Il gelato può far parte di un regime alimentare sano in gravidanza? La risposa è sì, seppur con moderazione per non superare la quantità di zuccheri suggerita ogni giorno dai nutrizionisti. Saltuariamente, un cono confezionato o una coppetta possono trovare spazio senza preoccupazioni, come spuntino pomeridiano o come coccola di fine pasto, per soddisfare la voglia di dolce e apportare un po’ di refrigerio nelle calde giornate estive.
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Gelato: artigianale e confezionato
Il gelato, per far parte della categoria dolci, ha un buon profilo nutrizionale perché contiene proteine, carboidrati, grassi, sali minerali e vitamine, che variano in base agli ingredienti usati e quindi al gusto scelto.
Quelli base nel gelato artigianale alle creme sono latte, panna, zuccheri, emulsionanti (come i mono e digliceridi degli acidi grassi) e stabilizzanti (come la farina di carrube). Molte gelaterie utilizzano come base semilavorati già bilanciati, a cui poi, per realizzare i vari gusti, vengono aggiunti altri ingredienti, per esempio frutta, latte o uova pastorizzate, e/o altri semilavorati, come pasta di pistacchio o concentrato di frutta.
Il gelato confezionato, che ha dalla sua una maggiore praticità, è fatto con gli stessi ingredienti dell’artigianale, ma secondo un’indagine Bva-Doxa, commissionata dall’Istituto del gelato italiano (Igi), molte persone credono che contenga anche conservanti. «In realtà nel gelato confezionato non vengono mai utilizzati conservanti: il freddo stesso è il conservante naturale per eccellenza. Di conseguenza, diventa fondamentale il rigoroso rispetto della catena del freddo per mantenere le migliori qualità organolettiche del gelato», commenta Giovanna Rufo, tecnologa alimentare dell’Igi. «Tra i luoghi comuni più difficili da estirpare troviamo anche la convinzione che i gelati contengano grassi idrogenati, ma anche questo è lontano dalla realtà. La parte grassa di questi alimenti è rappresentata dai grassi del latte o da olii e grassi vegetali»
Gelato in gravidanza e toxoplasmosi
Nei mesi di gravidanza è ancor più importante evitare di contrarre malattie come la toxoplasmosi o la salmonella. Entrambe potrebbero avere conseguenze gravi sullo sviluppo del feto. Dal punto di vista della sicurezza alimentare, «il gelato confezionato italiano può essere consumato tranquillamente», garantisce Michelangelo Giampietro, presidente dell’Igi, Medico dello Sport e specialista in Scienza dell’Alimentazione. «È sicuro, perché pastorizzato, controllato e perché segue rigide procedure di lavorazione. La catena del freddo garantisce la sicurezza alimentare e non ci sono conservanti, aspetto che lo rende adeguato alla donna incinta».
Per quanto riguarda il gelato artigianale, è opportuno verificare che anche in questo caso le uova e il latte siano pastorizzati. Tuttavia, secondo gli Accademici italiani artigiani gelatieri, oggi l’abbattimento termico è un obbligo in tutte le gelaterie e le miscele contenute nel gelato vengono cotte e pastorizzate a 85 gradi per alcuni minuti, in modo da eliminare la carica batterica. Il rischio di salmonella e toxoplasmosi ormai riguarderebbe solo il gelato fatto in casa.
Gelato in gravidanza: quanto mangiarne?
Le linee guida sulla nutrizione in gravidanza della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) ricordano che per garantire un adeguato apporto al cervello, sia materno che fetale, la quota giornaliera di carboidrati non dovrebbe essere inferiore a 175 grammi. All’interno di questa quantità, però, la fonte da privilegiare è quella dei cereali integrali, che riforniscono anche in fibre.
Il consumo di carboidrati semplici (cioè di zuccheri), dovrebbe essere limitato invece al 10% dei carboidrati complessivi e correlato anche e soprattutto all’attività fisica svolta. Il suggerimento è quello di approfittare dell’estate per aumentare il dispendio energetico con lunghe passeggiate o nuotate. Queste raccomandazioni sono valide a maggior ragione in gravidanza, una condizione di per sé diabetogena.
Nella pratica quotidiana significa che le future mamme, oltre alla frutta, che contiene anch’essa zuccheri semplici, possono mangiare, a seconda dell’attività fisica svolta, solo una piccola quantità di sostanze zuccherate. Per esempio due cucchiaini di marmellata, miele, o zucchero al mattino, oppure una porzione di gelato. Che significa 100 grammi per quanto riguarda il confezionato o una coppetta se si acquista artigianale. In questa quantità può diventare una merenda rinfrescante o un dessert a fine pasto.
Gelato durante l’allattamento e lo svezzamento
Le cose non cambiano nel periodo dell’allattamento. Anzi, secondo il nutrizionista Michelangelo Giampietro «il gelato ha anche il “potere” di gratificare la mamma nel momento successivo al parto, soddisfacendo la sua voglia di dolce e conferendo un valore aggiuntivo al suo benessere mentale. Il bambino, invece, può consumare il suo primo gelato verso il primo anno di età». Nessun problema anche dal punto di vista dei gusti, l’importante è iniziare da quelli che conosce bene, come fior di panna e fior di latte, introducendo successivamente gli altri, tenendo conto dei tempi opportuni e considerando gli alimenti che possono determinare le allergie.