Potrebbe nascondersi una sensibilità al glutine dietro ai sintomi da colon irritabile, in un caso su quattro: lo sostengono gli esperti dell’Associazione Italiana Gastroenterologi ed endoscopisti Ospedalieri (AIGO) con i risultati dello studio Glutox, indagine volta a verificare la reale diffusione di questa condizione simile alla celiachia. Sottoponendo un gruppo di pazienti a una dieta gluten-free per tre settimane, i ricercatori hanno osservato che reintroducendo successivamente frumento, farro, orzo e altri cereali ‘proibiti’ per i celiaci il 25 per cento dei partecipanti tornava a soffrire di gravi manifestazioni gastrointestinali.
Lo studio in doppio cieco conferma quanto si ipotizza da tempo: molti casi di sensibilità al glutine, quelli che non sono diagnosticati come celiachia da esami del sangue e biopsie intestinali, potrebbero essere in realtà sottodiagnosticati e confusi con altri disturbi gastrointestinali, come appunto la sindrome del colon-irritabile. Secondo le stime potrebbe coinvolgere il 5-10 per cento degli italiani alle prese con dolore e gonfiore addominali, diarrea e sintomi extra-intestinali tra cui eczemi, prurito e cefalea che insorgono a breve distanza dall’ingestione di alimenti ricchi di glutine.
Quale il rimedio per chi è ‘sensibile’? La dieta di esclusione può essere un valido aiuto. «Rispetto alla celiachia, patologia che impone una dieta stretta totalmente priva di glutine, chi soffre di sensibilità a questa sostanza può, a seguito dell’indicazione del suo medico, alternare periodi di astinenza a fasi in cui può assumere glutine», afferma Luca Elli, coordinatore dello studio, sottolineando però che la sensibilità al glutine richiede un approccio meno rigido rispetto all’intolleranza. «A Pasqua, quindi, se lo specialista è d’accordo, si può fare uno ‘strappo alla regola’ per una fetta di colomba».