La variante BA.5 di Omicron sta tornando a far salire il numero di contagi anche nel nostro Paese, dopo aver fatto la stessa cosa in Gran Bretagna, Spagna e Germania. Ancora una volta è Milano la città più interessata, ma è il Friuli Venezia Giulia ad avere il tasso di crescita più alto d’Italia.
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Variante BA.5: scendono le difese sia dell’immunità da vaccino, sia quella naturale
La preoccupazione sale al ritmo del contagio, perché sappiamo che la protezione dei vaccini contro l’infezione scende al 22% dopo cinque mesi dall’ultima iniezione. Inoltre solo la metà dei cittadini si è sottoposto alla terza dose di vaccinazione contro Covid.
Anche la cosiddetta immunità naturale, cioè quella data dall’infezione, cala nel tempo. Diverse ricerche hanno confermato casi di reinfezioni da Covid già dopo 90 giorni dal tampone negativo. La nuova variante avrebbe tempi anche più brevi. Gli studi sono stati fatti solo sulla prima variante di Omicron.
Quali sono le persone più a rischio?
Ci sono poi categorie più a rischio. Le persone molto anziane e gli immunodepressi sviluppano infatti solo un piccolo numero di anticorpi contro la malattia. C’è anche chi ha una mutazione genetica che blocca l’azione dell’interferone. Si tratta di una molecola decisiva nel proteggerci dalle infezioni.
La variante BA.5 è più contagiosa delle altre
Tutti gli studi svolti finora sulla variante BA.5 dimostrano come sia più facilmente trasmissibile rispetto alle altre sottovarianti di Omicron. Ha almeno due mutazioni che le consentano di aggredire le cellule umane in modo più efficace. Una ricerca della Columbia University di New York ha scoperto che qualsiasi tipo di anticorpo è meno efficace contro questa sottovariante. Rispetto alla sottovariante BA.2 ad esempio ha una capacità di quattro volte superiori di eludere le difese del nostro sistema immunitario.
I sintomi sembrano simili a quelli di un raffreddore
«Si tratta di una variante più contagiosa, ma i sintomi delle infezioni legate a essa sono più lievi», spiega Fabrizio Pregliasco, virilogo dell’Università degli Studi di Milano. «I primi dati indicano che tende a replicarsi nelle prime via aeree. I sintomi sembrano quindi essere molto simili a quelli di un raffreddore. Ma questo non vuol dire – continua – che non possa causare forme più gravi, ma sembra essere meno probabile».
FONTE: Istituto Superiore di Sanità