Test sierologico prima della vaccinazione. In molti si stanno chiedendo se possa essere utile, soprattutto ora che è possibile accedere alla terza dose già a quattro mesi dalla seconda. Ne abbiamo parlato con il professor Massimo Clementi, professore di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele e direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano.
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Test sierologico prima della vaccinazione: serve o è inutile?
Ai fini della vaccinazione il test sierologico non serve. Sia nel caso che ci siano valori elevati, quindi alta concentrazione di anticorpi, sia che questi valori siano bassi, non è su questi parametri che ci si può basare per fare o non fare la terza dose di vaccino anti Covid. Difatti si è visto che in ogni caso è utile fare la terza dose, perché aumenta sensibilmente la capacità del nostro corpo di proteggerci dalle conseguenze gravi di Covid. Potrebbe essere fuorviante rilevare un’alta concentrazione di anticorpi per rinviare la terza dose. Quasi tutti i test sierologici, tranne alcuni che sono molto complessi, valutano la risposta immunitaria nei confronti delle proteine di superficie, in particolare la proteina Spike del virus. Non valutano però quella quota di anticorpi che sono detti neutralizzanti, che sono quelli attivi. È questa parte che è importante rilevare. Si è visto poi che la protezione è data anche dall’immunità cellulare. Quindi limitarsi al test sierologici per fare o non fare subito la vaccinazione è sembrato non corretto. In più ricordiamoci che nessuno studio ha dimostrato quale sia la soglia del numero di anticorpi in grado di proteggerci. Quindi dire che ne abbiamo tanti o pochi non ha alcun senso.
Test sierologico prima della vaccinazione: quando allora è utile sottoporsi a questo esame?
Un test sierologico è utile quando si vuol vedere se ci sia stato un contatto pregresso con il virus. Ad esempio se abbiamo avuto nel corso di un certo periodo di tempo delle occasioni che potrebbero essere state fonte di infezioni. In questo caso il test sierologico ci informa su questo e ci dice se abbiamo avuto un contatto in passato con il virus. Non ci dice quando esattamente, a meno che non facciamo la ricerca degli anticorpi IgM che sono anticorpi che compaiono per primi e che sono presenti solo nei primissimi giorni.
Test sierologico prima della vaccinazione: si può capire se gli anticorpi sono naturali o del vaccino?
Il vaccino induce anticorpi nei confronti della proteina Spike, la malattia porta alla produzione di anticorpi nei confronti di tutte le proteine virali. In genere però quasi tutti si concentrano sulla proteina Spike. Bisogna chiedere un test che riesca a distinguerli.
Gli USA consigliano di fare un tampone molecolare per capire se si sia positivi e un antigenico per uscire dall’isolamento dopo l’infezione. Lei cosa ne pensa?
Penso che sia molto vero. In molti casi si è visto che la positività del molecolare non si accompagna alla presenza di un virus infettante. Nella persona che ha avuto l’infezione talvolta rimangono virus non vitali, quindi non infettanti. Mantengono una positività ma non consentirebbero al virus di essere trasmesso. Molto meglio dunque un molecolare se sospettiamo di essere positivi, perché è più affidabile anche in assenza di sintomi.
Quando è utile fare il tampone?
L’infezione da Omicron ha cambiato il paradigma della storia naturale di questa infezione. È molto contagioso e l’inizio dei sintomi, quando ci sono, compare dopo 2-3 giorni, invece di 4-5 della variante Delta. L’infezione dà sintomi più rapidamente, ma altrettanto rapidamente scompaiono, già dopo 5 giorni. Tanto è vero che negli USA dopo cinque giorni per i vaccinati che dovessero prendere Omicron devono stare a casa per cinque giorni e poi possono uscire senza tampone con la mascherina FFP2.
Cosa pensa della quarta dose?
Il limite della quarta dose è che viene proposta con lo stesso vaccino e si è visto che già con la terza dose si ha una buona risposta immunitaria. Sembra inutile rafforzarla ulteriormente con lo stesso vaccino. Più utile affrontare il prossimo inverno con una dose che sia stata tagliata sul virus che circolerà in quel momento, Omicron o qualche sottovariante, per avere immunità contro il virus circolante.
Si parla spesso di endemia. Non è per forza un bene però
Adesso la vediamo come un obiettivo perché veniamo da una pandemia. L’endemia potrebbe significare che il virus si è adattato all’uomo come gli altri quattro coronavirus che già abbiamo. Sono virus invernali che danno un raffreddore e che infettano molto ma in modo modesto e che si sono stabilizzati. Questo è quello che ci aspettiamo che accada per questo virus che attraverso queste varianti ha cercato di adattarsi all’uomo. Questa variante Omicron ha l’aspetto positivo di aver perso gran parte della capacità di dare malattie gravi.