Sta dando risultati positivi la terapia genica contro la sindrome di Hurler. Questa tecnica è stata messa a punto dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano (SR-Tiget). I risultati del loro studio sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine. Questa terapia genica è frutto di dieci anni di ricerche.
Lo studio è condotto dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon (SR-Tiget) di Milano. Con loro ha collaborato un team multidisciplinare di specialisti che ha visto la partecipazione dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, dove è stata somministrata la terapia, il Centro Maria Letizia Verga di Monza, per l’esperienza nello studio e trattamento di questa patologia, l’Università Bicocca per le analisi statistiche e l’Ospedale Meyer di Firenze per gli studi biochimici.
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Cos’è la sindrome di Hurler?
La sindrome di Hurler è una malattia genetica rara. Interessa un bambino ogni 100.000 nati. Attualmente sono circa 400 i casi noti nel mondo, 26 dei quali in Italia. Comincia a colpire già durante la gravidanza, causando danni importanti al feto. I sintomi sono alcune deformazioni scheletriche, che diventano visibili, intorno ai due anni di età. Le conseguenze sono difficoltà nella crescita e nello sviluppo cognitivo. Può portare anche al decesso quando il bambino raggiunge l’adolescenza per il sopraggiungere di complicazioni cardiovascolari e respiratorie.
Terapia genica contro la sindrome di Hurler: i giovani pazienti stanno tutti bene
I ricercatori dell’SR-Tiget hanno messo a punto questa tecnica genetica che riesce a correggere in modo efficace il difetto genetico responsabile della sindrome. A due anni di distanza dall’impiego di questa terapia genica tutti gli otto bambini coinvolti finora nello studio stanno bene e hanno raggiunto tappe importanti del loro percorso di sviluppo.
Terapia genica contro la sindrome di Hurler: come funziona?
La terapia genica fornisce una versione corretta delle informazioni genetiche necessarie per produrre l’enzima mancante. Per prima cosa i medici prelevano dal paziente le cellule staminali ematopoietiche, che danno origine a elementi del sangue come i globuli rossi e bianchi o le piastrine. Le cellule dei pazienti vengono poi messe a contatto con un vettore virale.
Si usa il virus dell’HIV per correggere le informazioni genetiche
Si tratta di un virus modificato in modo da non essere più capace di replicarsi, ma soltanto di entrare nelle cellule e trasportarvi le informazioni genetiche desiderate. Il virus di partenza utilizzato dai ricercatori è l’HIV. Negli ultimi anni i vettori derivati dall’HIV, di cui mantengono solo una piccola porzione della sequenza originale, sono sempre più usati come strumenti terapeutici. Una volta corrette, le cellule staminali vengono restituite ai pazienti attraverso una infusione nel sangue. In questo modo possono raggiungere i vari organi, dove rilasciano l’enzima funzionante in grado di degradare le sostanze altrimenti tossiche.
Terapia genica contro la sindrome di Hurler: cautela, ma grande ottimismo
«Gli effetti positivi della terapia genica sul metabolismo di questi bambini si sono visti presto. Le loro cellule hanno iniziato rapidamente a produrre grandi quantità dell’enzima, che ha ripulito organi e tessuti dai metaboliti tossici accumulati. Dal punto di vista clinico abbiamo osservato la progressiva acquisizione di nuove competenze motorie e cognitive tipiche della loro età. Inoltre si è avuta un’ottima crescita in altezza e una riduzione di altri sintomi tipici della sindrome come rigidità articolare e opacità della cornea. La cautela è d’obbligo. Sono passati soltanto due anni dalla terapia, dovremo continuare a osservare questi bambini per verificare che gli effetti positivi continuino nel tempo. Quanto osservato finora, però, ci fa davvero ben sperare». Maria Ester Bernardo è responsabile dell’Unità funzionale di Trapianto del midollo osseo pediatrico dell’Ospedale San Raffaele e tra gli autori principali dello studio.
Serve più tempo per essere sicuri
«Il nostro “processo” ci ha permesso di aumentare la quantità di enzima funzionante prodotto fino a 50 volte rispetto ai livelli normali. Questo potrebbe potenzialmente rappresentare un ulteriore vantaggio anche rispetto al trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Ad oggi è l’unico trattamento che può in parte migliorare l’andamento della malattia, purché fatto precocemente e in presenza di un donatore compatibile. Al momento, però, non abbiamo ancora abbastanza dati in questo senso, serve più tempo». Bernhard Gentner è responsabile dell’unità di ricerca traslazionale sulle cellule staminali e leucemie e primo autore dello studio.
Lo stesso schema potrebbe aiutare in altre malattie rare
«Il percorso è ancora lungo ma è incoraggiante che i tempi di sviluppo di queste terapie si stiano accorciando grazie all’esperienza accumulata in questi anni. Si potrà così ampliare l’orizzonte delle malattie trattabili con la terapia genica con cellule del sangue corrette come una “super” “fabbrica” dell’enzima mancante in vari tessuti, replicando così questo approccio ad altre patologie simili che oggi non hanno una cura efficace». Alessandro Aiuti è vicedirettore dell’SR-Tiget e professore ordinario di Pediatria all’Università Vita-Salute San Raffaele.