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Probiotico e riso rosso fermentato in combinazione per abbassare il colesterolo alto

Risultati positivi da un integratore a base di Bifidobacterium longum BB536 e monacolina K: riduce il colesterolo cattivo del 27%

Non ci si stancherà mai di ripeterlo. Elevati livelli di colesterolo nel sangue contribuiscono in modo determinante allo sviluppo e alla progressione di malattie cardiovascolari. Ancora oggi rappresentano la principale causa di morte in Occidente. Per questo motivo, le linee guida promosse dalle organizzazioni mondiali ed europee della sanità indicano la riduzione del colesterolo LDL (cioè quello “cattivo”, che si accumula nelle arterie) come uno degli interventi più importanti al fine di diminuire il rischio di patologie cardiache.

Nuove sfide

Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha evidenziato i possibili benefici di alcuni nutraceutici nel controllo dei livelli di colesterolo. Come nel caso del riso rosso fermentato che agisce proprio come una statina. E ha individuato vari ceppi di probiotici, tra cui il Bifidobacterium longum BB536, con azioni metaboliche in grado di contrastare il colesterolo alto.

Gruppo San Donato

I dati preliminari di una ricerca condotta dall’Università degli Studi di Milano e dall’Ospedale Niguarda, che verrà presentata a Praga al congresso della Società Europea dell’Aterosclerosi, mettono in luce che la combinazione di uno specifico probiotico, il Bifidobacterium longum BB536, con un nutraceutico, la monacolina K del riso rosso fermentato, porta a una significativa riduzione del colesterolo “cattivo”.

Lo studio

Lo studio, coordinato da Paolo Magni, professore di Patologia clinica al Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università degli Studi di Milano, è stato condotto su 32 pazienti con ipercolesterolemia moderata, per una durata complessiva di 12 settimane. In queste persone, che non stavano seguendo alcuna terapia ipocolesterolemizzante, il colesterolo totale era di 271 mg/dl, contro i 200 mg/dl raccomandati dalla Società Europea dell’Aterosclerosi. Mentre quello cattivo era di 185 mg/dl (contro i 120 mg/dl). Metà di essi hanno assunto il composto a base di Bifidobacterium longum BB536 e monacolina K del riso rosso fermentato, mentre all’altra metà è stato somministrato un placebo del tutto inattivo.

I risultati

Al termine del trattamento di 12 settimane, i ricercatori hanno riscontrato che l’assunzione orale di questa associazione probiotico-nutraceutico determina una riduzione del colesterolo “cattivo” del 27%. Il placebo invece non ha modificato minimamente (0%) i livelli di colesterolo nel sangue.

Il meccanismo d’azione

L’azione di riduzione del colesterolo “cattivo” si eserciterebbe, secondo i ricercatori milanesi, con un doppio meccanismo d’azione. Il Bifidobacterium longum BB536, che è un microorganismo buono che colonizza l’intestino tenue, riduce l’assorbimento intestinale del colesterolo proveniente dai sali biliari, responsabili della suddivisione dei grassi. La monacolina K, il principio attivo del riso rosso fermentato, agisce riducendo la sintesi epatica di colesterolo, con l’inibizione di uno specifico enzima chiamato HMG CoA reduttasi.

Un risultato significativo

Grazie a quanto rivelato da questo studio «abbiamo la possibilità di intervenire su uno dei fattori di rischio attualmente più rilevanti per l’aterosclerosi e quindi possibilmente nella prevenzione di eventi cardiovascolari come l’infarto del miocardio e l’ictus» commenta il professore Paolo Magni. L’autore, inoltre, rammenta però che il miglior approccio alla riduzione del colesterolo deve necessariamente includere un miglioramento degli stili di vita (abolizione del fumo e attività fisica) e una corretta alimentazione.

Non è un’alternativa alle statine

Questa associazione di Bifidobacterium longum BB536 e di monacolina K potrebbe sostituire la terapia farmacologica, costituita dalle statine, per il trattamento dell’ipercolesterolemia? «Non si tratta di una cura sostitutiva del farmaco (che resta la prima opzione per chi ha il colesterolo elevato, ndr). Piuttosto un’opzione nutraceutica, cioè la possibilità di rispondere a problemi di salute di lieve-moderata gravità con alternative diverse dai farmaci» commenta Alberto Martina, professore presso il Dipartimento di Scienze del Farmaco e al Master Prodotti Nutraceutici all’Università degli Studi di Pavia.

I prodotti nutraceutici sono integratori alimentari per i quali si è dimostrata un’attività utile per la salute (componente farmaceutica) oltre a quella di supporto nutrizionale (componente nutrizionale). «Devono essere assunti in modo corretto, per dosaggi e periodi di trattamento, su pazienti e soggetti ben caratterizzati, possibilmente con il consiglio del proprio medico di fiducia o del farmacista» conclude Martina.

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