Diabete: sta diventando la grande epidemia con cui è necessario fare i conti già a partire dal futuro più prossimo. A parlare sono i numeri. «I malati», spiega Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), «sono 425 milioni in tutto il mondo, ovvero l’8,5% della popolazione. Mentre in Italia si attestano intorno ai 4,5 milioni. Ma ci sono stime che dicono che, nel nostro Paese, almeno un milione e mezzo di persone non sa di essere ammalato. Mentre il 3% degli italiani è in una condizione limite di pre-diabete ed è, quindi, anche a rischio di patologie cardiache. Si stima che nel mondo entro il 2045 ci saranno 700 milioni di malati di diabete, secondo i dati forniti dall’International Diabetes Federation».
In questo articolo
Le tipologie di diabete
Ci sono due tipi di diabete. Il tipo 1, che è caratterizzato dalla mancata produzione di insulina (l’ormone che regola il livello di glucosio nel sangue riducendo la glicemia) dal pancreas. E il tipo 2 che è dovuto all’incapacità dell’organismo di utilizzare correttamente l’insulina. È una malattia che ha complicanze molto gravi e che riduce drasticamente l’aspettativa di vita. In media chi ha il tipo 1, che è una malattia autoimmune legata a fattori di tipo genetico, vive 12 anni in meno rispetto al resto della popolazione. Chi ha il tipo 2, sei anni di meno. È provato dai più recenti studi che l’insorgenza del diabete sia collegata anche ad alcuni tumori, come quello della prostata, del colon e del pancreas nell’uomo e nella donna tutti quelli collegati all’apparato genitale.
«Si può dire che è in atto un’epidemia di diabete, anche se il termine è improprio», dice Vincenzo Provenzano, presidente della SIMDO, la Società italiana metabolismo, diabete e obesità. «In Italia sono almeno altrettante le persone che hanno il diabete e non hanno avuto una diagnosi perché i sintomi non si sono ancora manifestati. Questa malattia può restare asintomatica anche per otto anni». Si parla in particolare del diabete di tipo 2, che è legato agli errati stili di vita. Una dieta troppo ricca di zuccheri e di carboidrati, scarsa o nulla attività fisica, sovrappeso, ipertensione e alti livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue sono i fattori che fanno rientrare nelle categorie a rischio e che possono portare alla malattia. Questa condizione è considerata scatenante per diverse complicanze come le malattie cardiovascolari (che rimangono la prima causa di morte nei Paesi occidentali), la cecità, l’insufficienza renale e l’amputazione degli arti inferiori.
A braccetto con l’obesità
«L’89-90% degli obesi si ammala di diabete. Una donna che ha un girovita sopra gli 88 centimetri e un uomo sopra i 102 sono a alto rischio di sviluppare questa malattia, anche se sono giovani», continua il diabetologo. «Fino a qualche anno fa, infatti, il diabete di tipo 2 colpiva quasi esclusivamente le persone che avevano superato i 50 anni. Ora invece l’età si è abbassata e ci si ammala già intorno ai 35 anni. Si può parlare di una cosiddetta sindemia in atto nei Paesi occidentali, cioè un’epidemia con due patologie collegate, il diabete e l’obesità. Che spesso si accompagnano anche a sindrome metabolica e ipertensione». Sono frequenti i casi, poi, in cui i pazienti che hanno una condizione di pre-diabete, con valori di glicemia al limite, ottengono diagnosi falsate durante gli screening perché è facile avere un risultato modificato se prima di sottoporsi ai test si è fatta attività fisica oppure non si è rispettato del tutto il digiuno.
Con il diabete di tipo 2 il corpo non produce una quantità di insulina sufficiente per le necessità dell’organismo. Oppure l’insulina prodotta non agisce abbastanza e quindi si parla di insulino-resistenza. In ogni caso, si ha un aumento dei livelli di glucosio nel sangue e, quindi, un’iperglicemia. Questo tipo di diabete viene definito non insulino-dipendente, perché, a differenza che nel tipo 1, l’iniezione di insulina esterna non è considerata una terapia risolutiva e, piuttosto, la cura prevede una dieta che riduca il sovrappeso o l’obesità, oltre a un mix di molecole che risultano particolarmente attive come sulfoniluree, biguanidi, tiazolidinedioni e inibitori dell’alfa-glucosidasi.
Particolarmente efficaci per aggredire i primi stadi del diabete 2 si stanno rivelando le nuove diete chetogeniche che riducono drasticamente l’assunzione di carboidrati e puntano invece su un aumento di proteine e grassi. In questo modo, il corpo si attiva consumando i grassi accumulati nell’organismo come fonte di energia al posto dei carboidrati che vengono a mancare. Utile, secondo il parere del medico, anche la dieta detta del digiuno intermittente, molto di moda negli ultimi tempi perché adottata da star di Hollywood come Jennifer Aniston, in cui si alternano 16 ore di digiuno a altre otto ore in cui vengono consumati due o tre pasti. Questa dieta migliora la sensibilità insulinica, in particolare in combinazione con l’esercizio fisico. Nei casi di obesità, difficili da risolvere con una semplice dieta, è la chirurgia bariatrica (che riduce le dimensioni dello stomaco) a migliorare e, spesso, a risolvere la situazione causando in maniera meccanica una ridotta assimilazione dei nutrienti.
L’importanza della diagnosi precoce
In ogni caso la prevenzione è un tema centrale quando si parla di diabete di tipo 2. «La buona notizia», interviene Miani, «è che, se viene presa nei primi stadi, la malattia può regredire e si può tenere sotto controllo. E la prevenzione va adottata fin dai primissimi anni di vita. Il diabete infatti non risparmia i bambini, le diagnosi avvengono sempre più spesso in età giovanissima, intorno ai cinque anni per il tipo 1, nell’età pre-puberale per il secondo tipo». Nel nostro Paese ci sono circa 18mila piccoli ammalati di diabete di tipo 1, ma sempre più frequenti sono anche le diagnosi del tipo 2 spes
so legate a una condizione di obesità precoce che è in costante crescita. Ci sono regioni italiane, in particolare del Sud, come Sicilia e Campania, in cui l’obesità e il sovrappeso tra i bambini arriva addirittura al 40%.
Proprio perché è così importante la diagnosi precoce, che intervenga nei primi stadi della malattia per poterla subito aggredire con dieta e farmaci più adatti, l’ingegner Francesco Cannone, responsabile Ricerca e Sviluppo di Alpha Pharma Service srl, spiega il nuovo progetto che vuole proprio venire incontro a tutte quelle persone che, pur presentando i fattori di rischio per il diabete, ancora non sanno di essere affette da questa patologia. «Vogliamo mettere in atto percorsi di screening rivolti non a tutti, ma alle specifiche classi di rischio che si definiscono in base al sovrappeso, all’età, alla familiarità, al fumo e all’ipertensione, e a cui si possa accedere in diversi luoghi abitualmente frequentati da tutti come le farmacie, i medici di base, i centri specializzati e le scuole in cui vengano misurati con esami specifici la glicemia a digiuno o l’emoglobina glicata e si esegua anche un elettrocardiogramma e un profilo lipidico oltre a un esame specifico della funzionalità renale. Perché il 40% dei pazienti affetti da diabete di tipo 2 e il 30% di quelli con il tipo 1 sviluppa una nefropatia cronica».
Gli strumenti per gestire la malattia
Dopo lo screening iniziale scatta un percorso di cura e prevenzione di precisione, che, affinché sia efficace, deve tener conto della specificità di ciascun assistito. Questo percorso, dedicato a specifiche classi di rischio, prevede una revisione degli stili di vita, l’automonitoraggio di glicemia e pressione arteriosa domiciliare e la ripetizione periodica degli esami iniziali. Se durante il percorso di prevenzione il risultato degli esami è positivo, scatta il percorso di cura seguito da un follow up. Per il tipo 2, oltre alla revisione degli stili di vita, la dieta come abitudine quotidiana.
«All’inizio si dà in dotazione al paziente un glucometro (Iris Evolution), cioè uno strumento con cui è possibile misurare in modo semplice i valori glicemici per tenere sotto controllo la patologia», continua Cannone. «Grazie ai moderni strumenti forniti da internet e dalla tecnologia Bluetooth è poi possibile inviare questi dati a una piattaforma informatica che stila una “cartella del paziente” online. Il tutto avviene in modo semplice tramite una app per cellulari (Iris Health Care) che aiuta a tenere traccia dell’andamento della propria malattia e che invia anche un segnale d’allarme nel caso in cui la glicemia sia in rialzo e che occorra quindi correre ai ripari correggendo la dieta o l’eventuale terapia farmacologica. Questo è uno degli strumenti con cui si applica al paziente la cosiddetta “medicina di precisione” che è destinata a essere sempre più potenziata nel futuro, cioè personalizzata su misura per le esigenze di cura di ogni paziente».
Il percorso proposto ha la durata di uno o due anni perché il diabete è una patologia cronica in cui si mira all’equilibrio e quindi il ruolo dell’autocontrollo, per essere efficace, dev’essere agganciato a un servizio di telemedicina che fornisca un monitoraggio adeguato e di facile uso per il paziente stesso. Quando vengono trasmessi i dati del glucometro, la piattaforma informatica dà indicazioni per correggere il proprio stile di vita ed è in grado di prevedere l’andamento della malattia e dei suoi sintomi e persino episodi di crisi iper o ipoglicemica anche con 15 giorni di anticipo. Una funzionalità molto utile, che aiuta il paziente a verificare il proprio comportamento e a stimare i danni che una mancata cura o una dieta trascurata può portare alla sua salute. Un ulteriore incentivo, insomma, a prendersi cura di sé e a mantenere stili di vita corretti.
Monitoraggio in tempo reale
Esistono anche sistemi di monitoraggio continuo del glucosio (Continous Glucose Monitoring systems – CGM) che effettuano misurazioni dei livelli di glucosio nei fluidi interstiziali in modo semi-continuo, per mezzo di un sensore glicemico impiantato nel tessuto sottocutaneo. In questo modo sono in grado di identificare fluttuazioni che non sarebbero altrimenti individuate e di fornire notifiche o allarmi legati a eventi di iper o ipoglicemia. Le prime generazioni di CGM erano retrospettive (holter type), ma successivamente sono stati sviluppati dei sistemi di monitoraggio continuo della glicemia in tempo reale (RT-CGM) che consentono l’acquisizione e la visualizzazione dei valori glicemici su un piccolo display. Questi vengono memorizzati nel sensore e resi accessibili mediante scansione, effettuata attraverso un lettore o uno smartphone. Questo strumento, in combinazione con la pompa per l’insulina, è diventato quasi indispensabile per la gestione della patologia di tipo 1 perché, in base ai livelli di glicemia rilevati, somministra la giusta dose di insulina.
Il progresso della tecnologia ha anche consentito che questi apparecchi diventassero sempre più piccoli, miniaturizzati, e quindi facilmente utilizzabili dai pazienti stessi. «La qualità di vita dei malati di diabete di tipo 1 e 2 è molto migliorata grazie a questi strumenti», conclude Provenzano. «Per un diabetico avere questo apparecchio è diventato ormai un po’ come per un miope avere un paio di occhiali. Auspicabile, piuttosto, visto l’incidenza e le non rosee previsioni per il futuro di questa malattia, è che sia introdotto dal Servizio sanitario nazionale uno screening mirato per la lotta all’obesità e quindi all’insorgenza del diabete di tipo 2».
Leggi anche…
None found