Nella discussione su terza dose sì, terza dose no arriva uno studio israeliano svolto su oltre 1.000.000 di persone che fornisce nuovi dati a cui fare attenzione, sulla durata dell’immunità del vaccino. L’aumento dei contagi in tutta Europa, Italia compresa, ha fatto scattare l’allarme nelle autorità sanitarie del Vecchio Continente. Diverse regioni italiane hanno già aperto le prenotazioni per la terza dose a tutti coloro che abbiano compiuto almeno 40 anni. In molti si chiedono se la terza dose debba essere fatta solo dalle persone sopra i 65 anni, da chi abbia una malattia cronica o da chi abbia problemi al sistema immunitario.
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Durata dell’immunità del vaccino: resta la protezione contro i sintomi gravi, cala significativamente quella contro l’infezione
Lo studio israeliano torna a sottolineare come il vaccino Pfizer sia utile contro i sintomi gravi della malattia anche a sei mesi di distanza. Mette però in guardia sul fatto che l’immunità contro il contagio e la malattia con pochi sintomi diminuisca sensibilmente in tutte le classi di età dopo sei mesi.
La vicenda israeliana come caso di studio per tutti i Paesi del mondo
Israele è considerato un Paese laboratorio. Un po’ perché è stato il primo a partire con la vaccinazione delle due dosi e lo stesso ha fatto con la terza dose. Dopo un’impennata di contagi con la terza dose iniettata a milioni di cittadini, la situazione della trasmissione del coronavirus nel Paese mediorientale è tornata sotto controllo.
Più della metà degli israeliani adulti aveva ricevuto due dosi del vaccino Pfizer entro i primi tre mesi della campagna. Nel maggio scorso, Israele aveva un numero estremamente ridotto di casi confermati di Covid, che si potevano contare in poche dozzine al giorno. I numeri sono però tornati a salire nel giugno scorso. L’aumento ha incluso anche un numero sostanziale di infezioni che aveva interessato coloro che avevano ricevuto due dosi di vaccino. La stragrande maggioranza di questi casi a giugno – per l’esattezza il 98% – era stata causata dalla variante Delta.
Durata dell’immunità del vaccino: colpa della variante Delta o del calo dell’immunità?
I ricercatori in forza al Technion-Israel Institute of Technology si sono chiesti se questa recrudescenza del coronavirus potesse essere spiegata dall’ascesa della variante Delta, che come sappiamo è più infettiva di quelle finora conosciute. La seconda domanda che si sono posti è se ad avere un ruolo centrale sia anche il venir meno dell’immunità nel tempo. I risultati del loro studio sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine.
Quasi 5.000.000 di persone monitorate
Per scoprirlo, il team di lavoro ha esaminato oltre 4.700.000 israeliani completamente vaccinati. Inoltre hanno messo sotto osservazione oltre 13.000 persone che erano state infettate dal virus nonostante le due dosi di vaccino. I ricercatori hanno cercato di capire se ci fosse un legame tra il tasso di infezioni e il tempo trascorso dalla vaccinazione. Se non ci fosse un calo significativo dell’immunità, non si dovrebbe vedere alcuna differenza nei tassi di infezione tra le persone che sono state completamente vaccinate alla prima occasione rispetto a quelle vaccinate in seguito.
Durata dell’immunità del vaccino: i risultati dello studio
I risultati sono stati chiari. Il tasso di infezione da Covid ha rivelato un lento ma costante declino dell’immunità nel tempo. Tra gli individui di età pari o superiore a 60 anni che avevano ricevuto le dosi dosi di vaccino lo scorso gennaio, il numero di infezioni ha raggiunto il numero di 3,3 per 1.000 persone durante le tre settimane dello studio. Coloro che vivevano la stessa condizione a febbraio e marzo hanno avuto tassi di infezione rispettivamente inferiori di 2,2 per 1.000 e 1,7 per 1.000. I dati hanno rivelato un modello simile in quelli di età compresa tra 40 e 59 anni e quelli di età compresa tra 16 e 39 anni.
Ricoverati anche tra i vaccinati con due dosi a sei mesi di distanza dalla seconda iniezione
Una domanda importante è se queste infezioni nonostante le due vaccinazioni fossero abbastanza gravi da richiedere il ricovero in ospedale. Sebbene tali casi fossero molto meno comuni, più di 400 persone vaccinate hanno sviluppato una malattia grave. E, ancora, i dati mostrano un modello simile di diminuzione dell’immunità. Il tasso di Covid grave tra gli adulti di età pari o superiore a 60 anni che sono stati completamente vaccinati a gennaio è stato di 0,34 casi per 1.000 persone. Il tasso di malattie gravi è sceso a 0,26 casi per 1.000 tra quelli vaccinati a febbraio e 0,15 casi per 1.000 per quelli vaccinati a marzo. I ricercatori riferiscono che il numero di casi gravi di Covid tra i gruppi più giovani completamente vaccinati era troppo piccolo per trarne conclusioni.
Durata dell’immunità del vaccino: la terza dose in Israele ha fermato i contagi
Sebbene la variante Delta abbia sicuramente avuto un ruolo nella recrudescenza della malattia negli ultimi mesi, questi risultati suggeriscono che anche la diminuzione dell’immunità è un fattore importante. Comprendere queste dinamiche è essenziale per prendere decisioni politiche importanti. In effetti, il ministero della Salute israeliano ha preso in seria considerazione questa situazione, tanto da approvare la somministrazione della terza dose per tutti gli adulti che avevano ricevuto già due dosi di vaccino.
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