Il rachitismo ipofosfatemico legato all’X, noto anche come ipofosfatemia legata all’X (XLH), è una malattia congenita che causa un rachitismo neonatale. Colpisce le ossa, causando fratture, le articolazioni, con artrosi, la statura, che si riduce, i denti, con ascessi. Maria Luisa Brandi, professore ordinario di endocrinologia e direttore della struttura Malattie del metabolismo minerale e osseo all’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze, spiega nel dettaglio di cosa si tratta.
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Quali sono le cause del rachitismo?
È una malattia ereditaria e genetica sul cromosoma X, quindi trasmesso in maniera dominante. Una madre affetta da XLH ha il 50% di possibilità di trasmettere la malattia ai figli mentre un padre affetto da XLH trasmette la malattia al 100% delle figlie femmine e a nessuno dei maschi. Il rachitismo è causato dall’eccesso di un ormone che si chiama FGF23 e che produce due effetti negativi: fa perdere fosfato nelle urine e non fa attivare la vitamina D.
Quali sono i sintomi?
È possibile accorgersi della malattia notando nel bambino alterazioni strutturali ossee, come una deformità alle gambe, e riduzione della crescita, anche con danni alla dentizione. Nell’adulto si riscontrano frequenti fratture e dolori da artrosi.
Come si diagnostica?
La diagnosi nel bambino viene effettuata da pediatri specialisti di malattie ossee rare: test ematici e radiografici, poi, confermano il quadro diagnostico. Vengono condotti anche test genetici sul paziente e a livello familiare, essendo una malattia ereditaria. Terminata la crescita, il paziente adulto viene seguito da specialisti di metabolismo.
Quali sono le terapie per il rachitismo?
Fosfato e calcitriolo rappresentano la terapia convenzionale. Recentemente è arrivato in commercio il Burosumab, un anticorpo monoclonale che blocca l’ormone FGF23, che è secreto in eccesso nei pazienti affetti da XLH. Se la malattia non è riconosciuta e curata precocemente, sono necessarie operazioni chirurgiche per curare i danni articolari ad arti e colonna vertebrale. Si tratta di interventi complessi, che possono richiedere periodi anche lunghi di riabilitazione e ai quali il bambino può dover essere ripetutamente sottoposto nel corso della crescita, fino al termine dello sviluppo osseo.
Come si vive?
I pazienti con XLH possono condurre una vita adulta appagante, lavorando e anche viaggiando. I problemi principali si riscontrano durante la crescita, per cui è fondamentale che il bambino sia seguito da specialisti, affrontando il percorso nel miglior modo, anche psicologicamente. Purtroppo la qualità di vita di chi ha avuto una diagnosi tardiva è molto compromessa e l’aspettativa di vita è ridotta di circa 8 anni rispetto alla popolazione sana, ma oggi, grazie a una maggiore informazione, si può intervenire precocemente e seguire con tempestività i pazienti più piccoli.