I cibi del buonumore per affrontare meglio anche le situazioni più complicate. Musi lunghi, luna storta, umore sotto i tacchi. In tempo di pandemia e di isolamento forzato capita più facilmente di sentirsi giù di morale. E non è solo un luogo comune, ma un dato di fatto confermato da varie ricerche. Per esempio, lo studio pubblicato lo scorso gennaio su Plos One e condotto dai ricercatori dell’Università di Padova, in collaborazione con l’Irccs Santa Lucia di Roma, su oltre mille persone, ha evidenziato, nel periodo di emergenza sanitaria, un significativo incremento dei disturbi dell’umore.
La buona notizia, però, c’è. Portare in tavola alcuni alimenti può aiutare a ritrovare il sorriso. È una questione di palato, di suggestioni, di ricordi, ma soprattutto è una questione di reazioni chimiche che determinati cibi sono in grado di innescare nel nostro organismo. Paladina della dieta del buonumore è stata Jo Pratt, chef e foodwriter, autrice del libro In the mood for food, diventato un caso editoriale. Una moda passeggera? Non proprio, visto che la cucina della felicità è in realtà un mix di sane abitudini alimentari, correlate alla tradizione mediterranea e al rispetto della stagionalità degli alimenti.
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I cibi del buonumore: il ruolo degli ormoni
Alcuni cibi aiutano a regolare il tono dell’umore influenzando i neurotrasmettitori, una sorta di messaggeri che agiscono nel cervello. «Tra questi ultimi si annoverano la serotonina, nota anche come ormone del buonumore, e la dopamina, la molecola del piacere, che fa sentire soddisfatti e appagati». Francesco Francini è medico dell’unità operativa di dietetica e nutrizione clinica dell’Azienda Ospedale Università di Padova.
«La prima viene sintetizzata a partire dal triptofano, un aminoacido. Si tratta cioè di un “tassello” che compone le proteine. È definito essenziale perché l’organismo non riesce a produrlo in modo autonomo e deve introdurlo attraverso l’alimentazione. La seconda viene, invece, sintetizzata a partire dall’aminoacido tirosina, che a sua volta si forma a partire da un altro aminoacido, la fenilalanina».
Quali sono i cibi più ricchi di triptofano?
Secondo il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), tra gli alimenti più ricchi di triptofano si annoverano:
- orata,
- pollo,
- tacchino,
- funghi,
- legumi,
- frutta a guscio, come noci, mandorle, arachidi e anacardi.
In particolare, uno studio durato dieci anni, pubblicato nel 2019 sull’European Journal of Nutrition e condotto da un gruppo di ricercatori spagnoli su quasi 16mila persone, ha correlato una moderata assunzione di noci a una diminuzione del 23% del rischio di depressione.
Per assumere il triptofano servono i carboidrati
Ma c’è di più. «Dopo essere passato dalla bocca al sangue, il triptofano riesce a raggiungere più facilmente il cervello in seguito all’assunzione di alimenti ricchi di carboidrati, come pasta, pane, cereali, patate»
Gli abbinamenti classici, in questo senso, funzionano a meraviglia: pasta e fagioli, tagliatelle ai funghi, pollo con patate consentono di fare scorte di triptofano e degli elementi che facilitano il suo arrivo al cervello. Ciò non significa, naturalmente, che la soluzione ai giorni no sia quella di buttarsi a capofitto sulla frutta secca (che fa bene nelle giuste dosi, ma è altamente calorica) o prendere d’assalto la confezione di biscotti a caccia di sensazioni appaganti. Il buonumore durerebbe poco e in molti casi l’abbuffata è destinata a suscitare un malessere ancora peggiore, aggravato dal senso di colpa.
E la tirosina? Come suggerisce il Crea, una buona quantità di tale aminoacido si può trovare in alcuni cibi, come orata, banane, formaggi (soprattutto grana, gorgonzola, pecorino), yogurt, uova.
Pesce azzurro e noci per una mente in forma
Un ruolo importante nel tenere alla larga la malinconia lo giocano anche gli omega 3, acidi grassi essenziali contenuti soprattutto:
- in alcuni pesci (aringhe, sgombro, tonno, acciughe, sardine, salmone),
- nelle noci,
- nel germe di grano,
- nell’olio di semi di lino.
Vari studi scientifici hanno dimostrato la loro importanza nel miglioramento della depressione e dell’ansia. «Gli omega 3 sono un prezioso alleato del cervello. Supportano la plasticità delle sinapsi, le giunzioni che collegano i neuroni tra loro, influenzando positivamente l’umore, ma anche l’apprendimento e la memoria».
Attenzione ai grassi cattivi
Al contrario, i grassi «cattivi», come trans e saturi, sono accusati di avere un effetto negativo sulle sinapsi. Un motivo in più per non abbuffarsi al fast food, come sostiene anche uno studio pubblicato nel 2015 sul Journal of Health Psychology e condotto dai ricercatori dell’Università della California su circa 5mila persone. I ricercatori hanno evidenziato come mangiare «cibo spazzatura» sia correlato a una flessione dell’umore e a un aumento dell’aggressività. Ad analoghe conclusioni era giunta anche una precedente ricerca. Presentata nel 2013, aveva sottolineato come il consumo di hamburger e patatine fritte rischiasse di favorire un pessimo umore soprattutto nelle donne. Le cose non vanno meglio con quelli che il nutrizionista Stefano Erzegovesi, nel suo libro La dieta della mente felice (Vallardi), definisce «cibi giocattolo». Si tratta di merendine confezionate, dolci da bar, spuntini da macchinetta. Per regolarsi nella loro assunzione l’esperto suggerisce di utilizzare la regola della giostra. Prodotti industriali raffinati solo nei giorni di festa, massimo una o due volte alla settimana.
I cibi del buonumore: le vitamine antistress di uova e spinaci
Un valido antidoto contro lacrime e malumori sono senza dubbio vitamine e minerali, contenuti in abbondanza nella verdura e nella frutta, ma non solo. Nel dettaglio, particolarmente benefiche sono le vitamine del gruppo B (soprattutto B6 e B12), E, C. Poca vitamina B12 si associa, in particolare, a un rischio di depressione doppio rispetto a chi non ha deficit. Una buona quantità di questo micronutriente si trova in cibi di derivazione animale, come carne, uova, latte e latticini, ma anche nelle vongole o in pesci come sardine, tonno o salmone. Per i vegani un’opportunità di assumerla arriva dagli alimenti fortificati con vitamina B12, come i cereali o il latte di soia. Anche una carenza di vitamina B6 rischia di aumentare il livello di ansia e irritabilità. Per non correre rischi meglio fare il pieno portando in tavola gli alimenti che ne sono ricchi, come cereali e farine integrali, lenticchie, latte, e tanti prodotti dell’orto come spinaci, broccoli, fagiolini, carote.
Il ruolo dei vegetali di colore rosso e blu
Particolarmente utili a scacciare la tristezza sono anche i vegetali che contengono antociani. Sono pigmenti che conferiscono il colore rosso-blu, presenti in elevate quantità in ribes, ciliegie, uva rossa, more, lamponi, fragole, cavolo rosso, melanzane. Secondo uno studio pubblicato nel 2018 su Molecules e condotto dagli esperti dell’Università di Catania, un menù ricco di queste sostanze risulta associato a una diminuzione del 39% del rischio di depressione.
I cibi del buonumore: i sali minerali
Tra i minerali benefici, al primo posto c’è il magnesio, che modula l’attività del sistema nervoso e sostiene il tono dell’umore, soprattutto nei momenti di stress. Uno studio pubblicato nel 2006 su Medical Hypotheses e realizzato da esperti di Austin, in Texas, segnala che la carenza di questo minerale è tra le principali cause di depressione e di problemi relativi alla salute mentale. Una ricerca comparsa nel 2013 su Pharmacological Reports e condotta dagli scienziati dell’Università di Lublino, in Polonia, getta luce sull’effetto positivo del nutriente nel caso di pazienti depressi. Per introdurre la giusta quantità quotidiana di magnesio è bene puntare su un’alimentazione che includa ortaggi, legumi, frutta secca e fresca. Tra le verdure, vanno privilegiati soprattutto spinaci, zucchine, bieta, broccoli, che ne sono ricchi.
Fibre e batteri buoni per un intestino felice
Infine, i nuovi studi si concentrano sull’asse intestino-cervello, perché gli esperti hanno scoperto che un’inclinazione all’insoddisfazione e ai mugugni può partire dal basso. Da quello che, non a caso, è stato definito «secondo cervello» una sorta di intelletto viscerale, del quale parla in dettaglio il volume La pancia lo sa (Sonzogno), scritto dal gastroenterologo Silvio Danese. Uno studio condotto nel 2015 dall’Associazione italiana gastroenterologi ospedalieri in collaborazione con la Società argentina di gastroenterologia ha mostrato che il 14,5% dei pazienti affetti da sindrome dell’intestino irritabile soffre di depressione e addirittura il 35,9% di ansia. Da tutto ciò si comprende perché è utile che nell’alimentazione non manchino i probiotici, ovvero i batteri «buoni», amici dell’intestino, appartenenti soprattutto alle famiglie di Lactobacilli, Streptococchi, Bifidobatteri. Ne sono una fonte naturale i cibi fermentati, come yogurt, kefir, miso, ma anche un’abbondante assunzione di fibre, contenute soprattutto in verdura e frutta, può favorirne la presenza.
Il cioccolato fondente
E, se nel corso della giornata si affacciasse la voglia di dolce? Sono concessi due-tre quadratini di cioccolato fondente (con cacao minimo al 70%). Contiene triptofano e una piccola quantità di caffeina e teobromina, sostanze energizzanti, che danno la carica stimolando il sistema nervoso. Non per niente il cacao è considerato il comfort food per eccellenza, di cui Scott Spencer nel romanzo Un amore senza fine scriveva: «Imparai ad allontanarmi da molti lussi… Uno però non moriva mai (lo tenevo protetto come una specie animale sull’orlo dell’estinzione) ed era il mio amore per il cioccolato».
Le diete drastiche collegate alla depressione
Solo il fatto di mettersi a tavola per soddisfare l’appetito ha un’azione positiva sull’umore. La masticazione rilascia endorfine. Queste sostanze rischiano di calare in caso di diete troppo drastiche (sotto le 1.200 calorie al giorno), facendo scendere, oltre all’ago della bilancia, anche l’umore. A confermarlo è, per esempio, uno studio pubblicato nel 2014 su Plos One. I ricercatori hanno evidenziato un incremento della depressione nel 52% dei partecipanti nei quattro anni successivi. «Il consiglio è di optare sempre per un’alimentazione varia ed equilibrata. In questo modo saranno apportati tutti i nutrienti indispensabili al buon funzionamento del nostro organismo, rendendolo anche più forte nei confronti delle infezioni».