È l’italiana più amata nel mondo, almeno a tavola. La mozzarella è la regina indiscussa delle nostre esportazioni alimentari, con poco meno di 100mila tonnellate annue, e prende il nome dalla pratica casearia del mozzare, cioè del tagliare con il pollice e l’indice la matassa di pasta filata a mano in modo da ottenere i caratteristici ovuli. Mozza, o provatura: era così il formaggio che nel XII secolo – e già all’epoca per antica tradizione – i monaci benedettini di San Lorenzo in Capua offrivano ai pellegrini medievali. Per avere un documento che citi per la prima volta il termine mozzarella bisognerà, però, aspettare il 1570, grazie a un cuoco della corte papale, tal Bartolomeo Scappi, che la inserisce nel suo libro di cucina fra i formaggi da lui serviti: «Capi di latte, butiro fresco, ricotte fiorite, mozzarelle fresche, et neve di latte».
L’incontro con la pizza e la prima Margherita
La svolta arriva, però, nell’Ottocento grazie all’incontro con la pizza: è del 1858 il primo trattato in cui si cita una specie di Margherita ante litteram. «Proprio questa nostra grande ambasciatrice ha aiutato a veicolare la mozzarella prima in tutta Italia e, poi, anche in Europa e nel resto del mondo», racconta Angelo Galeati, presidente del Gruppo Mozzarella di Assolatte e titolare della Sabelli Spa. «Negli anni 50 questo formaggio era ancora praticamente sconosciuto al Nord, la diffusione è arrivata solamente nei due decenni successivi a seguito del boom economico. In pratica, esportando i pizzaioli abbiamo esportato anche la mozzarella e gli stili di vita legati al suo consumo, a partire dalla dieta mediterranea». Sai come si prepara una margherita a regola d’arte?
La bufalina
Di mozzarella esistono diverse tipologie a seconda del latte di cui è composta, anche se un napoletano vi dirà che ce n’è una sola: la bufalina, preparata con l’oro bianco delle bufale, ruminanti originari dell’India, introdotti in Sicilia nel VII secolo probabilmente dagli arabi e poi, dopo il Mille, dai normanni nelle zone paludose del resto del Meridione, compresa ovviamente quelle zone della Campania, del basso Lazio e di uno spicchio di Puglia la cui specialità è dal 1996 tutelata a livello di Unione Europea dal marchio Dop (Denominazione di origine protetta). Bufalina campana che, tra l’altro, nel 2018 ha registrato un aumento dello 0,5% nella produzione e dello 0,9% nelle vendite, in controtendenza rispetto a un leggero calo nel settore caseario generale (dati Assolatte) che, spiega ancora Galeati, è fisiologico dopo la fase di largo consumo ormai ampiamente raggiunta.
La fiordilatte la più consumata
La mozzarella più consumata resta, comunque, quella derivante dal latte vaccino, conosciuta anche come fiordilatte, mentre meno comuni sono quelle di latte di pecora e capra. Questo anche se, lamenta il presidente del Gruppo Mozzarella, «oggi compaiono sotto il nome di mozzarella parecchi prodotti, in quanto, a parte la normativa sull’origine delle materie prime, manca una più precisa regolamentazione da parte del legislatore». Con l’aiuto della culinary nutritionist Chiara Manzi, presidente dell’Accademia italiana di nutrizione culinaria – Cucina Evolution Academy e titolare del primo ristorante al mondo di antiaging italian food (Libra Cucina Evolution a Bologna), abbiamo risposto ai principali quesiti su questo patrimonio della cucina tradizionale nostrana, sfatando anche alcune… bufale.
Qual è la differenza tra il fiordilatte e la bufalina?
Oltre al fatto che la mozzarella di bufala è più gustosa, la differenza principale è data dal contenuto di grassi: nel fiordilatte è del 20%, percentuale che nella bufalina sale al 25% e che perciò, seppure sempre minore che in burrata, mascarpone, parmigiano e formaggi vari stagionati, ne suggerisce un consumo maggiormente parsimonioso. Per il resto entrambe sono ottime fonti di proteine nobili, simili a quelle di carne, uova e pesce, e di vitamine (soprattutto del gruppo B, ma anche A, D ed E) e, inoltre, forniscono anche un buon apporto di calcio, fosforo e potassio, nutrienti molto importanti per, rispettivamente, ossa, sistema nervoso e pressione sanguigna. Va sottolineato anche come il rapporto 2018 del World Cancer Research Fund International, il più importante organismo mondiale per la ricerca e la prevenzione contro il cancro, abbia per la prima volta riconosciuto al consumo del latte e dei suoi derivati la capacità di diminuire il rischio di tumore del colon-retto.
Si può considerare il fiordilatte un alimento dietetico?
No, perché, se in teoria è un formaggio magro, in pratica può incidere in negativo sul girovita: a differenza di quanto capita con i formaggi stagionati, non ne basta una piccola quantità per saziare. Mangiare un bocconcino da 100 grammi, per esempio, non è soddisfacente, eppure, secondo le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), già così si mette nel piatto oltre un quarto del fabbisogno totale quotidiano di grassi (20 grammi a fronte dei 70 prescritti) e quasi la metà di quello di grassi saturi (10 grammi contro i 22 consigliati). È, perciò, meglio inserire la mozzarella come condimento – dona un tocco di freschezza a pizza, pasta, parmigiana di melanzane, lasagne, risotto… – che consumarla come piatto singolo.
In commercio c’è anche la mozzarella light: è davvero meno calorica?
Sì, perché la legge impone che ci sia almeno il 30% in meno di grassi o calorie in tutti i prodotti etichettati come «light». Nella preparazione di alcuni piatti, come quelli sopra citati, spesso non si nota la differenza con la mozzarella tradizionale e l’uso della versione «leggera» aiuta a raddoppiare la quantità di formaggio che si può usare. Attenzione, però, ai prodotti light in generale: possono contenere molti additivi alimentari.
È sbagliato dal punto di vista nutrizionale l’abbinamento tra mozzarella e pomodoro nell’insalata caprese?
No, è una bufala – è proprio il caso di dirlo – che gira sul web da diversi anni e nasce dalla considerazione che il latte inacidisce se mischiato con un alimento appunto acido, come il pomodoro. Ma questo accade solo se il contatto avviene esternamente (per esempio, mettendo del limone in un bicchiere di latte) e non internamente al nostro organismo, il cui pH acido impedisce reazioni negative. Quindi, sempre senza esagerare con le quantità, sì alla caprese, che è anche un modo per assumere vitamina C, donata da pomodoro e basilico, ed E, grazie all’olio extravergine di oliva, che è un potente antiossidante.
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Quante volte si può consumare a settimana e in quale pasto della giornata è preferibile farlo?
Se ne possono inserire 50 grammi ogni giorno nei condimenti dei vari piatti, mentre è sconsigliabile come piatto singolo per il discorso, di cui sopra, sull’apporto di grassi e l’effetto saziante. In quanto al pasto, vale la regola secondo la quale non è la persona che deve adattarsi a una dieta ma la dieta che deve adattarsi alla persona. Quindi la mozzarella va bene anche a colazione, a patto che quest’ultima piaccia salata: tra l’altro la concentrazione calorica di questo latticino si sposa perfettamente con il pasto del mattino, nel quale dovremmo assumere la maggior parte delle calorie necessarie per la giornata. Comunque, purché nelle giuste quantità, la si può inserire in qualsiasi pasto, mentre è sconsigliabile mangiare un’intera bufalina alla sera, perché i grassi sono il nutriente più difficile da digerire (non sono idrosolubili) e questo potrebbe creare problemi durante il sonno. La colazione sana deve cambiare ogni mattina: scopri consigli e ricette
Esiste qualche categoria di persone per le quali non ne è indicato il consumo?
Per gli intolleranti al lattosio non va bene la mozzarella normale, ma oggi si trovano in commercio prodotti privi di questo zucchero contenuto nel latte. La mozzarella di capra è, invece, adatta a chi non riesce a digerire il latte vaccino. Per il resto, sempre a patto di consumarne una quantità moderata, è un formaggio adatto anche a chi soffre di pressione alta o presenta un elevato livello di colesterolo nel sangue.
L’ipertensione o pressione alta
Al momento dell’acquisto com’è possibile verificare che si tratti di vera mozzarella?
Bisogna leggere con attenzione l’etichetta per verificare gli ingredienti, che devono essere latte, sale, caglio e, a seconda del processo di produzione, fermenti lattici o acido citrico e/o lattico, e l’origine italiana del latte. «Ovviamente è garanzia di sicurezza la marca che richiami a un produttore conosciuto e, comunque, oggi la grande distribuzione è molto attenta a selezionare i fornitori», interviene Galeati.
Quali sono le regole per conservarla correttamente?
Per pochi giorni la si può conservare anche fuori dal frigo, perché la mozzarella è molto più buona quando consumata a temperatura ambiente. Se la si tiene in frigorifero, perché magari fa caldo, il consiglio è di tirarla fuori un’ora prima di mangiarla. Per evitare che si secchi, inacidisca e diventi di colore giallastro, va conservata in contenitori coperti e immersa nel suo liquido di governo, che, se gettato via per sbaglio, può essere sostituito da comune acqua di rubinetto. Rispettando queste condizioni, una volta aperta, si può ancora conservare una mozzarella per tre o quattro giorni in frigo.
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