Mario Cipollini, ritenuto uno dei migliori velocisti della storia e divenuto campione del mondo di ciclismo su strada a 35 anni, racconta a OK Salute e Benessere di aver avuto una miocardite.
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Mario Cipollini e i primi campanelli d’allarme
Quelle pedalate potevano essere le ultime della mia vita. Il mio cuore era compromesso e io non lo sapevo. Sentivo, però, che qualcosa non andava, percepivo, insomma, che la mia «macchina» non funzionava come al solito. E noi ciclisti, che con il corpo abbiamo un rapporto intenso poiché viviamo in solitudine tante ore di fatica e silenzio, percepiamo subito anche la più piccola anomalia. I primi segnali d’allarme risalgono all’estate del 2019, precisamente nel mese di agosto: consapevole delle mie capacità, non riuscivo a dare il massimo nella prestazione atletica. Non pretendevo certamente di raggiungere i livelli di performance di quando ero atleta, ma una stanchezza eccessiva e un opprimente dolore al petto iniziavano a farmi preoccupare.
Dai primi esami è emersa una fibrillazione atriale
Lì per lì non ho però pensato subito al peggio, tanto che ho valutato questo malessere come conseguenza di un periodo particolarmente stressante da diversi punti di vista. Ho temporeggiato e ho proseguito i miei allenamenti come se niente fosse, ma nel giro di poche settimane la pressione al petto era aumentata e in più avvertivo delle extrasistoli importanti. Un po’ allarmato, mi sono rivolto al mio medico sportivo di fiducia, con il quale ho trascorso tanti anni durante la mia carriera da professionista. Il dottore, che è anche un cardiologo, mi ha prescritto un ecodoppler sotto sforzo, in grado di rilevare delle anomalie cardiache durante le fasi di massima intensità fisica. L’esame ha diagnosticato una fibrillazione atriale, una patologia molto comune che causa palpitazioni e aritmia.
Mario Cipollini: «Mi hanno diagnosticato anche una miocardite»
Quello stesso giorno ho parcheggiato la bicicletta e ho rispettato tutte le raccomandazioni dello specialista, che in realtà si riducevano a una: riposo assoluto. L’unica soluzione prospettatami è stata quella di un intervento di ablazione. Così, nell’arco di un paio di settimane, sono riuscito a prenotare l’operazione, convinto che nel giro di poco tempo sarei tornato subito in salute e avrei ripreso a pedalare. Purtroppo, però, l’intervento non è andato come immaginavamo, perché durante l’ablazione i chirurghi si sono resi conto che il mio cuore era malconcio: hanno bloccato tutto per procedere con diverse biopsie.
Per l’esattezza sono state prelevate sei porzioni di tessuto in zone diverse, il cui esame ha portato a diagnosticare una miocardite, ovvero un’infiammazione del tessuto muscolare del cuore. Grazie alle biopsie è emerso che il livello dei miei linfociti era altissimo, proprio perché questi globuli bianchi erano «impegnati» a difendermi da agenti esterni. Era dunque la miocardite la causa della mia fibrillazione atriale.
Cortisone e azatioprina per curare la miocardite
Successivamente, la strategia dei medici ai quali mi sono affidato è stata quella di intraprendere una cura farmacologica a base di cortisone e di azatioprina, cioè un immunosoppressore. Mi sono rivolto anche un immunologo per avere un consulto più specifico e anche per lui l’assunzione di quei farmaci era la strada migliore per curare la patologia. Da ottobre, mese in cui i medici hanno provato a intervenire con l’ablazione, ho seguito alla lettera tutte le loro disposizioni, compresa l’astensione totale da qualsiasi attività sportiva. Sono stati mesi lunghi, difficili, che però mi hanno permesso di arrivare al secondo intervento in ottime condizioni. A febbraio dell’anno scorso, infatti, mi sono sottoposto all’operazione che, finalmente, è stata portata a termine con successo.
Dopo essere guarito, Mario Cipollini è tornato all’attività fisica
Il mio cuore poteva dirsi guarito: le palpitazioni erano scomparse, così come il dolore al petto e, stando ai risultati degli esami, non vi era nessuna infiammazione che lo minacciasse. Da quel momento è iniziato un periodo di riavvicinamento graduale all’attività sportiva e quando mi hanno dato il via libera per riprendere gli allenamenti tutta l’Italia era in lockdown; pertanto l’unica libertà che potevo concedermi era quella di pedalare sui rulli. Passati quei mesi duri in cui tutti siamo stati obbligati a rimanere chiusi in casa, ho potuto inforcare di nuovo la mia bici e riprendere gli allenamenti all’aperto.
Mario Cipollini: «Sono cresciuto a pane e ciclismo»
Devo dire che una delle prove più difficili da superare è stata proprio la mancanza di attività fisica. Io sono cresciuto con il ciclismo e per me la fatica, il sudore che cola dalla fronte, sono componenti fondamentali della mia vita… Passare da cinque ore di allenamento a zero non è stato per niente facile. Allo stesso modo, però, la vita da atleta insegna a fare i conti con i momenti più bui e a venire a compromessi con la sconfitta, che sappiamo far parte del gioco. La passione per il ciclismo mi ha dato poi la forza per riprendermi sia dagli interventi sia dal brutto spavento. Ora mi sento in perfetta forma, mi alleno ogni giorno ma senza strafare, poiché sono consapevole di quale sia il mio limite. Devo dire però che, nonostante non sia più un ragazzino, ancora mi difendo dignitosamente.
Mario Cipollini