Quando si parla di dieta mediterranea, noi italiani reagiamo in modo orgoglioso. “In Italia sì, che si mangia bene, non come in America” si dice spesso, convinti più dalle parole che dalle azioni, di seguire un’alimentazione al cento per cento mediterranea, quella che l’Unesco ha dichiarato patrimonio immateriale dell’umanità perché “molto di più di un semplice alimento”, come si legge nell’annuncio ufficiale del 2010.
Il cambiamento di abitudini
Ma siamo sicuri, tutti noi italiani, di sapere davvero come è composta, in nutrienti, quantità e qualità degli alimenti, la dieta mediterranea? E siamo sicuri, sempre noi italiani, di seguirla nonostante tutto? Nonostante le influenze delle cucine straniere (soprattutto di quella americana), che ormai spopolano nelle nostre città e sugli scaffali dei nostri supermercati? Non secondo Gabriele Riccardi, docente di Endocrinologia dell’Università Federico II di Napoli e membro della Società Italiana di Diabetologia (Sid), che – come potete ascoltare nella videointervista realizzata durante l’evento Atelier della Salute – punta il dito contro un cambiamento di abitudini che ormai caratterizza le ultime generazioni, influenzate dall’estero e da un ambiente obesogeno (incessante offerta di cibo, stile di vita sedentario, facile accesso ad alimenti di dubbia qualità).
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