Carne rossa e salumi? Vade retro. Grassi e zuccheri? Mai, nemmeno a Natale. E poi niente latte, formaggi, cibi confezionati e neppure verdure, se non si può risalire al metodo di coltivazione e di raccolta. Eccoli, sono i malati di salute. Può sembrare una battuta, ma è l’estrema sintesi di un disturbo del comportamento alimentare molto pericoloso, perché silenzioso e spesso scambiato per un sano stile di vita. Si chiama ortoressia, un neologismo coniato una ventina d’anni fa unendo i termini greci orthos (corretto) e orexis (appetito): in sostanza, l’ossessione del mangiar sano. Una mania che può avere gravi conseguenze sia sul piano della salute fisica sia sulla vita sociale, delle persone che ne soffrono e di quelle che stanno loro intorno. «Il chiodo fisso della persona ortoressica è quello di avere un corpo sano mediante un’alimentazione selettiva e un evitamento dei cibi considerati nocivi», spiega Sara Bertelli, psichiatra responsabile dell’ambulatorio dei disturbi del comportamento alimentare dell’ospedale San Paolo di Milano e presidentessa di
Nutrimente Onlus, associazione che si occupa di questo genere di disturbi. «Non vi è quindi un controllo sul peso come nell’anoressia, ma può capitare che vi si arrivi passando dalla selettività a un’alimentazione anche restrittiva».
Quando si è iniziato a parlare di ortoressia
A parlare per la prima volta di ortoressia è stato nel 1997 il medico del lavoro statunitense Steven Bratman, che partì da un’autodiagnosi. Era solito infatti consumare i pasti in solitudine e in silenzio, non mangiava verdure che fossero raccolte da oltre 15 minuti, masticava ogni boccone almeno 50 volte e aveva il terrore di ammalarsi se per caso ingeriva cibi non ritenuti incontaminati. Bratman riconobbe il suo disturbo, ne stilò la descrizione ed elaborò un test (vedi l’ultimo paragrafo), tuttora in uso, per riconoscerlo. «L’ortoressia non è ancora ufficialmente riconosciuta dal mondo psichiatrico in quanto non è inserita nel DSM-5, l’ultimo aggiornamento del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali che risale al 2014, e il confine con uno stile di vita salutare è sfumato; tuttavia esistono dei campanelli d’allarme», continua la specialista.
Quali sono i campanelli d’allarme
L’ortoressico infatti passa ore al supermercato, confrontando le etichette alla ricerca dell’alimento sano; pianifica in maniera maniacale i pasti della settimana; mette al bando tutto ciò che possa contenere conservanti, coloranti, additivi chimici, ogm o che non abbia un’origine e una lavorazione ritenuta idonea; si fida solo della sua cucina, che prevede precisi metodi di cottura e l’utilizzo di pentole e attrezzi ben determinati. Ma soprattutto pensa ossessivamente al cibo.
Più rischi nelle palestre
L’origine del disturbo è multifattoriale, ma certamente la spinta sociale al salutismo è uno dei fattori. Nell’ambito sportivo e nei circuiti delle palestre si annidano infatti i rischi maggiori, soprattutto tra gli uomini dai 40 ai 50 anni, tra i maratoneti e tra tutti quegli atleti che seguono diete iperproteiche. Per questi il pericolo è che l’ortoressia si accompagni alla vigoressia, l’ossessione per la forma fisica. Ambiente sociale a parte, Bertelli individua alcuni tratti del carattere tipici dei malati di salute: l’estrema precisione, a volte il perfezionismo, la pretesa di performance sempre più elevate, una bassa autostima. «In questi casi, il controllo sul cibo può essere una sorta di autoterapia: riuscire a dominarsi placa l’ansia e aumenta l’autostima», chiarisce la psichiatra.
Le conseguenze sono serie
Nelle fasi iniziali i comportamenti degli ortoressici possono essere scambiati per atteggiamenti virtuosi, anche perché spesso lo stato di salute migliora, dal momento che si eliminano dalla dieta tutte quelle sostanze potenzialmente intossicanti. «Ma con il passare del tempo», prosegue Bertelli, «il controllo si fa via via più rigido e si tende a escludere ogni cibo ritenuto inadatto: l’alimentazione diventa così sempre meno differenziata e sempre più ridotta dal punto di vista anche quantitativo. Ecco allora che si scivola in un quadro molto simile a quello dell’anoressia, per cui le conseguenze nei casi più estremi possono essere quelle di una malnutrizione». Dunque: anemia, debolezza, problemi gastrointestinali, perdita del ciclo nelle donne, disidratazione. E non solo. «Dal punto di vista emotivo si assiste a una forte limitazione alla libertà di comportamento, una vera schiavitù che ha pesanti conseguenze sia sulla vita personale sia quella sociale», aggiunge l’esperta. Si comincia con l’andare solo nei ristoranti che offrono un menù «sicuro», poi si rinuncia completamente a mangiare fuori, dopodiché si smette di andare dagli amici, fino a che non si partecipa più a nessun tipo di cena, aperitivo o festa e ci si rinchiude in casa. Pressoché inevitabili sono a questo punto gli stati d’ansia, la tristezza e a volte l’insorgere di altre ossessioni come quella della pulizia, della bellezza, della forma fisica, la paura di invecchiare o di ammalarsi.
Amici e parenti possono accorgersi del problema
E così gli effetti del comportamento di un ortoressico ricadono anche sulla famiglia, sul partner e, purtroppo, sui figli. «Il pericolo di denutrizione per i bambini di una mamma ortoressica può essere alto, perché si dà al piccolo ciò che si ritiene più sano, mentre gli adolescenti rischiano di avere un comportamento imitativo», avverte Bertelli. Difficilmente un ortoressico si accorge di avere un disturbo e va dal medico. «Proprio perché l’obiettivo iniziale è positivo, cioè star bene e mangiare sano, ci si sente nel giusto», conferma la psichiatra. O, per dirla con le parole di Bratman: «Una persona che riempie le giornate mangiando tofu e biscotti a base di quinoa può sentirsi altrettanto pia di chi ha dedicato tutta la vita ad aiutare i senzatetto». Questo senso di superiorità porta spesso a dare credito a teorie pseudoscientifiche e a discutibili guru, che smentiscono quanto affermato dalla medicina ufficiale, innescando un pericoloso fai-da-te basato sul sentito dire e su dubbie informazioni reperite online. Amici, parenti e le persone che stanno vicine hanno così un ruolo fondamentale per cercare di convincere l’ortoressico a intraprendere un percorso di cura che, conclude Bertelli, «si basa sulla terapia psicologica associata a una riabilitazione nutrizionale. Significa riabituarsi progressivamente ad avere un’alimentazione che dal punto di vista psicologico definiamo libera e da quello nutrizionale adeguata». Un approccio simile a quello dell’anoressia.
Il test di Bratman
Il test messo a punto dal medico del lavoro statunitense Steven Bratman si compone delle seguenti dieci domande. Se almeno quattro risposte risultano affermative, è il caso di consultare un medico.
1. Pensi alla tua dieta più di tre ore al giorno?
2. Pianifichi i pasti con diversi giorni di anticipo?
3. Il valore nutrizionale di ciò che mangi è più importante del piacere di mangiare?
4. La qualità della tua vita è diminuita parallelamente al miglioramento della qualità della tua alimentazione?
5. Ultimamente sei diventato più rigido con te stesso?
6. Mangiare in modo sano aumenta la tua autostima?
7. Hai eliminato cibi che ti piacevano per mangiare quelli salutari?
8. La tua dieta ti rende difficile mangiare fuori casa?
9. Ti senti in colpa quando non mangi in modo corretto?
10. Ti senti in pace con te stesso e in pieno controllo quando mangi in modo corretto?
I punteggi:
Fino a 3 sì: hai un normale rapporto con il cibo.
Da 4 a 8 sì: sei predisposta/o all’ortoressia.
Da 9 a 10 sì: sei predisposta/o a una grave forma di ortoressia.
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