Non solo tremore a riposo, difficoltà a camminare e lentezza nel parlare, ma anche tempi lunghi di addormentamento e risvegli anticipati. Il Parkinson, la cosiddetta “malattia del movimento” dovuta alla degenerazione della sostanza nera (substantia nigra) che aiuta a coordinare l’attività motoria, peggiora la vita di chi ne soffre sia di giorno, sia di notte, peggiorando il sonno degli italiani.
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Il Parkinson danneggia la vita di chi ne soffre sia di giorno sia di notte
Uno degli aspetti più impattanti della malattia di Parkinson, ma anche spesso il più trascurato, è quello che riguarda il sonno dei 300.000 che ne sono affetti solo in Italia. Un tema che è stato al centro dell’evento “Sogno di una notte di mezza estate. Nuove prospettive per i pazienti con Parkinson”, organizzato da AbbVie lo scorso giugno a Milano.
Alla tavola rotonda hanno partecipato numerosi esperti, tra cui Pietro Cortelli, Professore Ordinario di Neurologia all’Università di Bologna, e Roberto Eleopra, Direttore della SC di Neurologia 1 presso la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta.
La mancanza del sonno ha conseguenze a breve e lungo termine
Al pari dell’alimentazione e del respiro, dormire è una funzione vitale che facciamo per circa un terzo della nostra vita, quasi 30 anni per intenderci a vedere i dati dell’aspettativa di vita.
Non serve solo a recuperare le forze, ma anche ad avere difese immunitarie forti, buon umore, un bel aspetto e buona memoria. «Dormire bene serve soprattutto a ripulire il cervello dalle tossine prodotte durante il giorno», afferma Pietro Cortelli.
E se non lo facciamo? Tanti sono gli effetti a breve e lungo termine. Se da una parte dormire male potrebbe essere un campanello d’allarme che suona con anni di anticipo sulla malattia neurodegenerativa, la deprivazione del sonno ha conseguenze tangibili sul benessere psico-fisico, e questo è particolarmente vero per i pazienti di Parkinson in fase avanzata.
I maggiori disturbi del sonno nei pazienti di Parkinson
Quasi il 90% dei pazienti rileva disturbi che includono:
- difficoltà ad addormentarsi;
- frequenti risvegli notturni per la ridotta mobilità;
- difficoltà a mantenere il sonno per la rigidità muscolare;
- interruzione del sonno per l’aumento della necessità di urinare durante la notte.
L’identikit di chi soffre maggiormente
Sebbene sia ormai considerata una patologia della terza età, il Parkinson non è una malattia dell’anziano. Generalmente l’esordio è tra i 45-55 anni ma, poiché di questa malattia non si muore, la totalità dei pazienti arriva anche in età avanzata.
A rivelare maggiormente i disturbi del sonno in questi pazienti sono soprattutto le donne, nel 30% dei casi senza nessun aiuto. Questo vuol dire che i disturbi del sonno del paziente con Parkinson inevitabilmente si ripercuotono anche sul suo caregiver.
Una maggiore qualità del sonno anche per caregiver e familiari
Per fortuna ci sono delle recenti innovazioni terapeutiche per il Parkinson che offrono nuovi strumenti per gestire i sintomi motori e migliorare al tempo stesso la qualità del riposo. L’obiettivo ha in realtà un orizzonte ancora più largo che coinvolge tutta la famiglia del malato.
«L’innovazione terapeutica è destinata a migliorare in modo significativo la qualità di vita, incluso il sonno, dei pazienti e dei caregiver, chiamati anche loro a un notevole impegno sia fisico che emotivo» sottolinea Ioannis Ugo Isaias, Direttore UOC Centro Parkinson e Parkinsonismi – ASST Gaetano Pini-CTO. La sfida ora è garantire un accesso omogeneo alle cure in tutta Italia.