Alimentazione

Ecco perché dovremmo mangiare prodotti integrali

Le farine non raffinate riducono il rischio di malattie cardiovascolari, diabete, tumori, sovrappeso

Anche una fetta di pane, una porzione di pasta, un pacchetto di cracker o di grissini possono trasformarsi in preziosi alleati della salute. A patto che siano integrali. A spiegare da dove derivano e come si ottengono questi prodotti è Enzo Spisni, direttore del laboratorio di fisiologia traslazionale e nutrizione dell’Università di Bologna.

Cosa vuol dire «integrale»?

«Ogni chicco di grano è formato da tre componenti. Innanzitutto l’endosperma, ovvero la parte interna, che contiene soprattutto amido. Poi il germe, che, pur rappresentando solo il 2-3%, è una vera e propria miniera di sostanze utili al nostro organismo. Come vitamine (E e del gruppo B), grassi insaturi, minerali (zinco e magnesio). E importanti molecole, come i polifenoli e la spermidina, che rinforza il sistema immunitario e contrasta l’invecchiamento cellulare. Infine, la crusca. L’involucro stratificato esterno con funzione protettiva, ricco di fibre.

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Se durante la molitura vengono separate le varie parti, scartando il germe e la crusca, si ottiene la farina raffinata (tipo 00 oppure 0). Se invece tutti i componenti restano presenti si ha la farina integrale».

Prodotti integrali: uno scudo contro infarto e ictus

Come suggeriscono numerosi studi scientifici, i cereali integrali, oltre a essere un concentrato di benessere, costituiscono anche una sorta di elisir di lunga vita. Secondo una ricerca pubblicata nel 2019 su The Lancet e condotta dagli esperti dell’Università di Otago, in Nuova Zelanda, un consumo abituale di questi alimenti risulta, infatti, correlato a una riduzione della mortalità.

Un’analisi comparsa sulle pagine di Nutrients nel 2019, che ha valutato due studi condotti per oltre cinquant’anni su quasi 3.500 persone, ha inoltre confermato che portare in tavola cibi integrali favorisce un invecchiamento in salute.

In particolare, è stato appurato che includere nel menu tali alimenti contribuisce a tenere alla larga le malattie cardiovascolari, soprattutto infarto e ictus. In base a un’analisi apparsa nel 2008 su Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases, che ha considerato sette studi, le persone che mangiano due o più porzioni di cibi integrali al giorno hanno un rischio inferiore del 21% di andare incontro a queste patologie rispetto a chi ne consuma meno di due alla settimana.

Prodotti integrali: protezione oncologica

Le farine non raffinate sono, inoltre, utili a prevenire i tumori. Soprattutto quelli del colon retto, dello stomaco e del fegato. Una ricerca pubblicata nel 2019 su Jama Oncology e condotta da studiosi cinesi e americani ha evidenziato, in particolare, che il rischio di sviluppare un cancro epatico si riduce di quasi il 40% in chi ha l’abitudine di prediligere i cereali integrali. Se giocare d’anticipo è fondamentale, anche chi ha già una patologia oncologica può trarre benefici dagli alimenti non raffinati.

Uno studio comparso sulle pagine della medesima rivista nel 2018 e condotto dai ricercatori dell’Harvard Medical School di Boston, negli Stati Uniti, su 1.500 pazienti colpiti da tumore del colon retto ha sottolineato che per ogni aumento di 5 grammi del consumo di fibre è stato osservato un miglioramento della sopravvivenza a lungo termine. Soprattutto se queste ultime provengono da prodotti integrali.

Alla luce di questi e altri studi anche il World Cancer Research Fund ha raccomandato, nelle proprie linee guida, di optare per un’alimentazione ricca di alimenti non raffinati. E ancora, secondo una ricerca pubblicata nel 2020 sul British Medical Journal e realizzata dagli scienziati della Harvard School of Public Health di Boston, un consumo più elevato di cereali integrali è associato a un minor rischio di diabete di tipo 2. Visto che la fibra contribuisce ad abbassare il livello di zuccheri nel sangue (glicemia).

Prodotti integrali: toccasana per il microbiota

Infine, l’integrale è un toccasana anche per il microbiota intestinale. «Nel nostro intestino è presente una comunità di batteri “buoni”. Questi batteri si nutrono prevalentemente di fibra. Sia solubile che insolubile», chiarisce Spisni. «Se quest’ultima non è sufficiente, la flora batterica si altera (disbiosi), provocando infiammazione intestinale. Un disturbo silente che a lungo andare provoca varie malattie».  

Tutti benefici ribaditi molto recentemente da uno studio, pubblicato lo scorso luglio su The Journal of Nutrition e condotto dai ricercatori dello Human Nutrition Research Center on Aging della Tufts University, negli Stati Uniti, su 3.100 persone. Risultato? I partecipanti che hanno mangiato almeno tre porzioni di cereali al giorno hanno avuto, nel lungo periodo, un aumento del girovita, della pressione sanguigna e della glicemia più contenuto rispetto a coloro che hanno consumato meno di metà porzione al giorno. 

I punti deboli dell’integrale

A fronte di questi rilevanti e indiscutibili vantaggi, l’integrale ha anche qualche punto debole. Uno è la ridotta conservazione. «Proprio per la presenza del germe di grano, ricco di grassi insaturi, questo tipo di farina irrancidisce rapidamente, deteriorandosi dopo qualche mese. Mentre quella raffinata si conserva inalterata anche per anni», evidenzia il fisiologo.

Un altro tallone d’Achille è la presenza di pesticidi. Che, essendo lipofili, cioè sciogliendosi facilmente negli oli e nei grassi, tendono a concentrarsi nel germe, e di altri trattamenti chimici di superficie, che si possono rintracciare nella crusca. A quest’ultimo problema si può comunque facilmente ovviare prediligendo i prodotti biologici.

Infine, i cibi integrali possono non essere indicati per chi soffre della sindrome dell’intestino irritabile. «Questi alimenti contengono un’elevata percentuale di fibra insolubile. Una sorta di piccole scaglie che possono irritare una mucosa già micro-infiammata. E anche di fibra solubile, che invece tende a fermentare dando origine a gas che esacerbano il gonfiore e il dolore addominali», aggiunge Spisni. «Per non peggiorare i sintomi già presenti, i pazienti colpiti da questo disturbo dovrebbero evitare il fai da te. Affidandosi sempre alle indicazioni di un nutrizionista».  

Come riconoscere l’integrale dall’etichetta

Ma come riconoscere, sugli scaffali del supermercato, ciò che è davvero integrale? L’unico modo per andare sul sicuro è non farsi ingannare dal colore più scuro del prodotto. O dalle generiche indicazioni riportate sulla confezione. Ma leggere sempre l’etichetta, sulla quale devono essere obbligatoriamente riportati tutti gli ingredienti.

«Se su quest’ultima viene menzionata la farina 00 o 0 significa che non si tratta di un prodotto integrale. Bensì di uno raffinato, al quale è stata poi aggiunta, in un secondo momento, crusca o cruschello, perdendo però il germe», mette in guardia l’esperto. «Per chi non ama il sapore del pane e della pasta integrali, una valida opzione possono essere anche gli alimenti semi integrali. Sono costituiti da farina integrale setacciata che prende il nome di tipo 1, in cui vengono eliminate le scaglie più grandi della fibra, ma viene mantenuto il germe di grano»

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