Alimentazione

Banana: tutti i benefici del primo superfood della storia

Nato in America per motivi di marketing, il termine è oggi un'etichetta per tutti i frutti che hanno proprietà nutrizionali superlative. Scopri quelle della banana

Se vi chiedessero di indovinare com’è nato il termine super food, forse vi piacerebbe immaginare un super esperimento scientifico piuttosto che una super montatura pubblicitaria. Eppure, racconta un articolo pubblicato dall’Università di Harvard, è proprio per ragioni promozionali che fu lanciato il primo super cibo della storia: la banana.

La nascita del «superfood»

Pratica, nutriente, economica e digeribile, sono le caratteristiche con cui la descrisse la United Fruit Company (oggi Chiquita) nei primi anni del XX secolo per promuoverne l’esportazione dall’America centrale verso il Nord e convincere i consumatori ad acquistarne di più. «Perfetta nei cereali a colazione, ma anche a pranzo nelle insalate oppure fritta a cena accanto alla carne», recitava lo slogan dell’epoca. 

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«Evidenziare ed esagerare le caratteristiche nutrizionali di un alimento a scopi commerciali è una strategia di marketing tanto moderna quanto antica», conferma Laura Prosperi, storica dell’alimentazione e coordinatrice e docente del master Cibo e Società dell’Università Milano-Bicocca. «È stato fatto con la banana, ma anche con gli spinaci, di cui si pubblicizzava il contenuto in ferro, o decenni dopo con il kiwi, per la vitamina C. Oggi si fa con tutti i nuovi super food esotici». 

Banana, il primo superfood della storia

La banana è stata il primo super food della storia, ma anche il primo frutto esotico che si è consolidato in Europa. «Da quando è iniziata la sua esportazione massiva, intorno al secondo dopoguerra, l’abbiamo adottata e mai più lasciata», continua l’esperta. «Altri frutti esotici arriveranno dopo, ma nessuno è diventato trasversale e di uso comune come la banana. Le mamme la mettono nello zaino dei figli per la merenda a scuola. Gli sportivi la mangiano prima di andare a correre. E chiunque la taglia a fettine per fare una macedonia».

Si è talmente radicata nelle nostre case e al nostro Paese che non la consideriamo nemmeno più un frutto esotico. A maggior ragione perché da qualche anno viene coltivata anche in Sicilia e in Calabria. «Oggi il suo valore nutrizionale è così ovvio che non è più necessaria alcuna campagna di marketing per ricordarcelo», sottolinea Prosperi. E la scienza, che in altri casi ha smentito le montature pubblicitarie (in primis quella sugli spinaci, che non sono poi così ricchi di ferro), nel caso della banana non solo non ha scalfito la sua buona reputazione, ma l’ha persino migliorata, facendole guadagnare definitivamente il titolo di super food.

La banana spegne le infiammazioni intestinali

Lo sa bene Enzo Spisni, docente all’Università di Bologna e direttore del Laboratorio di fisiologia traslazionale e nutrizione, che alla banana e al suo ruolo antinfiammatorio, specialmente nei confronti della flora batterica intestinale, ha dedicato un capitolo del suo ultimo libro, I magnifici 20 per le tue difese (Sonzogno). «La storia di questo frutto è piuttosto lunga, ma uno dei primi studi ad analizzarne gli effetti sulla composizione del microbiota risale al 2011», fa sapere Spisni. «La ricerca, pubblicata sulla rivista Anaerobe, dimostrò che una banana al giorno aveva l’effetto di aumentare la presenza di bifidobatteri nell’intestino. Microrganismi buoni, ma che purtroppo non crescono così facilmente nella nostra pancia». 

Più recentemente, invece, ricerche scientifiche hanno documentato il suo ruolo da protagonista nei confronti delle Malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI). Come il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa. «Dato che la regolarità intestinale è un grosso problema in chi soffre di MICI, perché i pazienti hanno un alvo diarroico e un forte disequilibrio nel microbiota associato a un’infiammazione che va a incidere sulla gestione e sui sintomi di entrambe le patologie, la banana è perfetta perché è in grado riportare equilibrio e regolarizzare l’intestino», aggiunge l’esperto. «Pensate che un gruppo di scienziati israeliani ha elaborato una dieta specifica per i pazienti con Crohn (denominata dieta CDED). Ha inserito al suo interno addirittura due banane al giorno. Anche nelle primissime fasi della dieta. Quando la malattia è ancora molto attiva e sono ammessi solo pochi alimenti». 

La banana: matura o acerba?

Allontanandoci dalle malattie infiammatorie, il frutto è un ottimo rimedio anche se si va troppo o troppo poco in bagno. Basta mangiarla del colore giusto. «Se ben matura, quindi gialla con venature marroni sulla buccia, è un buon rimedio per le feci eccessi­vamente molli», suggerisce Spisni. «Se invece viene mangiata acerba, quindi verdognola, perde questo effetto e diventa un frutto ricco di fibra che favorisce la motilità intestinale in caso di stitichezza».

La fibra è lo stesso motivo per cui una banana ancora un po’ verde può essere adatta a chi sta seguendo una dieta per abbassare la glicemia. Mentre per quanto riguarda le quantità, il suggerimento del nutrizionista è «di arrivare anche a una banana al giorno nei periodi invernali. Per scendere a un paio di banane alla settimana nella stagione estiva». 

La banana fa bene al cuore

La banana si dimostra utile in particolare nelle diete occidentali, «generalmente troppo ricche di sodio in rapporto con il potassio. Un disequilibrio che rappresenta un fattore di rischio cardiovascolare», interviene Alessandro Colletti, del dipartimento di scienze e tecnologie del farmaco dell’Università degli Studi di Torino. «Contenendo circa un milligrammo di sodio e 400 millilitri di potassio, una banana gioca quindi un ruolo protettivo. Tanto che uno studio pubblicato su Plos One ha rilevato che chi consuma banane con frequenza ha un rischio cardiovascolare del 40% inferiore rispetto a chi non lo fa regolarmente». Inoltre, il frutto tropicale copre oltre il 10% del fabbisogno quotidiano di vitamine C, B6, B9 e di rame. 

Perfetta per i tennisti

Chi pratica sport sembra non poterne fare a meno, dopo che al Roland Garros del 1989 il tennista statunitense Michael Chang stupì il mondo mangiando una banana tra un set e l’altro. Finendo oltretutto per vincere il torneo parigino. Il merito non è tanto quelli di tenere lontani i crampi (più un sentito dire che una verità scientifica), quanto quello di essere un’ottima fonte energetica. Specialmente se si praticano sport aerobici che vanno oltre l’ora di durata, come le gare podistiche o le partite a tennis.

«Le linee guida dell’International Sports Science Association», riprende Colletti, «indicano che durante l’attività sportiva, se dura più di 60 minuti, il quantitativo corretto di carboidrati da assumere dovrebbe essere intorno ai 30 grammi all’ora. Una banana da 120-150 grammi ne apporta circa 25. Di cui 15 semplici, una sorta di benzina pronta all’uso, e 10 complessi, che invece forniscono energia più lentamente».  

Come scegliere al supermercato

È dunque una buona idea portare la banana in tavola, in borsa o nella sacca della palestra: ma come sceglierla? «Esclusa l’esigua quota di caschi prodotti nel nostro Paese», torna a spiegare Spisni, «la maggior parte delle banane proviene da luoghi in cui si fa un uso poco controllato di pesticidi e in cui c’è poca eticità a livello di manodopera. Il mio consiglio, di fronte a banane non coltivate in Italia, è quindi quello di prediligere un prodotto biologico. Con un’esigua differenza di prezzo (le biologiche costano circa 2-3 euro al chilo, quelle “tradizionali” un 1,5-2, ndr), si guadagna in salute. Perché nel bio i limiti sulla quantità di pesticidi sono molto più bassi».

«Altrimenti, mangiare una banana ricca di residui significa vanificare l’effetto dei suoi componenti buoni. Perché i pesticidi agiscono esattamente all’opposto e danneggiano il microbiota e quindi l’alvo intestinale». Per trovare le banane bio non è necessario recarsi in catene specializzate. Ormai l’alternativa si trova in qualsiasi supermercato della grande distribuzione. 

Come conservare la banana

Una volta acquistata e portata a casa, invece, non bisogna metterla nel frigorifero, perché il freddo ne blocca totalmente la maturazione. È pur sempre un frutto nato e cresciuto al caldo. «A meno che non abbiamo già una banana molto matura che rischia di marcire e vogliamo mangiarla dopo qualche ora, non conserviamola mai a bassa temperatura», conclude Colletti. «Altrimenti non maturerà più. Nemmeno una volta tirata fuori dal frigo».

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