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Cibi fermentati
Zuppa di miso, crauti, pane lievitato, kefir… Cosa hanno in comune questi alimenti, all’apparenza così diversi? Sono tutti cibi fermentati. Una caratterista che li rende, oltre che buoni e saporiti, anche conservabili a lungo, facilmente digeribili e benefici per il nostro organismo.
Cos’è la fermentazione
«La fermentazione è stata spiegata per la prima volta nell’Ottocento dal microbiologo francese Louis Pasteur. È il processo naturale, che avviene in assenza di ossigeno, tramite il quale batteri, lieviti, funghi, ovvero piccoli organismi invisibili ai nostri occhi, si procurano l’energia per vivere colonizzando un cibo e trasformando alcuni suoi nutrienti, come i carboidrati, in sottoprodotti, come alcoli o acidi organici», afferma Simone Guglielmetti, professore del dipartimento di scienze per gli alimenti, la nutrizione e l’ambiente dell’Università degli Studi di Milano. Questi microrganismi si cibano di alcune sostanze presenti nel prodotto di partenza. In questo modo danno origine a un nuovo alimento con gusto e consistenza diversi da quello di base.
Cibi fermentati: la fermentazione lattica
Il glucosio, attraverso l’azione di batteri del genere Streptococcus e Lactobacillus, si converte in acido lattico. Viene utilizzata per trasformare il latte in yogurt e formaggi, ma anche per ottenere le verdure fermentate.
Fermentazione alcolica
Il glucosio dà origine ad alcol etilico (etanolo) e anidride carbonica, grazie all’azione di alcuni lieviti. Gli esempi tipici sono:
- il Saccharomyces ellipsoideus, utilizzato per produrre il vino,
- il Saccharomyces cerevisiae, usato per realizzare la birra a partire dal malto e nella preparazione del pane.
Fermentazione dei microrganismi
A volte la fermentazione s’innesca a partire da microrganismi naturalmente presenti sulla superficie degli alimenti. In questo caso, per avviare il processo è sufficiente fornire loro le adatte condizioni di crescita. È ciò che accade, ad esempio, al cavolo. Se immerso in acqua e sale, per effetto dei batteri lattici quali il Lactobacillus plantarum e il Leuconostoc mesenteroides, si trasforma in crauti (letteralmente «verdura acida»), un contorno tipico della cucina tedesca.
Cibi fermentati: la fermentazione con “starter”
In altri casi, per avviare il processo è invece necessario aggiungere alla materia prima delle colture di microrganismi, attentamente selezionati, denominati starter. È quanto succede, ad esempio, nel caso dello yogurt. Si ottiene infatti mettendo nel latte:
- il Lactobacillus bulgaricus e lo Streptococcus thermophilus,
- oppure del miso, che si ricava aggiungendo alla soia un fungo chiamato Aspergillus oryzae.
Al di là degli ingredienti, ogni fermento produce comunque risultati unici. Questi risultati sono influenzati da numerose variabili, come:
- ambiente,
- stagione,
- temperatura,
- umidità,
- durata della fermentazione, che in alcuni casi si completa in poche ore, in altri richiede anni.
Cibi fermentati più facilmente conservabili
«La fermentazione è stata sfruttata fin dagli albori della civiltà come strumento per la conservazione dei prodotti altamente deperibili, come latte, carne, frutta». «L’attività fermentativa dei batteri lattici o dei lieviti, presenti nell’alimento, determina la produzione e l’accumulo di molecole, quali acido lattico, acido acetico, alcol etilico, che fungono da conservanti naturali, inibendo la crescita dei microrganismi che causano il deterioramento, come le muffe».
I cibi fermentati sono più digeribili
Hanno un’elevata digeribilità che li rende particolarmente graditi a chi ha problemi digestivi o di intolleranze. Non a caso il biologo Bill Mollison, autore del libro The permaculture book of ferment and human nutrition, definisce la fermentazione «una forma di predigestione» a opera dei microrganismi.
Trasformano zuccheri e proteine
È proprio per questo che chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile può, ad esempio, digerire più facilmente il pane fermentato rispetto a quello tradizionale. Chi non sopporta il lattosio, riesce di solito a tollerare bene lo yogurt. Un altro valido esempio in tal senso è la soia, che risulta però poco digeribile. Ebbene, il processo fermentativo riduce il complesso contenuto proteico di questo legume in amminoacidi rapidamente digeribili, dando origine alla salsa di soia e al tempeh.
Sono uno scrigno di vitamine
Oltre ad avere un’alta digeribilità, i cibi fermentati vantano anche ottime qualità nutrizionali. A sostenerlo è anche l’Organizzazione per il cibo e l’agricoltura delle Nazioni Unite (Fao). Come spiega il guru della fermentazione Sandor Ellix Katz nel suo libro Il mondo della fermentazione. Il sapore, le qualità nutrizionali e la produzione di cibi vivi fermentati (Slow Food Editore), cereali e legumi contengono un composto, chiamato acido fitico, che può inibire l’assorbimento di zinco, calcio, ferro e magnesio. Ma, se li si mette a bagno a fermentare prima di cuocerli, questa sostanza si degrada: risultato, da orzo, fagioli, lenticchie & co. si possono assumere più minerali.
Poveri di sostanze negative
La fermentazione è anche in grado di ridurre o eliminare sostanze chimiche potenzialmente tossiche, come nitriti, acido cianidrico, acido ossalico, nitrosammine, glucosidi, presenti nei cibi, oltre che di produrre nuovi nutrienti. «Le colture microbiche creano molte vitamine del gruppo B, inclusi acido folico, riboflavina, niacina, tiamina, biotina», afferma Katz. «È stata spesso attribuita ai fermenti anche la capacità di produrre vitamina B12, altrimenti assente nei cibi di origine vegetale».
Alcuni fermenti hanno proprietà antiossidanti
I vantaggi per la salute sono molteplici. Alcuni fermenti funzionano, ad esempio, come antiossidanti. Riducono cioè i radicali liberi, sostanze che provocano l’invecchiamento delle cellule. In proposito, uno studio pubblicato nel 1992 sul Journal of Nutrition Science and Vitaminology ha dimostrato che l’assunzione di miso è in grado di contrastare efficacemente il processo, chiamato perossidazione lipidica, che consente ai radicali liberi di danneggiare le strutture biologiche delle cellule.
Verdure fermentate anti-cancro
Secondo una ricerca pubblicata nel 2002 sul Journal of Agricultural and Food Chemistry per beneficiare di un effetto anticancerogeno è bene portare abitualmente in tavola le verdure fermentate. Producono isotiocianati. Si tratta di sostanze che contrastano i tumori a polmone, esofago, stomaco. Contengono anche indolo-3-carbinolo. Si tratta di una molecola che agisce sul metabolismo degli ormoni femminili (gli estrogeni). In questo modo riduce il rischio di sviluppare cancro a seno, endometrio e cervice uterina.
Il merito è dei batteri vivi
I batteri degli alimenti fermentati riescono a esercitare al meglio la loro funzione se sono ancora vitali quando vengono ingeriti. «Certi cibi, per natura, non possono contenere microrganismi vivi», avverte Katz. «Il pane, ad esempio, dev’essere cotto, e ciò causa la morte dei microrganismi presenti». In altri alimenti, possono essere morti oppure vivi, a seconda che siano stati sottoposti o meno a pastorizzazione o ad altri trattamenti termici che hanno l’effetto di uccidere tutti i fermenti.
Se arrivano intatti nell’intestino, si chiamano probiotici
Per accertarsi che questi piccoli amici non siano morti e sepolti, è sufficiente dare un’occhiata all’etichetta. Che questi ultimi siano vitali è certamente una buona cosa, però non basta. Occorre anche che, una volta ingeriti, riescano a sopravvivere al passaggio nello stomaco. L’acidità dei suoi succhi gastrici, infatti, rischia di inattivarli. I vantaggi, invece, si ottengono quando raggiungono intatti l’intestino, dove favoriscono l’equilibrio della flora intestinale, chiamata oggi microbiota. Questo particolare tipo di fermenti che, dopo aver agito nell’alimento, prosegue la sua azione all’interno del nostro organismo, viene definito probiotico.
I benefici dei probiotici
In particolare, uno studio pubblicato nel 1998 su Nutritional Health è giunto alla conclusione che i probiotici non si limitano a favorire il benessere dell’apparato gastrointestinale. Sono anche in grado di controllare specifici disturbi, come la diarrea o la stipsi. Oltre a svolgere un’azione locale, questi batteri proteggono l’intero organismo attraverso il Galt (Gut associated lymphoid tissue), il tessuto linfatico associato alle mucose intestinali. Il Galt contiene tra il 40 e il 60% delle cellule del sistema immunitario. Si tratta di una complessa rete di difesa che ci protegge da batteri, virus, parassiti, tenendo alla larga le malattie. E ancora, i probiotici sono amici delle ossa. È quanto emerge da una ricerca condotta per vent’anni dai ricercatori dell’Università di Uppsala, in Svezia, su oltre 60mila donne e pubblicata nel 2014 sul British Medical Journal, secondo la quale il consumo regolare di yogurt, kefir e panna acida riesce a garantire una protezione dall’osteoporosi e quindi dalle fratture dell’anca.
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