La paura degli aghi, la belonefobia o tripanofobia, e del sangue è una fobia diffusissima: ne soffre, infatti, il 10% della popolazione. Maria Beatrice Toro, direttrice della Scuola di specializzazione in psicoterapia Scint e docente presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali della Luiss Guido Carli di Roma e di Milano, spiega come affrontare questo timore.
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Perché si ha paura degli aghi e del sangue?
È raro che tra le cause ci sia un’esperienza negativa, un trauma. Più spesso l’origine è da cercare nella personalità dell’individuo, il cui forte carattere lo porta a cercare di avere sempre il controllo di tutto e a non affidarsi agli altri. Ma alla base c’è anche una specie di timore ancestrale di una violazione del nostro confine corporeo. La paura di essere feriti ha costituito nella storia un vantaggio evolutivo, perché nei millenni e secoli scorsi, costellati di violenze, guerre e combattimenti, anche solo una piccola ferita poteva risultare fatale e per questo il belonefobico associa, quasi possedesse una memoria archetipica, una grande minaccia anche a un’innocua iniezione.
Come si manifesta questa fobia?
La persona fobica prova un disagio intenso che può sfociare nella sincope vasovagale, cioè la perdita di coscienza a causa di un insufficiente afflusso di sangue al cervello. Questo si può verificare non solo nel momento della puntura o in cui si procura un taglio, ma anche al solo pensiero dell’evento. Di conseguenza assume comportamenti evitanti: nel caso degli aghi, tende a evitare non solo le iniezioni, ma anche i luoghi e gli oggetti che le ricordino.
Come superare la paura degli aghi e del sangue?
All’apparenza innocua, la paura di aghi e sangue è in realtà pericolosa, perché porta a trascurare la propria salute. Spesso, infatti, non ci si sottopone ai controlli medici e si rifuggono le iniezioni (pensiamo al caso dei vaccini). Pertanto va trattata, perché nel lungo periodo diventa una delle prime cause di mancata prevenzione. Ci sono tecniche fai-da-te che gli psicologi consigliano per distogliere la concentrazione dalla sensazione sgradevole: ascoltare musica, ripetere mentalmente una frase, effettuare esercizi di rilassamento, di respirazione, di visualizzazione di scene piacevoli. È anche raccomandabile farsi accompagnare quando ci si sottopone, per esempio, a visite mediche.
Nel caso la fobia persista è necessario ricorrere all’aiuto di uno specialista. Di solito la terapia usata è la cognitivo-comportamentale, le cui tecniche più note sono il training autogeno e l’esposizione graduale. In quest’ultima lo psicologo nel suo studio – un luogo «sicuro», totalmente diverso da uno studio medico – accompagna e sostiene il paziente nell’immaginazione delle scene che lo spaventano, passando in modo graduale da quelle meno temute a quelle più terrorizzanti. L’obiettivo è far sì che il fobico si accorga che il suo problema non è la situazione vera e propria, ma bensì l’ansia di cui la carica.