco di preziosi nutrienti. In Etiopia, in particolare, abbiamo agevolato i processi di meccanizzazione, donando piccoli trattori agli agricoltori locali per aiutarli a migliorare la capacità di fare agricoltura e di produrre risorse anche per la propria sussistenza nell’ottica di combattere la fame.
Per quanto riguarda l’organizzazione aziendale e il benessere dei nostri dipendenti abbiamo attuato – ben prima della pandemia – iniziative connesse alla flessibilità oraria, allo smart working, al wellness (presenza di palestra in azienda con coach gratuito), all’alimentazione equilibrata attraverso menu nella mensa aziendale messi a punto da un nutrizionista, pensando anche al benessere psicologico con l’introduzione di un servizio di supporto gratuito per i dipendenti, disponibile per 24 ore e per 7 giorni. Tutte iniziative che ci hanno valso il premio Best Workplace Italia 2021 come unica azienda del Sud. Abbiamo inoltre attuato iniziative dedicate al tema della Diversity & Inclusion per la valorizzazione delle differenze individuali e per massimizzare il potenziale presente in ognuno, come il progetto per la valorizzazione del ruolo genitoriale in azienda e la partnership con Fondazione Libellula per sensibilizzare tutti i dipendenti al contrasto alla violenza sulle donne e alle discriminazioni di genere. Ma rientra in questo ambito anche «Il Gusto del Futuro», progetto triennale sperimentale rivolto agli adolescenti sui temi dell’educazione alimentare sostenibile e sulla prevenzione dei disturbi alimentari, e «Forza e Coraggio», field project di agricoltura inclusiva dedicato a persone affette da disabilità, sviluppato in collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
Guardando al futuro che si fa realtà, l’azienda ha assunto il ruolo di acceleratore d‘impresa, avviando una partnership con ApuliaKundi, giovane start up pugliese specializzata nella ricerca delle micro alghe e nella produzione di Spirulina K, italiana, biologica e pura al 100%, per dare vita a un progetto di economia circolare che vede Andriani e ApuliaKundi concorrere insieme verso un obiettivo sinergico di sostenibilità ambientale. Infatti il nuovo impianto di coltivazione di recente installato e ospitato presso la sede di Andriani a Gravina, in Puglia, utilizza l’acqua proveniente dal processo di produzione della pasta e depurata attraverso un impianto di ossidazione abbinato a uno di osmosi inversa, per la produzione di micro alga Spirulina ApuliaKundi, chiudendo in tal modo il processo virtuoso di economia circolare messo in atto, con un’importante ricaduta anche sul prodotto pasta a marchio Felicia. Basti pensare che con il nuovo impianto che recupera l’acqua dal processo di lavorazione degli altri tipi di pasta si ottiene un risparmio idrico di 13mila metri cubi al giorno di acqua, pari a 185 docce al giorno. La coltivazione di alga Spirulina, frutto di questa cooperazione tra le due aziende, si inserisce nel più ampio percorso verso la Carbon Neutrality – ovvero la compensazione, rimozione o assorbimento delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, derivanti dallo stabilimento produttivo – che ci prefissiamo di raggiungere entro il 2025.