Ero un’atleta anche prima di quell’incidente. La mia specialità era il mezzofondo, cioè distanze che non superano i 3.000 metri, diversa da quella che pratico ora che, invece, si esaurisce in 100 metri di pura velocità. La medaglia d’oro alle Paralimpiadi di Tokyo 2020 l’ho conquistata, infatti, in 14 secondi e 59 centesimi. Posso sicuramente affermare con grande orgoglio di essere la più veloce paratleta del mondo. È un risultato eccezionale che ho raggiunto con tanta dedizione, allenamento costante e anche grazie a un’alimentazione mirata. Ci tengo molto a sottolineare quest’ultimo aspetto, che il più delle volte viene trascurato, non solo dagli amatori, ma persino da noi atleti.
Io ero proprio una di quelle e prima di iniziare la carriera da velocista non seguivo un piano alimentare preciso: cercavo di mangiare in maniera sana, ma sbagliavo le quantità di carboidrati, introducevo proteine difficili da digerire (scelta sbagliatissima soprattutto prima dell’allenamento) e non facevo ricorso a un’integrazione supplementare, particolarmente importante in caso di carenze di alcune sostanze. Finivo gli allenamenti, infatti, e mi sentivo perennemente stanca, spompata.
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Durante il ciclo mi sentivo a pezzi
All’inizio pensavo fosse solo la tanta fatica accumulata e che le forze sarebbero ritornate dopo un po’ di riposo. Ma mi sbagliavo: dormivo adeguatamente e mangiavo un po’ di più, eppure non vedevo il minimo miglioramento. Gli esperti del mio team hanno creduto opportuno indagare su questa debolezza, perché non era più da considerare come fisiologica. E, in effetti, era in qualche modo di natura patologica. Gli esami del sangue evidenziarono una grave carenza di ferro; questo deficit non era mai emerso in precedenza o, magari, non aveva raggiunto livelli tali da necessitare di una terapia ad hoc.
Il dottore dello staff medico mi spiegò che ero predisposta a sviluppare questo tipo di carenza e che la stanchezza che provavo era dovuta proprio ai livelli di ferro bassissimi. Questo spiegava anche perché durante il ciclo mestruale mi sentivo così a pezzi, a differenza delle mie amiche che riuscivano a vivere quei giorni tendenzialmente con energia. Il medico mi prescrisse degli integratori contenenti ferro e mi disse di mangiare un alimento preciso almeno un paio di volte a settimana: il fegato. Non è che mi facesse impazzire il sapore, però ora mi sono abituata e addirittura devo dire che mi piace.
Fare attenzione a ciò che si mangia è più importante dell’allenamento in sé
Ho poi rivisto tutta la dieta e ora riesco ad assimilare meglio il ferro contenuto della carne perché mangio più verdura e frutta, specie quelle che contengono molta vitamina C. Da diversi anni, ormai, seguo questo tipo di cura che ha quasi guarito la mia, seppur leggera, forma di anemia. Ora infatti non provo più quel senso di stanchezza immotivata che a volte non mi permetteva neanche di finire l’allenamento. Raccontare di questo mio piccolo deficit è per me importante, perché vorrei trasmettere una cosa semplice ma fondamentale, specie per chi come me pratica sport e non vuole rischiare di trovarsi a corto di energie. A prescindere dal livello di preparazione atletica e dal tipo di attività, fare attenzione a ciò che si mangia è più importante dell’allenamento in sé. Gli esperti dicono che per restare in forma e in salute un buon 70% è delegato al cibo e la restante percentuale all’attività fisica. Questo significa che neanche gli atleti che si allenano di più e bruciano di più possono permettersi di eccedere in cibo spazzatura o in zuccheri semplici.
Vorrei essere un esempio per tutti gli studenti
Ho ricevuto diversi inviti da parte di presidi di istituti scolastici che mi chiedevano di raccontare la mia storia ai loro alunni. Sono onorata di poter parlare della mia esperienza, del mio stile di vita alimentare, dell’incidente e di come la mia seconda vita, seppur con una gamba artificiale, fondamentalmente non sia cambiata più di tanto. Quello che voglio trasmettere ai ragazzi e alle ragazze che conoscerò è quanto una passione possa essere importante. Che sia lo sport, la musica, la scrittura, qualsiasi cosa, però tutti hanno bisogno di coltivare un’attività che dia stimoli continui e la forza per affrontare anche i momenti meno belli della vita. Mantenere viva una passione rende più curiosi, volenterosi e sicuri di noi stessi. Probabilmente senza la passione per l’atletica ora sarei qui a pensare a quello che non ho più senza rendermi conto, invece, di ciò che ho guadagnato. Una vita nuova e una medaglia d’oro.
Ambra Sabatini