Funziona in pochissimi giorni, la nuova pomata che “cancella” dalla pelle i primi segni della cheratosi attinica, ovvero le lesioni squamose che compaiono sulle parti del corpo che negli anni sono state esposte eccessivamente ai raggi solari e che, se non opportunamente trattate, possono evolvere causando la seconda forma più comune di tumore della pelle, il carcinoma squamocellulare. Lo dimostrano i risultati della sperimentazione clinica condotta su 65 pazienti al Massachusetts General Hospital di Boston, negli Stati Uniti.
È un mix di due farmaci già in uso
La pomata per la cheratosi attinica, come spiegano i ricercatori statunitensi su Journal of Clinical Investigation, è stata preparata unendo due farmaci già in uso nell’uomo: il chemioterapico 5-fluorouracile, impiegato contro la cheratosi, e il calcipotriolo, un principio attivo usato contro la psoriasi e in grado di attivare il sistema immunitario contro i tumori della pelle (almeno nei test sui topi).
I due prodotti, mixati nelle giuste quantità sotto forma di pomata, sono stati applicati da 65 pazienti due volte al giorno sulle aree della pelle interessate dalle lesioni (faccia, scalpo e braccia) per un totale di appena quattro giorni.
A distanza di 24 ore dalla fine del trattamento, la loro pelle mostrava già chiari segni di infiammazione, prova che il sistema immunitario era stato efficacemente attivato. Otto settimane dopo, le lesioni della cheratosi attinica erano quasi del tutto scomparse: sulla faccia, ad esempio, si erano ridotte dell’88%, contro il 26% ottenuto su altri 67 pazienti di controllo a cui era stato applicato il 5-fluorouracile mixato con della semplice vaselina. Risultati evidenti sono stati ottenuti anche sulle più grandi lesioni ipertrofiche che raramente rispondono ai trattamenti tradizionali.
Il parere dell’esperto
«Dato che entrambi i farmaci sono già disponibili per uso clinico – spiega il dermatologo Shadmehr Demehri – potrebbero essere subito impiegati per trattare la cheratosi attinica, soprattutto nei pazienti in cui le terapie tradizionali hanno fallito. Il nostro obiettivo finale è sfruttare lo stesso sistema immunitario dei pazienti per prevenire il cancro, quindi non vediamo l’ora di poter verificare con dati alla mano se l’attivazione immunitaria che abbiamo scatenato sia in grado di proteggere la pelle dallo sviluppo futuro di tumori. Per questo abbiamo già in programma di seguire le persone che hanno partecipato allo studio nei prossimi anni, in modo da rispondere a questa domanda cruciale».
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