Dall’ansiogena giungla urbana di cemento e asfalto al benessere psicofisico della foresta cittadina. Che il contatto con la natura abbia effetti estremamente positivi sull’uomo è ormai ampiamente dimostrato dalla scienza: la presenza di alberi riduce lo stress, regolarizza il battito cardiaco, aumenta il buonumore e stimola la capacità di concentrazione e la memoria, con vantaggi anche in campo lavorativo o scolastico. Come evidenziato dai ricercatori giapponesi – non per niente creatori della terapia Shinrin-yoku, «bagno nella foresta» – sostare in luoghi ad alta concentrazione di alberi ha effetti rinforzanti sul sistema immunitario, grazie al rilascio da parte del fogliame di alcune piante di particolari sostanze volatili, i monoterpeni, che possono stimolare le difese del nostro organismo e ridurre nel sangue i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. Ma, se non sempre è possibile vivere in una casetta in mezzo al bosco, diventa allora fondamentale «colorare» di verde le nostre città.
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Le piante sono filtri naturali per l’aria
Oltre a riproporre anche in ambiente urbano gli elencati benefici per corpo e mente, la presenza di piante nelle metropoli ha, infatti, un importantissimo ruolo nella lotta contro l’inquinamento. A cui, secondo i dati diffusi dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, è legato il 13% dei decessi nei 27 Paesi dell’Unione Europea e nel Regno Unito. «Gli alberi», conferma Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), «sono filtri naturali per l’aria. Da una parte con il processo della fotosintesi clorofilliana assorbono anidride carbonica e producono ossigeno, dall’altra rimuovono gli inquinanti gassosi con gli stomi delle foglie (quelle «finestre» sulle pagine inferiori, che consentono lo scambio gassoso fra l’interno e l’esterno del vegetale), per, poi, renderli inerti grazie al loro metabolismo».
Dagli studi sulla mitigazione del clima urbano attraverso l’utilizzo delle alberature in città effettuati dall’Istituto di Biometeorologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBIMET-CNR) è emerso come siano particolarmente efficaci nell’assorbire l’anidride carbonica il tiglio selvatico, il biancospino e il frassino. Contro le polveri sottili, invece, le migliori «prestazioni» sono ascrivibili a bagolaro, tiglio, olmo, ippocastano e acero.
«Basti pensare», prosegue Miani, «che 5mila piante in un anno assorbono 228 chili di PM10. Pari alle emissioni di oltre mille macchine che percorrono 20mila chilometri in 12 mesi. Per ciascuna pianta messa a dimora in ambiente urbano si calcola una riduzione dell’uso dei combustibili fossili di circa 18 chili all’anno e una di CO2 equivalente a quella di tre-cinque alberi forestali di pari dimensioni».
Sempre per combattere l’inquinamento atmosferico il CREA-Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria ha selezionato sette arbusti mediterranei che «mangiano» particolato e metalli pesanti, a partire dal piombo: l’agrifoglio, il viburno, il corbezzolo, la fotinia, l’alloro, l’eleagno e il ligustro.
Uno scudo contro le isole di calore
Non solo. Gli alberi hanno anche la capacità d’intervenire positivamente sul microclima cittadino, «influenzato dall’eccessiva presenza di materiali artificiali quali asfalto e cemento. Le strade, i palazzi, i marciapiedi», spiega il climatologo Giuseppe Maggiotto, «assorbono la radiazione solare e rilasciano calore molto lentamente durante tutto l’arco della giornata, generando un fenomeno fisico noto come “isola di calore urbana”, ossia temperature cittadine maggiori rispetto a quelle registrate nelle aree rurali circostanti. È durante la stagione estiva che l’isola di calore produce i suoi effetti più dannosi. Fa aumentare i consumi energetici legati all’utilizzo dei condizionatori e inibisce il circolo di aria negli spazi urbani, con ristagno degli inquinanti derivanti da traffico veicolare che deteriorano la qualità dell’aria. Inoltre, l’eccesso di calore va a colpire i soggetti più sensibili, come anziani e cardiopatici».
Ecco, allora, l’importanza delle infrastrutture verdi: «Parchi, siepi, alberi, prati, tetti e pareti “verdi” regolano il clima cittadino andando ad attenuare l’isola di calore e migliorando il bilancio termico delle città, anche grazie al contrasto di fenomeni meteorologici estremi come le ondate di calore. La vegetazione, infatti, agisce sia attraverso l’ombreggiamento delle chiome degli alberi, che filtrano i raggi solari, sia con l’evapotraspirazione delle foglie e del terreno, che “catturano” l’eccesso di calore presente nell’atmosfera, restituendo un’aria più fresca e più pulita».
A Milano tre milioni di alberi entro il 2030
Del resto, è proprio nelle città, dove nel 2050 vivranno i due terzi della popolazione mondiale, «che la battaglia per lo sviluppo sostenibile si vince o si perde», come fatto notare dall’Onu nel rendere pubblica l’Agenda 2030 e ripreso da Legambiente nel rapporto sulle performance ambientali delle città (Ecosistema Urbano 2019), nel quale si rimarca che i centri urbani devono diventare «laboratorio privilegiato di un reale green new deal». Un «nuovo corso verde» messo successivamente al centro dell’utilizzo dei fondi europei del Recovery Fund a sostegno degli Stati più colpiti dal Covid-19, Italia su tutti. In questo senso un esempio virtuoso è ForestaMI, il progetto di forestazione urbana del Comune e della Città metropolitana di Milano sulla base di una ricerca del locale Politecnico e che ha come principale sponsor la Fondazione Falck.
«L’obiettivo, ambizioso, è di piantumare nell’area metropolitana due milioni di alberi entro il 2026, che saliranno a tre milioni nel 2030», riassume Enrico Falck, presidente di Falck Renewables. «Noi abbiamo deciso di sostenere la fase di progettazione, un investimento a monte per rendere più efficiente e scorrevole quella successiva, l’operativa, che dovrà vedere l’intervento di una molteplicità di fonti di finanziamento, dal pubblico al privato, dall’Italia all’Europa, dal grande al piccolo (lo scorso novembre è, appunto, nato il Fondo ForestaMI, ndr)». Sono, così, state individuate 253 nuove aree metropolitane, pari a una superficie complessiva di 713 ettari, da aprire alla forestazione, con particolare attenzione alle zone a rischio effetto isola di calore o alluvione.
«E ora», prosegue Falck, «si andranno a realizzare studi psicosanitari su come la presenza del verde contribuisca alla sanità anche mentale e non solo fisica della popolazione. Noi, come gruppo industriale, abbiamo sempre messo l’ambiente al centro della nostra visione, iniziando a lavorare con le energie rinnovabili già a partire dagli anni 30 del secolo scorso. Avevano una società, la Sondel, il cui slogan negli anni 90 era: “Undicesimo comandamento: non inquinare”. Anche il Villaggio Falck di Sesto San Giovanni, sorto negli anni 20 per gli operai delle acciaierie, si può dire che per l’epoca fosse “green”, con strutture ricreative e sportive immerse nel verde, per cercare di costruire un ambiente che facesse vivere al meglio i residenti».
Presidente del comitato scientifico di ForestaMI è l’archistar Stefano Boeri, designer delle due torri che compongono a Milano il Bosco Verticale, modello di edificio residenziale sostenibile che ospita nel complesso 800 alberi. «La fragilità che ereditiamo da questa pandemia, assieme alla consapevolezza che essa derivi da una gestione violenta dei paesaggi naturali come la deforestazione», ha sostenuto in conferenza stampa, «ci spingono oggi a trovare, soprattutto nelle nostre città, un nuovo equilibrio tra la sfera vegetale e la vita quotidiana. Abbiamo bisogno più che mai della biodiversità che gli alberi e le piante introducono per ristabilire un rapporto di rispetto con le altre specie animali. Ma abbiamo anche urgente bisogno della loro capacità di assorbire le polveri sottili che, avvelenando l’aria di Milano, indeboliscono le difese polmonari e moltiplicano i rischi di contagi da virus trasmessi per le vie respiratorie».
Il primo ospedale d’Europa con la terapia verde
Ma Boeri è anche l’autore del progetto del nuovo Policlinico di Milano, che sorgerà nel centro cittadino entro la fine del 2023 e avrà un giardino pensile sul tetto, ampio come un campo da calcio a 11, sul quale si affacceranno le camere di degenza a partire dal terzo piano. Il primo esempio di ospedale in Europa in cui il verde ha valore terapeutico. «Sarà una componente importante per aumentare capacità e velocità di guarigione dei pazienti», interviene Marco Giachetti, presidente della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico. «Avere uno spazio green aperto ai pazienti costituirà un ulteriore passo verso l’umanizzazione delle cure e sarà utile anche agli operatori sanitari quale momento di decompressione dallo stress. Il progetto iniziale, che prevedeva solo la presenza di essenze particolari, si è, infatti, allargato a comprendere zone dedicate a yoga, pet therapy, gioco (per i piccoli degenti della pediatria), lettura (abbiamo un accordo con la biblioteca Sormani), ortoterapia, aromaterapia e cromoterapia».
Tra l’altro la nuova struttura sanitaria pubblica «aggiungerà un altro pezzo di verde nel centro densamentepopolato di Milano», tiene a precisare Giachetti, che fa parte anche del comitato scientifico di ForestaMI, in quanto il Policlinico è il più grande proprietario terriero agricolo d’Italia «grazie alle donazioni ricevute dai milanesi in questi sei secoli di storia, dal 1456. L’ambiente fa parte del nostro Dna, tanto da dare vita a una fondazione che si occupa della gestione di questo patrimonio, apportando miglioramenti ambientali attraverso sia operazioni di sostenibilità dell’agricoltura (abbiamo un’accademia per agricoltori e produciamo riso e latte a chilometro zero) sia la creazione di zone umide e verdi, come il corridoio ecologico tra la rete del Ticino e quella dei Navigli. Insomma, miglioriamo la qualità dell’aria intorno a Milano: anche questo vuol dire fare prevenzione».