Siete in ritardo per un appuntamento e avete un disperato bisogno di un passaggio. Davanti alla vostra porta si fermano due auto: la prima è una Ferrari guidata dal campione del mondo Sebastian Vettel, l’altra è un’utilitaria con un cavallino rampante disegnato a mano sul cofano da un diciottenne che sventola orgoglioso il suo foglio rosa dichiarandosi un pilota eccezionale. Da chi accettereste il passaggio? Facile, direte voi: per riconoscere Vettel basta un colpo d’occhio. E allora provate a proiettarvi in un’altra situazione, molto più realistica. Siete un paziente colpito da una malattia incurabile che avanza inesorabilmente. Dopo anni di inutile girovagare tra ospedali, incontrate qualcuno che vi propone una cura sperimentale a base di cellule staminali, le Ferrari della medicina rigenerativa: presi dall’ansia e dalla fretta, come fate a capire se quello davanti a voi è il Vettel della biologia o il re degli abusivi?
La scelta è ardua, soprattutto se non siete degli addetti ai lavori e di cellule e provette avete solo un vago ricordo dai tempi della scuola. È così che sempre più pazienti finiscono per mettersi nelle mani di truffatori e ciarlatani che spacciano per cure miracolose degli intrugli che a volte non contengono neppure l’ombra delle staminali. Il punto è che tutti parlano di queste cellule, ma pochi sanno realmente quali siano le loro applicazioni terapeutiche autorizzate e di provata efficacia.
LE EMATOPOIETICHE PER BATTERE LA LEUCEMIA
Proviamo a fare un po’ di chiarezza con l’aiuto di Michele De Luca, direttore del Centro di medicina rigenerativa Stefano Ferrari all’Università di Modena e Reggio Emilia, in prima linea contro il metodo Stamina insieme alla senatrice e neuroscienziata Elena Cattaneo e al compianto Paolo Bianco dell’Università Sapienza di Roma. «Tra i pazienti c’è una grande confusione sull’uso delle staminali: molti pensano che ne esista un tipo solo che cura tutto, ma in realtà abbiamo varie tipologie di cellule con diverse potenzialità», spiega De Luca. «Quelle attualmente usate in clinica, perché dotate di una comprovata capacità di rigenerare i tessuti in vivo, sono solo due: le staminali ematopoietiche, che danno origine al sangue, e le staminali che generano i tessuti epiteliali di rivestimento, come pelle e cornea».
Il trapianto di staminali ematopoietiche «è stata la prima applicazione storica delle staminali in clinica», ricorda De Luca: prelevate dal sangue o dal midollo osseo del paziente o di un donatore compatibile, vengono usate da quasi mezzo secolo per curare diversi tipi di leucemia e di linfoma e alcune malattie del sangue, sia ereditarie che acquisite (per saperne di più sul trapianto di staminali ematopoietiche leggi qui).
HOLOCLAR, IL PRIMATO MADE IN ITALY
In seguito sono arrivate «le staminali della pelle, che da oltre trent’anni vengono coltivate in laboratorio per rigenerare pelle sana da trapiantare nei pazienti ustionati», sottolinea l’esperto. Da quasi vent’anni, invece, si usano le staminali della cornea, per ricostruire il tessuto trasparente che copre la parte anteriore dell’occhio danneggiato da malattie, infezioni o traumi.
Anni di ricerche in questo ambito stanno cominciando a dare oggi i primi frutti: da pochi mesi, infatti, è diventata disponibile Holoclar, la prima terapia avanzata a base di cellule staminali registrata e approvata al mondo. Il primato, tutto italiano, si deve al gruppo di ricerca coordinato da De Luca e da Graziella Pellegrini nei laboratori di Holostem Terapie Avanzate, spin-off dell’Università di Modena e Reggio Emilia, e di Chiesi Farmaceutici. «Holoclar può ridare la vista a quei pazienti con ustioni chimiche talmente gravi da non potersi sottoporre al trapianto di cornea, perché nel loro occhio non ci sono più staminali superstiti da stimolare per fare attecchire l’impianto», sottolinea il ricercatore. «Se almeno in uno dei due occhi è rimasto anche un solo millimetro quadrato di limbus (il confine tra la parte colorata e quella bianca dell’occhio) non danneggiato, siamo in grado di ottenere un numero di staminali sufficiente per ricostruire in laboratorio l’intero epitelio corneale. Questo lembo, dall’aspetto simile a una lente a contatto, viene poi trapiantato nel paziente e consente di ottenere un pieno recupero della capacità visiva, senza provocare rigetto perché è fatto con le cellule del paziente stesso».
STRIMVELIS, SALVEZZA DEI BIMBI BOLLA
Questo è un esempio eclatante di come le Ferrari della medicina rigenerativa possano essere guidate dosando sapientemente freno e acceleratore, senza rischiare di andare a sbattere. Una volta che si è presa confidenza con la pedaliera, però, diventa possibile non solo pilotarle, ma perfino mettere le mani nel cofano per ritoccare il motore. È quello che si è fatto (ancora una volta in Italia) con Strimvelis, la prima terapia genica a base di staminali per la rarissima malattia genetica dei «bimbi bolla», l’Ada-Scid, che distrugge le difese immunitarie impedendo di condurre una vita normale: un tempo i piccoli pazienti erano addirittura costretti a vivere in ambienti sterili, vere e proprie «bolle» dall’atmosfera controllata, per evitare che anche la più banale infezione potesse rivelarsi fatale. La nuova terapia avanzata, sviluppata grazie ai fondi Telethon dal gruppo di ricerca di Alessandro Aiuti all’Ospedale San Raffaele di Milano, è stata approvata dagli enti regolatori europei proprio la scorsa primavera (per saperne di più leggi qui). La tecnica consiste nel prelevare alcune staminali dal midollo del paziente per poi modificarle in laboratorio, in modo da correggere l’errore genetico alla base della malattia. Una volta pronte, le cellule «ritoccate» vengono reinfuse nel malato e, tornate nel midollo osseo, cominciano a ricostituire il sistema immunitario.
«Anche noi stiamo usando la terapia genica sulle staminali della pelle per curare alla radice la cosiddetta malattia dei bimbi farfalla, una rara patologia genetica della pelle chiamata epidermolisi bollosa», afferma De Luca, che sottolinea fiducioso: «siamo già arrivati alla fase due della sperimentazione clinica sull’uomo».
IL FUTURO NELLE EMBRIONALI
Già, sperimentazione: è questa la parola magica che dalle prime pagine dei giornali finisce per confondere i pazienti alla ricerca di una cura. Nel mondo sono centinaia le sperimentazioni in corso con staminali, ma non tutte sono serie e certificate. «Molti dichiarano di usare le staminali mesenchimali che si trovano nel midollo osseo», precisa De Luca. «Sono poche le sperimentazioni serie che ne riportano i risultati clinici o che le usano secondo le loro reali potenzialità, e cioè per rigenerare ossa e cartilagini, mentre sono tantissimi (come nel caso Stamina) i ciarlatani che, anche al di fuori di ogni sperimentazione clinica, dicono di usarle per curare malattie neurodegenerative o addirittura genetiche come la sclerosi laterale amiotrofica (Sla) o il Parkinson, senza alcun razionale scientifico».
Tornando alla scienza con la S maiuscola, sono numerosi i ricercatori che stanno conducendo sperimentazioni molto promettenti con le staminali embrionali, come sottolinea De Luca. «Per ora si stanno testando nelle situazioni più semplici, come nella rigenerazione della retina compromessa dalla degenerazione maculare. Nel 2018, invece, partiranno sperimentazioni contro il Parkinson, che puntano a rigenerare solo una parte ben precisa e conosciuta del cervello, quella dei neuroni che producono dopamina». Il Parkinson sarà un banco di prova fondamentale: se i risultati saranno buoni, potrà fare da apripista per la cura di altre malattie neurologiche ben più complesse.
In questo ambito, però, l’Italia rischia di perdere terreno rispetto agli altri Paesi. «Da noi la sperimentazione con le embrionali sarà impossibile a causa della legge 40 sulla fecondazione assistita che impedisce di produrle», ricorda De Luca. «Per fare test sull’uomo bisogna usare materiali e cellule ben tracciati, e questo è impossibile se siamo costretti a importare linee embrionali dall’estero».
IL TURISMO DELLA SPERANZA
E a proposito di estero, continua ad aumentare il numero di pazienti che compiono viaggi della speranza alla ricerca di cure «miracolose» a base di staminali. Tra le mete più ambite non ci sono solo Paesi come Cina, Corea del Sud e Messico, ma a sorpresa anche gli Stati Uniti: secondo una ricerca dell’Università del Minnesota, infatti, sono quasi 600 le cliniche private a stelle e strisce che propongono a caro prezzo fantomatici trattamenti per ogni tipo di problema, dalla calvizie al Parkinson. I pericoli per la salute sono altissimi: per fare luce sulla questione, il New England Journal of Medicine ha pubblicato il caso di un sessantenne di San Diego rimasto paralizzato dalla testa in giù per colpa di un tumore alla spina dorsale causato dai trattamenti a cui si era sottoposto in una serie di cliniche in Messico, Argentina e Russia, pagando oltre 300mila dollari (leggi qui la sua storia).
Elisa Buson – OK Salute e benessere ottobre 2016
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