Salute

Tabù psicologo: perché i giovani temono questa figura

Riconoscere di non farcela da soli è già un passo importante, segno di grande consapevolezza e maturità. Parola di psicologa

Lo stigma, i pregiudizi, il timore di sembrare deboli o matti e la paura di scoprire verità “scomode”. Sono questi alcuni dei tanti motivi per cui molti giovani tendono a rimandare la richiesta di aiuto a uno psicologo. Forti della convinzione di farcela da soli, non sono al corrente del fatto che, come in altri ambiti, un intervento precoce può davvero fare la differenza, sia rispetto alla prognosi sia alla durata di un intervento. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Paola Mosini, psicologa e psicoterapeuta di Humanitas Psico Medical Care.

Una figura non giudicante

Lo psicologo è una figura che in un clima di ascolto non giudicante, accoglie la domanda e i bisogni del paziente, formulando eventualmente una diagnosi e proponendo degli obiettivi da raggiungere durante un percorso di cura. Oggi però è ancora visto come un tabù. Il motivo sembra risiedere nella difficoltà a esplorare il proprio io e trovare risposte alle proprie domande. «Molti temono questo momento perché non si sentono pronti per intraprendere una terapia. In realtà una maggior consapevolezza di alcuni meccanismi disfunzionali è il primo passo per aprire al cambiamento e migliorare la nostra qualità di vita» afferma la dottoressa.

Gruppo San Donato

L’idea dei tempi indietro che chi si rivolgeva allo psicologo veniva additato come pazzo è tuttora presente, sicuramente meno, ma non ancora del tutto estirpata. «Ancora troppo spesso vediamo molte persone che hanno aspettato tanto, troppo, a chiedere un aiuto e aggravato significativamente le loro problematiche. È fondamentale che tutti sappiano che non si è matti perché si va dallo psicologo e dallo psichiatra. Siamo figure che possono collaborare insieme per raggiungere lo stesso obiettivo, ossia il raggiungimento di una condizione di benessere, fisico e psichico» continua.

Il problema principale, riprende Mosini è che «si teme il giudizio, degli altri e soprattutto del proprio, che spesso è il più severo.  Avere una gamba rotta o un’altra patologia “fisica” è una condizione che per quanto fastidiosa è facilmente comprensibile e tollerabile; essere ansiosi o depressi, ci fa sentire sbagliati, deboli. Questo perenno giudizio sui nostri stati d’animo e sulle nostre emozioni amplifica tantissimo il disagio e la sofferenza psichica».

Stimolare i giovani al supporto dello psicologo

Come abbattere questo tabù? Stimolando i giovani al supporto dello psicologo come supporto per una vita migliore e per affrontare con più serenità i problemi ad essa correlati. «Serve informazione, di qualità, e serve sviluppare una cultura in cui sia tollerabile il concetto di sofferenza psichica, così che non venga etichettata come forma di debolezza, ma come manifestazione della nostra “umanità”. Se cadiamo ci possiamo rialzare. Anche psicologicamente. È altresì importante fare formazione, agli insegnanti, ai genitori, nei luoghi di lavoro. Ci vorrà ancora tempo, ma siamo sulla buona strada» sottolinea la psicologa.

Nel concludere, la dottoressa lancia un messaggio incoraggiante ai giovani: «Fatevi avanti, parlate con qualcuno di cui vi fidate, insegnanti, genitori, e chiedete loro una mano, informandoli del vostro disagio per potervi poi rivolgere ove necessario a professionisti competenti. Riconoscere di non farcela da soli è già un passo importante, segno di grande consapevolezza e maturità».

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Beatrice Foresti

Giornalista pubblicista, collabora con OK Salute e Benessere, insieme ad altre testate. È laureata in Comunicazione, Media e Pubblicità all’Università IULM di Milano e ha da poco terminato un Master in Giornalismo alla RCS Academy. È appassionata di scrittura, radio, fotografia e viaggi.
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