Molti pensano che sia sufficiente una bella passeggiata in riva al mare, specie quando le onde s’infrangono sugli scogli, e respirare a pieni polmoni l’aria salmastra per fare il pieno di iodio. Ma quanto c’è di vero in questa convinzione? «Purtroppo molto poco: l’acqua del mare è sì ricca di iodio, e una piccola quantità di questo sale minerale evapora e viene respirata, tuttavia lo iodio presente nell’aria è scarsamente disponibile», afferma Anna Maria Formenti, specialista in endocrinologia e malattie del metabolismo all’Università Vita-Salute-San Raffaele di Milano. La fonte principale di questo elemento chimico, quindi, è rappresentata dall’alimentazione, ma non sempre quello che mangiamo è sufficiente a coprire il fabbisogno.
Alterazioni ormonali
Ma perché lo iodio è tanto importante? Perché viene utilizzato dalla tiroide per la sintesi degli ormoni tiroidei, fondamentali per regolare il metabolismo, controllare la temperatura corporea, incidere sul ciclo mestruale e sulle funzioni del sistema nervoso e di quello cardiovascolare. Quando questo minerale scarseggia, la ghiandola posta nel collo (una sorta di centralina dell’organismo), funziona male e si può andare incontro a una serie di problemi: primo fra tutti il gozzo, un aumento di volume della tiroide, ma anche ipotiroidismo e noduli. Difficile accorgersi di una carenza, che viene individuata con certezza grazie a esami specifici come la ioduria (il dosaggio dello iodio nelle urine) e il dosaggio degli ormoni tiroidei, che contengono lo iodio nella loro struttura chimica. Ma non vanno sottovalutati alcuni sintomi come l’aumento di peso, la stanchezza, la scarsa concentrazione, gli sbalzi d’umore e anomalie nel battito cardiaco.
Condire con il sale a crudo
La prevenzione si fa a tavola. Fin dallo svezzamento, le persone in buona salute non devono rinunciare al sale, ovviamente quello iodato, e naturalmente senza esagerare con le quantità per non subire gli effetti collaterali del sodio, dalla ritenzione idrica all’ipertensione arteriosa: 3-5 grammi al giorno sono la quantità ideale. «Il sale iodato è un normale sale salgemma o marino al quale viene aggiunto iodio chimico, di sintesi», spiega l’endocrinologa. «Molti pensano che lo iodio sia contenuto naturalmente in altri tipi di sale come quello integrale, quello rosa himalayano, o altre qualità più esotiche e pregiate come il nero hawaiiano, il blu persiano. In realtà, nessuna di queste varietà contiene iodio o tutt’al più ne contiene piccole tracce. Ecco perché il modo migliore per assumerlo è attraverso la dieta e attraverso il sale addizionato». La raccomandazione è di usarlo a crudo per non disperdere i benefici attraverso il calore, mentre per le cotture si può fare a meno di sale ricorrendo a spezie, erbe aromatiche e altri insaporito privi di sodio.
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La dieta salva-tiroide: cibi sì
Oltre a un pizzico di sale iodato, per fare il pieno di questo oligoelemento vanno scelti alcuni cibi che ne sono ricchi. «Una dieta equilibrata, che preveda due porzioni di pesce alla settimana, latte tutti i giorni e due-tre porzioni di formaggio alla settimana, garantisce in media il 50-60% del fabbisogno», sottolinea Anna Maria Formenti. «Semaforo verde, quindi, per il pesce di mare, i crostacei e le alghe». Non servono quantità eccessive: 150 grammi di pesce sono già sufficienti. Lo iodio è presente anche nei cereali, nella frutta, nel latte e in piccole dosi anche nella carne. Le concentrazioni, però, sono in proporzioni variabili: dipende dalla ricchezza del terreno o dei mangimi utilizzati. Le alghe, invece, sono perfette per chi sceglie un’alimentazione vegetariana ma sono ancora poco utilizzate nella nostra cultura alimentare e più diffuse nel Nord Europa e in Asia. Non bisogna eccedere nel consumo (basta mangiarle una volta alla settimana) per evitare un surplus di iodio e conseguenti problemi alla tiroide.
La dieta salva-tiroide: cibi no
Cibi da evitare, invece, non ce ne sono. «Esistono però alimenti che, assunti in grandi quantità, possono interferire con l’assimilazione dello iodio e riducono la produzione degli ormoni tiroidei. Tra questi ci sono le crucifere, come i cavoli e i broccoli, poi la soia e gli spinaci», continua la specialista. «Si tratta comunque di cibi con proprietà benefiche che non vanno eliminati dalla dieta».
Integratori solo se prescritti dal medico
Sale iodato e alimentazione varia con il giusto apporto di pesce già da soli sono in grado di scongiurare nella maggior parte delle situazioni una carenza del minerale. Negli altri casi può rendersi necessaria un’ulteriore integrazione. «La scelta di assumere un integratore alimentare contenente iodio non può essere frutto di iniziativa personale», ammonisce Anna Maria Formenti. «È sempre necessario chiedere il parere di un medico che valuterà la singola situazione. L’obiettivo di questi prodotti è quello di favorire il normale ripristino delle funzioni tiroidee, accelerare il metabolismo e combattere, tra gli altri sintomi, il sovrappeso. Ma l’esposizione a eccessive quantità di iodio potrebbe essere mal tollerata dall’organismo e provocare l’effetto contrario: ipertiroidismo, tiroiditi e altri disturbi del metabolismo».
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Carenza per 6 milioni di italiani
Secondo l’ultima ricerca dell’Osservatorio nazionale per il monitoraggio della iodoprofilassi (Osnami), il 29% della popolazione mondiale è esposto alla carenza di iodio e in Italia il deficit riguarda il 12% della popolazione: circa 6 milioni di persone, soprattutto donne e bambini.
Ma quanto iodio serve per stare bene?
Secondo i Larn (i Livelli di assunzione raccomandati di nutrienti) il fabbisogno giornaliero di iodio nell’adulto è di 150 microgrammi (il microgrammo è un milione di grammo), nel bambino e nell’adolescente è tra i 90 e i 130 microgrammi, mentre aumenta fino a 200 microgrammi al giorno in gravidanza e fino a 220 durante l’allattamento, necessario per un corretto sviluppo neurocognitivo del feto e del neonato.
La iodoprofilassi in Italia
Anche secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità in una buona parte della popolazione italiana si riscontra un deficit che può portare a malattie della tiroide. Ecco perché a partire dal 2009 l’Iss ha disposto, in accordo con le linee guida elaborate dall’Organizzazione mondiale della sanità, di integrare il normale sale da cucina con iodio.
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