Zaino in spalla, scarpe comode ai piedi e smartphone in mano per documentare tutto: Giorgio, giovane adulto che da almeno 15 anni soffre di spondilite anchilosante, è pronto a mettersi in gioco percorrendo, in soli sei giorni, oltre 120 chilometri lungo la Via degli Dei, un’antica strada militare che collega Bologna a Firenze. È questo il cuore del progetto Passi di SAlute, promosso da Novartis con il patrocinio delle principali Associazioni di pazienti con malattie reumatologiche, che intende accendere i riflettori sulle spondiloartriti, malattie infiammatorie croniche che colpiscono la colonna vertebrale e spesso anche le articolazioni periferiche degli arti superiori e inferiori. In questo gruppo di patologie rientra anche quella di Giorgio che, pur condizionandone inevitabilmente la quotidianità, non gli ha mai impedito di svolgere attività fisica.
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Il mal di schiena infiammatorio delle spondiloartriti spesso non viene riconosciuto
«Queste patologie reumatologiche si presentano, specialmente nelle prime fasi, con un sintomo estremamente comune nella popolazione generale, cioè il mal di schiena», interviene Carlo Selmi, Responsabile dell’Unità Operativa Reumatologia e Immunologia clinica in Humanitas e professore ordinario di Medicina interna all’Humanitas University di Milano. «Tuttavia quello caratteristico delle spondiloartriti è un dolore infiammatorio, che spesso compare prima dei 40 anni, persiste anche per più di tre mesi, si accompagna a rigidità mattutina che migliora con il movimento e tende a peggiorare con il riposo. Si tratta, quindi, di un disturbo ben diverso dalla “classica” lombalgia che insorge in età avanzata o in seguito a particolari sollecitazioni, come esercizio fisico, sforzi o sollevamento di oggetti pesanti. Spesso, però, il mal di schiena infiammatorio tipico delle spondiloartriti non viene riconosciuto, talvolta viene anche ignorato, e ciò porta a un ritardo diagnostico importante che influisce negativamente sull’approccio terapeutico», continua il professore.
Il pellegrinaggio da uno specialista all’altro senza ricevere risposte
Prima di arrivare al reumatologo, figura di riferimento per queste malattie, il paziente, il medico di famiglia e altri specialisti ai quali spesso ci si rivolge in cerca di risposte sottovalutano la sintomatologia riferita e la confondono con quella relativa ad altri disturbi, che con le spondiloartriti non hanno niente a che fare. «Purtroppo questo è dovuto anche al fatto che i farmaci antinfiammatori da banco consentono di tenere sotto controllo i sintomi, almeno nelle prime fasi della malattia: ciò porta il paziente stesso a non andare dal medico di base o, in caso contrario, molto spesso porta quest’ultimo a non comprendere la natura sottostante di quel dolore», commenta Roberto Caporali, Direttore del Dipartimento di Reumatologia e Scienze Mediche dell’ASST Gaetano Pini – CTO di Milano.
A confermarlo è Giorgio stesso che, come si diceva poco fa, da anni fa i conti con una patologia reumatologica cronica. «Nel mio caso la spondiloartrite è insorta in maniera molto blanda e, per fortuna o sfortuna, riuscivo a gestirla piuttosto bene con i classici antinfiammatori. Forse è stato anche questo che ha tratto in inganno me e i medici ai quali, negli anni, mi sono rivolto. Quando il dolore, però, è diventato davvero insopportabile e invalidante, tanto da non riuscire più a guidare, girare il collo da un lato e dall’altro o semplicemente stare sdraiato a letto, ho preso in mano la situazione, anche spronato da mia mamma, e ho iniziato a consultare ogni specialista possibile, dall’ortopedico al neurologo, fino ad arrivare finalmente al reumatologo, che ha immediatamente dato un nome alla mia patologia», racconta il ragazzo.
Passi di SAlute: il percorso, fisico e metaforico, di un paziente con spondiloartrite
Ed è proprio per porre maggior attenzione sulla patologia in modo da ridurre i tempi alla diagnosi e limitare le gravi conseguenze che mesi, o addirittura anni, di ritardi possono provocare che nasce Passi di SAlute. «Grazie al progetto di Novartis, Giorgio non solo compirà questo cammino fisicamente, macinando a piedi oltre 120 chilometri, ma lo farà anche metaforicamente, ripercorrendo il viaggio, spesso carico di sacrifici, rinunce, pianti, dolore e solitudine, che un paziente con una malattia reumatologica intraprende da quando insorgono i primi sintomi all’inizio delle terapie e a un raggiungimento di una buona qualità della vita», interviene Antonella Celano, Presidente di APMARR – Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare.
Una camminata con la spondiloartrite: le sei tappe di Giorgio
La prima tappa di Giorgio prevede un cammino di 28 chilometri, da Bologna a Monte Adone: durante questo tragitto il 37enne di Varese racconterà, sui canali @saichelasa di Facebook e Instagram e sul sito saichelasa/passidisalute i suoi primi “passi” con la patologia, da quando sono comparsi i primi disturbi. Nella seconda tappa di 24 chilometri da Monte Adone a Madonna dei Fornelli, si ripercorreranno le prime visite mediche e le difficoltà per ottenere una diagnosi, mentre nella terza tappa, da Madonna dei Fornelli a Passo della Futa, Giorgio racconterà della prima visita con il reumatologo e degli accertamenti fatti. Sul percorso dalla diagnosi all’inizio delle cure è incentrata la quarta tappa di 23 chilometri, da Passo della Futa a San Piero a Sieve, mentre la sua vita dopo la diagnosi ricevuta e il follow up medico saranno i “passi” percorsi nella quinta tappa, da San Piero a Sieve a Vetta le Croci. Infine, nell’ultimo step di 17 chilometri da Vetta le Croci a Firenze, il paziente parlerà della sua vita attuale, a 12 anni dalla diagnosi.
Solo con la condivisione delle conoscenze si può fare diagnosi precoce
«Il fine di questo prezioso progetto è la condivisione», continua il ragazzo. «Solo condividendo le conoscenze e le informazioni in nostro possesso oggi possiamo sensibilizzare i pazienti, le famiglie e i medici di famiglia, offrendo loro gli strumenti per diagnosticare precocemente queste patologie e intraprendere quanto prima le terapie, fondamentali per garantire una buona qualità della vita. Vogliamo essere più forti di una cronicità che ci tormenta ogni giorno dell’anno, per tutta la vita, e oggi, finalmente, siamo in grado di farlo».