Quando eravate bambini sognavate di poter trasformare il vostro corpo bevendo una pozione magica come nelle fiabe? Sappiate che potete farlo per davvero, semplicemente sorseggiando una tazza di tè. Questa antica bevanda, la più consumata al mondo dopo l’acqua, è infatti capace di andare dritta al cuore delle cellule del nostro organismo, accendendo e spegnendo diversi geni scritti nel Dna: lo hanno scoperto i ricercatori dell’università svedese di Uppsala studiando le abitudini alimentari e il genoma di oltre 3000 europei. Lo studio, pubblicato sulla rivista Human Molecular Genetics, dimostra che (almeno nelle donne) il consumo regolare di tè determina una diversa funzione dei geni legati allo sviluppo dei tumori e al metabolismo degli ormoni estrogeni. «Una scoperta che evidenzia ancora una volta come il nostro Dna non sia scolpito nel marmo, ma possa essere modificato nella sua espressione attraverso gli stili di vita e soprattutto l’alimentazione», spiega Francesco Visioli, docente di nutrizione umana all’Università di Padova.
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Il tè è ricco di polifenoli, in particolare di epigallocatechina gallato
Il tè, del resto, è un alimento ricchissimo di molecole attive, come ricorda l’esperto. «Basti pensare che il 35% del peso secco delle sue foglie è dato da polifenoli, preziose molecole antiossidanti che conferiscono alla bevanda il suo tipico gusto amaro e astringente, presenti in grandi quantità anche in frutta, verdura, vino rosso e cioccolato; ma nel tè sono contenuti soprattutto polifenoli biodisponibili, che vengono assorbiti più facilmente». Il più conosciuto e studiato è l’epigallocatechina gallato (EGCG), a cui sono attribuite proprietà antitumorali e protettive per il sistema nervoso e cardiovascolare. «La sua presenza inizia a essere perfino segnalata sulle confezioni di tè: questo non significa che sia un elisir di lunga vita, ma solo che si tratta di una molecola particolarmente facile da isolare, quantificare e studiare in laboratorio», sottolinea Visioli.
Risveglia il metabolismo e brucia i grassi
Ma le sostanze attive rilasciate dalle foglie di tè durante l’infusione non finiscono qui. «Ci sono anche la caffeina, che risveglia il metabolismo e brucia i grassi, la teofillina, un’altra molecola stimolante che abbassa la glicemia e combatte l’asma, e poi ancora vitamine e minerali», ricorda l’esperto. «Nel tè nero, in particolare, troviamo molecole polifenoliche complesse in parte assorbite dal colon, chiamate teaflavine e tearubigine, mentre nel tè verde sono presenti piccoli composti fenolici che vengono assorbiti subito, chiamati catechine, e l’amminoacido teanina, che ha un effetto rilassante sul sistema nervoso centrale».
Proprio il tè verde è considerato il re del benessere, «ma questa popolarità non significa che sia dotato di super poteri», spiega Visioli. «È semplicemente la varietà più studiata e meglio conosciuta, perché contiene molecole più piccole e facili da isolare e sperimentare. Sul tè verde sono state condotte moltissime ricerche scientifiche, che ne hanno dimostrato l’efficacia nel migliorare il controllo del peso corporeo. Per chi deve dimagrire, l’ideale è berne una tazza subito dopo i pasti: aiuta a risvegliare il metabolismo cellulare, brucia i grassi per produrre calore corporeo e i suoi polifenoli vanno a legarsi alle molecole di grasso contenute nei cibi, limitandone l’assorbimento».
Previene l’ipertensione e irrobustisce le ossa fragili
Buone notizie anche per i consumatori più tradizionalisti affezionati al caro vecchio tè nero: «Molto studiato a livello cardiovascolare, ha dimostrato di migliorare l’elasticità delle arterie, favorendo la prevenzione dell’ipertensione e dell’aterosclerosi», precisa Visioli. Un recente studio australiano ha inoltre dimostrato che consumare due o tre tazze di tè nero al giorno irrobustisce le ossa fragili degli anziani, riducendo il rischio di fratture da osteoporosi del 30-40%.
Il tè riduce il rischio di tumori
Da alcuni decenni la lente dei ricercatori si è focalizzata anche sulle proprietà antitumorali del tè e i dati, per quanto non sempre solidi, appaiono tuttavia incoraggianti, come spiega Carlo La Vecchia, ordinario di epidemiologia all’Università degli Studi di Milano: «Nel tè troviamo due classi di molecole che possono contrastare l’insorgenza dei tumori: i polifenoli e le catechine, antiossidanti che agiscono favorevolmente sulla moltiplicazione delle cellule e sull’instaurazione del processo neoplastico; poi la teofillina, che contrasta l’iperglicemia, uno dei meccanismi chiave predisponenti al tumore».
Passando dal laboratorio alla tavola, continua l’epidemiologo, «sembra che elevati consumi di tè possano ridurre del 20-30% il rischio di tumori dell’apparato digerente, dal cavo orale fino allo stomaco, al fegato e all’intestino. L’unica eccezione è data dall’esofago, perché chi consuma la bevanda troppo bollente (come fanno certe popolazioni dell’Iran settentrionale e della Cina) può aumentare il rischio di malattia». Per quanto riguarda altri tipi di tumore, come mammella, prostata o polmone, prosegue l’esperto, «non abbiamo dati coerenti, ed è dunque molto improbabile che ci siano effetti sostanzialmente favorevoli. Si può forse avanzare qualche ipotesi sulla prevenzione dei tumori dell’apparato urinario, come quello della vescica, perché il tè stimola la diuresi riducendo il tempo di contatto con le sostanze cancerogene».
Integratori? Ci vuole cautela, ecco perché
Non pensiate però che basti una tazza di infuso al giorno per tenersi alla larga da diabete, infarti, tumori e quant’altro. «Gli effetti benefici del tè sono stati osservati per lo più in studi condotti sulle popolazioni orientali, dove i consumi di tè sono decisamente superiori a quelli che abbiamo in Italia», precisa La Vecchia. E se allora facessimo una capatina in farmacia a comprare integratori ed estratti? «Ci vuole un po’ di cautela, per almeno due ragioni», ammonisce Visioli. «La prima è che le molecole attive estratte e concentrate in una capsula risultano meno biodisponibili, probabilmente perché mancano altre sostanze che nell’alimento originale ne favoriscono l’assorbimento e l’uso da parte delle nostre cellule. La seconda ragione è che bisogna fare molta attenzione alle dosi: l’estratto di tè verde, oltre una certa concentrazione, rischia di diventare tossico per il fegato».
Il buon esempio di inglesi e giapponesi
Meglio dunque impugnare una tazza di buon tè, bevendola almeno un paio di volte al giorno. Mal che vada, ci aiuterà a dare la sveglia al cervello mantenendolo giovane più a lungo, come spiega Visioli: «È l’effetto dei polifenoli, che contrastano la demenza riducendo i livelli di infiammazione e rimuovendo i metalli liberi nelle cellule, come l’alluminio, il ferro e il rame». Mica stupide le care signore inglesi famose per il tè delle cinque. E neanche gli anziani giapponesi, a cui è delegata la complessa preparazione del tè verde: «Per loro è un rituale, che richiede di controllare attentamente la temperatura dell’acqua, la quantità di foglie, il tempo di infusione. Anche questo aiuta le capacità cognitive e il rilassamento, perché impone di prendersi del tempo per sé», sottolinea Visioli. «Potremmo usare anche noi questo espediente per fare un’autentica pausa relax in ufficio: invece di schiacciare un pulsante per berci un espresso al volo, potremmo impiegare qualche minuto in più per preparare un buon tè e staccare davvero la spina».
Nel tè meglio il limone del latte
C’è chi preferisce bilanciare il gusto amaro e astringente del tè con la dolcezza del latte e chi invece gradisce un aroma più deciso come quello della fetta di limone. È semplicemente una questione di gusti, direte voi, ma la scelta fra i due ingredienti potrebbe non essere poi così banale, se vogliamo far esprimere al meglio le proprietà benefiche della nostra bevanda. «Sappiamo che i polifenoli del tè sono più stabili in ambiente acido, dunque l’aggiunta di limone potrebbe avere effetti positivi», afferma Visioli. «Per quanto riguarda il latte, invece, pare che le sue proteine possano legare i polifenoli rendendoli meno biodisponibili. I dati a riguardo, però, sono molto controversi e il condizionale resta d’obbligo».
Il deteinato mantiene tutte le proprietà, tranne quella stimolante
La scelta è obbligata per chi soffre di insonnia, aritmie cardiache, ulcere, gastriti e coliti, tutti disturbi che mal sopportano la caffeina (teina) presente nel tè: in una tazza da 200 millilitri se ne possono trovare da 30 a 44 milligrammi, più o meno la stessa quantità presente in una tazzina di caffè espresso. «Questo problema può essere superato scegliendo il tè deteinato che, pur perdendo l’effetto stimolante della caffeina, mantiene intatte tutte le altre proprietà benefiche», rassicura il professore. «In commercio si trovano due tipi di tè deteinati: quelli in cui la caffeina è estratta con solventi chimici e quelli in cui è rimossa con un processo fisico, che prevede l’impiego di acqua e anidride carbonica. I nostri studi di laboratorio dimostrano che in entrambi i casi il processo di lavorazione non lascia residui sul prodotto finito e mantiene integre tutte le altre molecole attive, come i polifenoli».
E se ci troviamo a casa o in viaggio senza una bustina di deteinato sotto mano? Niente panico. «In questi casi d’emergenza si può rimediare con un metodo casalingo», spiega Visioli. «Siccome la caffeina viene rilasciata nei primi 20-30 secondi di infusione, è sufficiente immergere la bustina di tè per mezzo minuto, buttare via l’acqua e riusare la bustina versando nuova acqua bollente per preparare la nostra bevanda».
Niente tè verde per chi assume le statine
C’è infine un’altra categoria di persone che deve fare attenzione al tè, ma soltanto a quello verde: chi assume le statine per abbassare il colesterolo. «Studi dimostrano che il tè verde prolunga l’emivita delle statine, cioè aumenta la loro permanenza nel sangue: chi le usa dovrebbe astenersi dall’assunzione contemporanea», conferma l’esperto.