Alzi la mano chi, durante l’ora di scienze alla scuola media e di nuovo sui banchi delle superiori, non ha studiato la fotosintesi clorofilliana: il processo tramite il quale le piante trasformano anidride carbonica e acqua in ossigeno e glucosio, garantendo di fatto la propria e la nostra sopravvivenza sulla Terra. Il segreto di quel prodigio biochimico sta tutto in un pigmento verde che ha la capacità di catturare la luce solare e di attivare la reazione: è la clorofilla, una molecola che si trova in foglie, fusti e germogli ma anche nella polpa e nei semi di ortaggi e frutta, a patto che siano di colore verde.
Dalla struttura simile all’emoglobina umana, la clorofilla è conosciuta anche come «sangue vegetale»: l’unica differenza è che al centro della molecola di clorofilla c’è un atomo di magnesio invece che di ferro. La sua funzione principale, al di là della fotosintesi, è anche quella di preservare le cellule delle piante dall’azione ossidativa dei radicali liberi, agenti tossici derivanti dai processi metabolici che, quando si accumulano nei tessuti in quantità eccessive, possono farli invecchiare e ammalare. Fra l’altro, è stata ormai ampiamente dimostrata la relazione fra la presenza di antiossidanti e la capacità di non sviluppare tumori: nel regno vegetale, infatti, si è visto che spesso la moltiplicazione cellulare incontrollata rimane circoscritta senza generare metastasi. Un contributo molto importante in tal senso è dato dalla clorofilla.
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Uno studio italiano ne conferma la funzione antiradicalica
A fronte di tali e tante evidenze, i ricercatori si sono chiesti se delle proprietà della clorofilla non potesse giovarsi anche il nostro organismo tramite la semplice assunzione dei vegetali che ne sono più ricchi. E fra gli studi che hanno confermato l’efficacia protettiva di questo nutraceutico spicca una ricerca italiana pubblicata sulla rivista Agrochimica.
«La clorofilla esplica una duplice azione a seconda che si trovi in presenza o in assenza di luce, e in laboratorio si è riscontrato che al buio – condizione che si ritrova nel corpo umano quando viene introdotta con l’alimentazione – la molecola svolge una funzione antiradicalica e per gli addetti ai lavori presenta un’azione antiossidante anziché pro-ossidante», chiarisce Cristina Sgherri, dottore di ricerca del Dipartimento di scienze agrarie alimentari e agro-ambientali dell’Università di Pisa e coautrice dello studio insieme a Riccardo Izzo e a Calogero Pinzino, primo ricercatore associato dell’Istituto di chimica dei composti organo metallici del CNR di Pisa.
«Grazie all’utilizzo di una speciale apparecchiatura, lo spettrometro EPR, si è studiato il comportamento della clorofilla negli estratti lipidici ottenuti dal pomodoro e si è scoperto che il pigmento contenuto nell’ortaggio, e soprattutto nelle foglie e nelle parti verdi, è un antiossidante dinamico, con una velocità di neutralizzazione dei radicali liberi da 45 a 70 volte maggiori rispetto ai carotenoidi e al licopene. E il fatto che anche l’apparato digerente dell’uomo possa assorbire la clorofilla e assumerne grossi quantitativi, essendo ubiquitaria nel regno vegetale, la rende una sostanza davvero interessante sia sul versante della prevenzione che della cura».
La clorofilla aiuta a prevenire il cancro al colon
Quali sarebbero i vantaggi per la salute umana? Diverse ricerche hanno confermato che un consumo regolare di clorofilla, assunta quotidianamente tramite la dieta, contribuirebbe a prevenire il cancro al colon. «Un piatto di rucola, cicoria o soncino consumato poco prima di mangiare un piatto di carne rossa fa sì che l’organismo assorba tutta la clorofilla presente nelle insalate, con un’azione protettiva sui tessuti del colon, nei confronti dei quali la carne, che è molto ricca di ferro, ha una potenziale azione ossidativa e pro-infiammatoria», spiega Cristina Sgherri. «Il pigmento è utile anche in caso di anemia perché rigenera e purifica il sangue e migliora la funzionalità dei globuli rossi.
Utile in caso di ciclo abbondante o dopo uno sforzo fisico
Di conseguenza, è raccomandato alle donne che hanno un ciclo abbondante e soffrono di sideremia bassa, ma anche prima e dopo uno sforzo fisico importante, per esempio una gara sportiva». Il fatto che la clorofilla faccia aumentare di circa il 20% il consumo di ossigeno in tutte le cellule del corpo umano ne conferma l’effetto ricostituente tonico sul metabolismo e, in particolare, l’azione riattivante e protettiva sui tessuti muscolari e sulla pelle.
Clorofilla: gli alimenti che ne contengono di più
Più le foglie sono verdi (e scure) e più sono ricche di clorofilla: per farne scorta, quindi, è bene portare a tavola – oltre alle insalate – spinaci, cicoria, tarassaco, broccoli, rucola, germogli d’orzo, cime di rapa, cavolo riccio e cavolo nero (kale). Buone le percentuali di clorofilla presenti anche nelle erbe aromatiche fresche, come prezzemolo, basilico, rosmarino, menta, origano, salvia e maggiorana.
Se i vegetali sono teneri (è il caso delle foglie), l’organismo metabolizza la clorofilla più rapidamente: ciò non toglie che il pigmento abbondi anche in ortaggi, legumi e frutti di consistenza più corposa, come zucchine, carciofi, asparagi, piselli, sedano verde, fave, peperoni e pomodori verdi, edamame, mele Granny Smith – da consumare preferibilmente con la buccia – e kiwi. Vanno bene anche le insalate in busta, sempre a patto che siano ben conservate. Di clorofilla sono ricchi anche alcuni oli vegetali per uso alimentare, e in particolare l’olio di semi di canapa e l’extravergine d’oliva biologico, che in genere ha un aspetto più verde e denso. «Per conservare intatto il pigmento, l’olio va travasato in bottiglie di vetro scuro e si conserva al fresco e al riparo dalla luce solare, che degrada la clorofilla e accelera l’ossidazione dei grassi», raccomanda l’esperta.
I centrifugati migliori
Per chi non ama molto i contorni di verdura è poi sempre possibile ricorrere ai centrifugati verdi, nei quali combinare foglie (per esempio spinaci, cavolo nero, ortica, tarassaco), ortaggi (in particolare il sedano verde, ricchissimo di sali minerali), e frutta (come mele verdi, kiwi e ananas, fonte di enzimi e bromelina che facilitano i processi digestivi). I succhi vanno bevuti subito, appena pronti, altrimenti la clorofilla si ossida e si deteriora.
Integratori a base di clorofilla solo sotto controllo medico
Solo in situazioni di particolare stanchezza e debilitazione, che spesso si manifestano dopo una malattia e ai cambi di stagione, e dietro consiglio medico, si può ricorrere per brevi periodi alla clorofilla sotto forma di integratore: ne esistono varie formulazioni, in gocce o in tavolette, in genere ricavate da alghe (come la spirulina) o da vegetali concentrati (come l’erba d’orzo o di grano), da assumere – sentendo preventivamente il parere del medico – sempre alla mattina, con acqua, in quanto l’azione energizzante della clorofilla, se presa la sera, potrebbe disturbare il sonno. Un’altra avvertenza: la cura di clorofilla con gli integratori potrebbe causare una colorazione giallo-marrone della lingua e verdastra delle urine e delle feci, ma è del tutto normale. In ogni caso, la terapia va seguita a cicli di non più di due-tre settimane.
Clorofilla: le regole per assimilarla al meglio
Qual è il modo migliore per fare scorta di clorofilla a tavola? «L’ideale è consumare verdura e frutta di stagione di colore verde e preferibilmente a crudo», consiglia Cristina Sgherri, dottore di ricerca del Dipartimento di scienze agrarie alimentari e agro-ambientali dell’Università di Pisa. «È bene non esagerare con le cotture prolungate, perché il calore deteriora enzimi e antiossidanti, con conseguente perdita delle loro proprietà salutistiche. L’aggiunta ai vegetali di un cucchiaino di olio extravergine d’oliva bio favorisce l’assimilazione della clorofilla ma anche delle vitamine liposolubili presenti negli ortaggi, che l’organismo assorbe solo in presenza di un’adeguata quota di grassi. Inoltre, una spruzzata di succo di limone regala a insalate e macedonie tanta vitamina C, che a sua volta favorisce la metabolizzazione della clorofilla».
Anche combinare le verdure verdi con altri ortaggi e frutti colorati migliora l’assimilazione della clorofilla: gli antiossidanti presenti soprattutto nei cibi gialli e arancioni – in special modo i carotenoidi – potenziano infatti l’azione del pigmento verde con il quale sono associati. Verdure e frutti verdi vanno conservati al buio e in frigorifero, avendo cura di eliminare (e di non consumare) le parti deteriorate, ingiallite o biancastre, che di fatto sono prive di clorofilla. I vegetali surgelati conservano la loro dotazione di clorofilla ma, una volta scongelati, non bisogna mai cuocerli a temperature troppo elevate.