Per la prima volta la Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, la Società di Medicina di Montagna e la Società di Medicina dei Viaggi e delle Migrazioni hanno fatto il punto sui benefici fisici e psicologici che il territorio montano offre, soprattutto con l’avvicinarsi del periodo estivo. Dopo due anni di pandemia, dai quali non siamo ancora usciti, c’è voglia di riappropriarsi della montagna e di godere nuovamente delle sue meraviglie naturali.
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Andare in montagna fa mente alla mente
Dal punto di vista mentale, frequentare i luoghi di montagna può essere d’aiuto per mettersi alla prova e prendere maggior consapevolezza del proprio corpo attraverso le mete, gli step, la fatica. Nell’arrampicata – ma il concetto può essere esteso ad altri ambiti montani – si deve imparare a fidarsi dei propri compagni, si impara a prefissarsi una meta vicina per arrivare al traguardo finale, si sperimentano i propri limiti e, con l’allenamento, la costanza e la prudenza si migliorano di volta in volta le proprie capacità.
Aria più pulita e assenza di aeroallergeni
Inoltre in montagna l’aria è più pura, i tassi di inquinamento sono inferiori dell’80% rispetto a quelli delle grandi città, l’umidità è ridotta e, sopra ai 1500-2000 metri d’altitudine i pollini e gli acari sono pochi o del tutto assenti. Queste condizioni sono idali per chi soffre d’asma, specialmente i bambini. «La montagna è un luogo privilegiato, per le caratteristiche fisiche dell’altitudine e ambientali del clima alpino, per la qualità dell’aria e il minore impatto dell’inquinamento. Non solo: il territorio montano è ottimo anche per la possibilità di sviluppare programmi di riabilitazione respiratoria con la promozione dell’attività fisica e, alla luce della diminuzione degli aeroallergeni, il trattamento in altitudine alpina può essere considerato un’opzione terapeutica adatta anche per i pazienti con asma persistente», commenta Ermanno Baldo, Segretario del Gruppo di Studio “Pediatria di Montagna” della Società Italiana di Pediatria.
Quali vaccinazioni sono raccomandate
Le tre Società fanno sapere che chi frequenta la montagna – per ciaspolate, arrampicate o semplici passeggiate nel verde – dovrebbe sottoporsi alla vaccinazione contro difterite, tetano, pertosse ed encefalite da zecche (TBE). Ampie fasce di popolazione adulta, infatti, sono suscettibili alla difterite quando si recano verso aree endemiche o verso zone in cui si sono registrati episodi epidemici, in quanto non posseggono livelli di antitossina difterica certamente protettivi. Ecco il motivo per il quale a tutti è raccomandato un richiamo DTP ogni 10 anni. Il tetano, invece, nel mondo è un problema di sanità pubblica con tassi di incidenza più elevati nei paesi poveri, mentre rimane basso in Europa (0,02 casi/100.000 abitanti).
L’encefalite da zecche, infine, è una malattia virale che colpisce il sistema nervoso centrale e può dare sintomatologia neurologica di lunga durata ed in alcuni casi anche la morte. Questa caratteristica è registrata anche in provincia di Trento. «Qui la vaccinazione è offerta gratuitamente ai residenti dal 2018», interviene Maria Grazia Zuccali, Presidente sez. Trento della Società Italiana d’Igiene e Dir. Unità operativa Igiene e Sanità Pubblica TN. «La prevenzione della malattia richiede anche il rispetto di misure comportamentali, come indossare camicie a maniche lunghe e pantaloni lunghi fermati dentro gli scarponi, vestire abiti di colore chiaro (è più facile l’individuazione delle zecche), camminare sui sentieri per ridurre al minimo il contatto con la vegetazione, usare repellenti su pelle e vestiti, ispezione del corpo dopo attività all’aperto con particolare attenzione alle ascelle, inguine, addome, gambe, collo e nuca ed eventuale asportazione della zecca».
Difendersi dal sole
L’intensità dei raggi, in quota, aumenta del 10-12% ogni 1000 metri di dislivello a causa dell’assottigliarsi dell’atmosfera e, in inverno, questi sono ancora più pericolosi poiché il ghiaccio e la neve li riflettono fino all’80%.
I danni immediati di una scorretta esposizione al sole sono l’ustione, l’herpes e l’oftalmia nivalis (cecità momentanea), ma «solo dopo molti anni si evidenziano i danni cronici: il fotoinvecchiamento, con la comparsa di lesioni pretumorali e tumorali. Le creme protettive, che assorbono o deviano i raggi, hanno svariati gradi di fattore di protezione, ma non esiste alcun prodotto che garantisca una protezione totale. La crema va messa mezz’ora prima dell’esposizione al sole, ripetuta ogni 3 ore e, se si suda, va riapplicata. L’abbigliamento adeguato può dare una schermatura totale, ma il tessuto dev’essere a trama fitta. Il cappello deve coprire anche orecchie e collo, mentre gli occhiali sono da preferire con blocco UV 4-5», spiega la dermatologa Antonella Bergamo della Società di Medicina di Montagna.