La miopatia GNE, conosciuta anche come miopatia ereditaria da corpi inclusi (HIBM2) o miopatia di Nonaka, è una forma molto rara di malattia muscolare, su base genetica, a esordio giovanile e ad andamento lentamente progressivo: in genere viene persa la deambulazione dopo 15-20 anni dall’esordio dei sintomi. In Italia sono stimati circa 80-100 casi di miopatia GNE geneticamente definiti. Carmelo Rodolico, responsabile del settore delle malattie neuromuscolari presso la UOC di neurologia e malattie neuromuscolari dell’Azienda Ospedaliera Universitaria G. Martino di Messina, spiega meglio di che cosa si tratta.
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Quali sono le cause della miopatia GNE?
La malattia è genetica e si trasmette con modalità autosomica recessiva, cioè i genitori, che sono sani, devono essere entrambi portatori di una copia mutata. Il gene che viene interessato da questa mutazione, in sigla GNE, serve a produrre una proteina enzimatica che ha un ruolo cruciale nella produzione di acido sialico, di fondamentale importanza per la formazione e la stabilizzazione delle membrane che rivestono le cellule, muscolari e non solo.
Quali sono i sintomi?
La malattia esordisce tra i 20 ed i 40 anni di età e si manifesta in genere con una debolezza, talvolta asimmetrica, dei muscoli delle gambe, soprattutto quelli della regione laterale, con difficoltà nei movimenti di flessione dorsale del piede. I pazienti tendono a inciampare con la punta del piede durante la deambulazione, assumono un’andatura definita steppante (sollevano eccessivamente i piedi come se avessero un gradino davanti), hanno difficoltà a salire le scale e sviluppano successivamente una riduzione della massa muscolare soprattutto delle gambe. Nel corso degli anni successivi la malattia interessa i muscoli degli arti superiori con difficoltà nel sollevare le braccia, nel flettere ed estendere gli avambracci, nei movimenti delle mani. Questi distretti muscolari perdono progressivamente il trofismo e si manifestano alterazioni tipo l’eccessiva sporgenza delle scapole («scapole alate»). È abbastanza tipico il risparmio del muscolo quadricipite delle cosce anche nelle fasi avanzate di malattia.
Come si fa la diagnosi di miopatia GNE?
In presenza dei sintomi descritti possono essere di ausilio alcuni semplici esami del sangue come il dosaggio della proteina di origine muscolare nota come creatina chinasi (CK). Lo specialista di riferimento è il neurologo che deciderà ulteriori approfondimenti (dalla elettromiografia, alla risonanza magnetica muscolare, alla biopsia muscolare o direttamente all’esame genetico).
Quali sono le terapie disponibili?
Non esiste una terapia farmacologica specifica. L’approccio terapeutico è di tipo fisioterapico/riabilitativo per garantire il mantenimento più a lungo di alcune funzioni quali la stazione eretta e la deambulazione, evitare le retrazioni tendinee, le alterazioni articolari, attraverso specifici piani riabilitativi e l’utilizzo di alcuni ausili quali ad esempio alcune ortesi (tutori) per la caduta del piede. La gestione del paziente dev’essere multidisciplinare, con il coinvolgimento di diverse figure professionali che vanno dal neurologo, al fisiatra, al fisioterapista, allo psicologo, al nutrizionista, allo pneumologo.
Le linee di ricerca stanno muovendosi attualmente sullo sviluppo di sostanze che possano ripristinare la funzione della proteina difettosa o agendo alla base della malattia stessa, con l’inserimento, attraverso l’ausilio di emergenti tecnologie quali i vettori virali o piccoli frammenti di RNA messaggero, di materiale genetico che possa «rieducare» la parte di gene alterata a produrre una proteina funzionante.