Consumare carne rossa in grande quantità aumenterebbe fino al 40 per cento il rischio di sviluppare insufficienza renale, secondo uno studio condotto dalla National University of Singapore e pubblicato sul Journal of the American Society of Nephrology. Abbiamo chiesto un commento, e approfondito l’argomento, con l’esperto di OK Carmine Zoccali, responsabile dell’Unità CNR “Epidemiologia clinica e fisiopatologia delle Malattie renali e dell’Ipertensione arteriosa” di Reggio Calabria (puoi chiedergli un consulto qui). È attualmente Editor in Chief di Nephrology, Dialysis and Transplantation, organo scientifico ufficiale dell’European Renal Association (ERA-EDTA) ed è stato eletto Presidente della stessa Associazione per il triennio 2017-2020.
Secondo un recente studio della National University of Singapore mangiare troppa carne rossa aumenta il rischio d’insufficienza renale. Quali sono i punti chiave di questa ricerca?
Questo studio ha preso in esame 63.257 cinesi adulti che vivevano a Singapore, suddividendoli in “quartili” (“quartile” è un gruppo che mette insieme 1/4, cioè il 25% per cento, della popolazione). In altri termini è stato raggruppato il 25% della popolazione che consumava poca carne rossa, il 25 per cento che aveva un consumo intermedio-basso, il 25 per cento che aveva un consumo intermedio-alto e il restante 25 per cento che aveva un consumo alto. Sono stati quindi registrati i nuovi casi di malattia renale cronica nei successivi 15 anni in ciascuno dei quattro quartili. I risultati hanno rivelato che un elevato consumo di carne rossa (quarto quartile) è associato a un aumentato rischio, pari a circa il 40 per cento, d’insufficienza renale, rispetto a chi invece ne consumava le quantità più basse (il primo quartile).
Possiamo affermare che la carne rossa aumenta il rischio di malattie renali?
Prima di trarre conclusioni e di fare raccomandazioni per i pazienti questi dati, relativi alla ricerca di Singapore, vanno confermati in altre popolazioni. Alcune ricerche relative a un Paese, spesso non vengono confermate in un altro. Per il momento questo studio ha acceso una lampadina d’interesse sul problema, ma per ora, come si dice in gergo scientifico, può soltanto generare ipotesi.
Questo studio solleva il problema, ma non dà nessuna certezza. Oltre a essere circoscritta a un’unica popolazione, questa ricerca ha un’altra debolezza e cioè che non distingue tra carni rosse fresche e lavorate, che è una differenze fondamentale per il rischio di altre malattie, per esempio i tumori. È anche noto che un consumo eccessivo di carne rossa fresca di per sé può dare problemi cardiovascolari e può aumentare il rischio di diabete. La ricerca di Singapore non fa distinzioni tra carni fresche e lavorate e quindi non permette di capire in che misura l’ipotetico rischio dei reni di ammalare legato al consumo di queste carni dipenda dalla carne fresca o dalla carne lavorata. Questo è un punto da chiarire negli studi futuri.
Qual è la situazione relativa al consumo di carne rossa in rapporto alle malattie renali croniche in Italia e in Europa?
Questo è un altro punto debole della ricerca. Nel quartile più alto, cioè nel 25 per cento della popolazione dove il consumo di carne rossa era più alto, in media si consumavano circa 48 grammi di carne rossa al giorno. In Italia il consumo di carne bovina è molto alto: circa 100 grami al giorno per gli uomini e 70 grammi le donne. Gli italiani consumano più carne rossa rispetto al gruppo di cinesi che hanno sviluppato il maggior rischio di contrarre malattie renali croniche. Se fosse vero, noi italiani dovremmo preoccuparci, però la situazione è diversa. In un grande studio epidemiologico paneuropeo recentemente è emerso che l’Italia è tra i paesi con la più bassa frequenza di malattia renale cronica, un fatto che contrasta con l’ipotesi che un alto consumo di carni rosse sia dannoso per i reni.
Inoltre in un altro studio recente nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare è stato osservato un risultato esattamente opposto a quello di Singapore: chi consumava più carne rossa aveva meno rischio di sviluppare danno renale.
Che cosa può danneggiare il buon funzionamento renale?
I reni sono inseriti nell’organismo e un’alimentazione errata con eccessivo apporto di calorie e grassi animali per lunghi periodi può determinare diabete, colesterolo alto e pressione alta. Un regime alimentare ricco in sale e grassi provoca danni vascolari estesi, al cuore, agli arti, alla circolazione del cervello e ovviamente a quella renale. Il rene è un organo tutto vascolare e soffre quando c’è un’alimentazione inadeguata.
L’obesità è tra le cause principali di malattie renali croniche a livello mondiale, seguita da diabete e ipertensione. Quindi, i motivi per cui bisogna alimentarsi bene sono tanti, non soltanto per proteggere i reni. Le stesse cause che innescano le malattie cardiovascolari, come l’infarto cardiaco, innescano anche le malattie renali.
Contrarre una malattia renale cronica significa che ci sarà una caduta della filtrazione dei reni oppure segni di danno renale. Non ci sono cibi specifici che aumentano il rischio di contrarre malattie renali croniche, ma per il buon funzionamento dei reni vale la regola di sempre: mangiare bene e variare la qualità dei cibi, tanta frutta e verdura, pochi grassi e alcool. Il consumo di carni rosse deve essere limitato, come raccomanda l’Organizzazione mondiale della sanità, soprattutto per il rischio di cancro, specialmente il cancro del colon (per saperne di più sul legame tra carni lavorate e cancro leggi qui).
E per quanto riguarda l’idratazione?
Un tempo si diceva che chi soffriva d’insufficienza renale doveva bere di più. Questa raccomandazione era dettata da convinzioni dei clinici dell’inizio del XX secolo che una diuresi alta potesse facilitare l’eliminazione di ipotetiche tossine. Alcuni studi osservazioni – studi dello stesso tipo di quello sulle carni rosse che abbiamo discusso – apparentemente supporterebbero queste convinzioni. In realtà non esiste nessuna solida prova scientifica che bere di più protegge i reni. In breve, si deve bere nella misura giusta, ovvero “obbedire” agli stimoli della sete. Gli anziani che possono avere il senso della sete alterato, devono sforzarsi a introdurre una quantità di liquidi più alta nei mesi estivi, quando si suda, se ci sono malattie diarroiche e malattie febbrili in generale. Bisogna stare attenti a mantenere la giusta idratazione, ma non c’è nessuna prova scientifica che sovra-idratarsi possa proteggere i reni.
Eliana Canova
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