È il re del territorio di Langhe Roero e Monferrato. Ha un profumo inconfondibile e indescrivibile. È il più pregiato e costoso. Stiamo parlando del tartufo bianco, un fungo noto in tutto il mondo per la sua prelibatezza e la sua rarità. La sua ricerca è al via da settembre fino a dicembre. Per l’occasione, Ok Salute e Benessere vi svela le sue caratteristiche e come utilizzarlo in cucina.
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Cos’è il tartufo bianco
Il tartufo bianco, scientificamente noto come Tuber Magnatum Pico, è un fungo ipogeo. Compie quindi il proprio ciclo vitale sottoterra, specie in simbiosi di piante arboree quali querce, lecci, salici e pioppi, il cui terreno presenta elevati quantitativi di calcio e un tasso di un’umidità costante per buona parte dell’anno. Queste condizioni favorevoli si riscontrano in particolare nell’area di Alba e più in generale nel basso Piemonte, tra le Langhe, il Roero e il Monferrato, ma anche in Toscana, in Molise e in Abruzzo.
Il suo aspetto è piuttosto irregolare e le dimensioni possono variare da piccole a medio-grandi. Al tatto è liscio, con sfumature che variano dal crema al giallo ocra, mentre la superficie interna è chiara con venature marroni, talvolta rosa. Essendo difficile da reperire, durante la stagione della cerca (da settembre a dicembre), il cercatore di tartufi, detto in dialetto piemontese “trifolau”, si avvale di cani opportunamente addestrati, che ne riscoprono le tracce nei boschi del territorio grazie al loro acutissimo fiuto
Vederlo, conoscerlo e assaporarlo
Inconfondibile, oltre che indescrivibile, è il suo profumo: un misto tra l’aroma del miele, l’odore dell’aglio e il gusto dei funghi. Trattandosi di un fungo stagionale raro e non coltivabile, il tartufo bianco ha un prezzo mediamente alto.
Per vederlo e assaporarlo, il momento ideale è quello della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, l’evento annuale che si tiene dal 1° week-end di ottobre al 1° di dicembre. Un’occasione imperdibile per gli amanti di cooking show, analisi sensoriali, wine tasting e tante altre esperienze eno-gastronomiche.
Come utilizzarlo in cucina
Il valore di questo particolare fungo non sta nel suo apporto alimentare, piuttosto modesto, ma nel suo aroma. Tuttavia, è un fungo dietetico se si considera che per l’80% è composto da acqua e per la restante parte da discreti quantitativi di fibre e sali minerali, quali potassio, calcio, sodio, magnesio, ma anche ferro, zinco e rame.
Attenzione a non cuocerlo in cucina. Il tartufo bianco va “lamellato” crudo sui piatti tipici della tradizione piemontese come ad esempio la carne cruda, i tagliolini al burro, il risotto al parmigiano, l’uovo e la fonduta. Meglio non abbinarlo invece a cibi acidi o dal sapore indeciso perché si rischierebbe di coprirne le caratteristiche organolettiche. In linea generale, il consiglio è di affettarne pochi grammi sulle pietanze, utilizzando una “mandolina” o l’ “affettatartufo”. Per i più golosi può essere provato anche sul gelato al gusto fiordilatte. Provare per credere!