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Valentina: «A 34 anni ho ricevuto la diagnosi di Parkinson»

Valentina Margio, 38 anni, impiegata in un negozio di telefonia, vive a Paiane (Belluno), con il marito Massimo e il figlio Angelo, avuto nel febbraio 2020, due anni dopo la diagnosi di Parkinson.

A 34 anni ho ricevuto la diagnosi di Parkinson

Dici Parkinson e pensi a una malattia che colpisce gli anziani. E invece quando ho scoperto di esserne affetta avevo appena 34 anni. Stavo vivendo un bel periodo, da poco tempo avevo incontrato Massimo, un uomo di cui mi stavo innamorando, e, concentrata sulla mia vita, non davo peso a dei sintomi quasi impercettibili. A tratti la mano destra era come insensibile e spesso avvertivo un dolore cervicale per cui ricorrevo agli antinfiammatori, senza risultati. Fu il medico di base a consigliarmi una visita specialistica e ho ricevuto la diagnosi di Parkinson da un neurologo nel dicembre 2017. Ricordo il mio totale smarrimento. Nello studio medico mi sono aggrappata allo sguardo di mia madre per non lasciarmi trascinare via dall’onda di terrore che mi ha colto ascoltando le parole dello specialista. Mi disse che avrei dovuto sottopormi a esami più approfonditi per confermare il verdetto.

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Ho iniziato a soffrire di attacchi di panico

In ospedale pensavo che avrei preferito rimanere lì piuttosto che uscire e affrontare tutte le difficoltà che la vita quotidiana mi avrebbe riservato a causa della malattia. Tempo otto giorni fui dimessa con la conferma della diagnosi iniziale. Non avevo scampo, dovevo affrontare ciò che mi stava accadendo. Davanti a me vedevo solo nero e vuoto, nonostante la presenza di Massimo, che, anziché allontanarsi, mi dava forza, invitandomi ad affrontare i problemi uno alla volta, quando si sarebbero presentati. Eppure mi sentivo senza via di uscita, avevo la sensazione che tutto mi sfuggisse di mano, tanto che ho iniziato a soffrire di attacchi di panico. Uno dei momenti più dolorosi è stato decidere, come gesto d’amore, di affidare la mia cagnolina Costa a un’altra famiglia: il legame tra noi era talmente forte che è stata la prima a risentire della mia sofferenza e non volevo che patisse le mie pene.

Mi ha aiutata molto l’EMDR

La mia salvezza è stato un percorso di psicoterapia che ho intrapreso di lì a poco. Ho capito che anziché subire passivamente ciò che la malattia mi avrebbe riservato potevo decidere di affrontare in modo consapevole le mie emozioni. Ho iniziato a documentarmi per capire cosa stesse accadendo dentro di me, come il Parkinson avrebbe agito nel mio corpo. Articoli, testi scientifici, testimonianze: leggevo di tutto. È stato faticoso, ma molto utile per razionalizzare la paura che provavo di fronte a qualsiasi sintomo. Poi la svolta è arrivata con l’EMDR, una tecnica che si focalizza sui ricordi del trauma e, mediante l’utilizzo di movimenti oculari o di altre forme di stimolazione, desensibilizza la carica emotiva negativa dei ricordi. Questa tecnica mi ha permesso di liberarmi dal peso di rivivere ogni giorno il trauma della diagnosi. Ci sono voluti mesi di terapia perché capissi che avere il Parkinson non mi rendeva inferiore agli altri e che potevo trovare un diverso equilibrio.

Sono rimasta incinta e durante la gravidanza i sintomi non sono peggiorati

Il percorso è stato così efficace che mi ha permesso di trovare una nuova serenità e a distanza di poco più di un anno dalla diagnosi di Parkinson sono rimasta incinta. Accanto alla sorpresa e alla felicità sono arrivate anche tante domande: sarò in grado di tenere in braccio il mio bambino, di prendermi cura di lui? Mi tormentavo, con la rigidità che già sentivo a mani e gambe. Ma ho ricacciato questi pensieri godendomi ogni attimo. Durante la gravidanza i miei sintomi non sono peggiorati, anzi, ho attraversato uno stato di benessere che secondo i medici poteva essere collegato al livello di dopamina che si produce in modo fisiologico in gestazione e che in qualche modo compensava la riduzione provocata dal Parkinson. Quando ero al settimo mese un giorno mi ha chiamato un fotografo, Giovanni Diffidenti, per chiedermi di scattarmi delle foto per il progetto NonChiamatemiMorbo, una mostra fotografica promossa dalla Confederazione Parkinson Italia. Ero già parte dell’Associazione Italiana Giovani Parkinsoniani e ho accettato di slancio, sperando di poter essere d’aiuto nel sensibilizzare e creare informazione su questa malattia. E la prima volta che ho visto la mia foto alla mostra sono scoppiata a piangere dall’emozione.

Angelo è nato il 21 febbraio 2020, è stata una gioia immensa, anche se fin dall’inizio ho affrontato le difficoltà di gestire il bambino da sola a causa del lockdown iniziato dopo poche settimane, per il Covid-19. In quel periodo, in cui Massimo doveva lavorare, ho potuto far conto solo su me stessa: ho imparato a destreggiarmi nelle varie situazioni, iniziando a vivere il Parkinson non come un nemico, ma come una sfida quotidiana che mi insegna a tirare fuori la parte più forte e ingegnosa di me.

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