L’ictus cerebrale è causato da una improvvisa chiusura o rottura di un vaso sanguigno che attraversa il cervello. Spesso in gergo medico è chiamato in inglese, stroke, tanto che anche negli ospedali italiani si parla di stroke unit, per intendere i reparti specializzati per l’ictus.
Ha anche altri nomi, da infarto cerebrale ad attacco o colpo apoplettico. L’assenza di ossigeno derivato dalla chiusura o dalla rottura di una vena o di un’arteria cerebrali causa un altrettanto improvviso deficit neurologico che può avere gradi di severità e di durata diversa. In genere si perde la capacità di movimento e la sensibilità di parti del corpo, ma anche problemi di linguaggio, concentrazione e memoria.
L’ictus può̀ interessare:
- il cervello,
- il midollo spinale: in questo caso si parla di lesioni ischemiche o emorragiche.
In questo articolo
Qual è l’incidenza dell’ictus?
È un problema estremamente diffuso. Solo in Italia si stimano tra i 2-3 casi di ictus ogni 1.000 abitanti all’anno. Questo significa che nel nostro Paese si contano in media 100.000 casi circa ogni 12 mesi. Le buone notizie sono due:
- grazie alla prevenzione i nuovi casi stanno progressivamente diminuendo,
- grazie alla ricerca aumentano le persone che sopravvivono a un attacco di ictus.
Va comunque ricordato che in Italia resta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e i tumori. Dei 100.000 italiani che ne vengono colpiti ogni anno, la metà dei superstiti rimane con problemi di disabilità anche grave. In Italia, le persone che hanno avuto un ictus e sono sopravvissute, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi circa 1 milione.
Quali sono le cause dell’ictus?
L’ictus è causato dalla morte o dalla sofferenza di cellule cerebrali o di fibre nervose per l’improvvisa mancanza di ossigeno. La sua gravità è legata alla durata di questa interruzione del flusso sanguigno nell’area.
Le ragioni per cui si verifica possono essere molte:
- il restringimento o l’ostruzione di un’arteria a causa dell’aterosclerosi;
- la presenza di emboli nei vasi sanguigni;
- malattie come l’anemia, l’ipoglicemia e l’ipotensione prolungate. Alcune ricerche sostengono che dietro a un ictus si possa nascondere anche un tumore. Ma servono studi “più robusti” per averne la certezza.
A seconda delle cause ci sono due tipi di ictus:
- ictus ischemico;
- ictus emorragico.
L’ictus ischemico
Si tratta dell’ictus più comune. Copre infatti l’85% dei casi. Avviene quando un vaso sanguigno che attraversa il cervello si restringe o si chiude. L’ictus ischemico può essere di due tipi:
- quello trombotico, quando a causarlo è un trombo;
- quello embolico, quando a provocarlo è un embolo.
Ci sono delle sottocategorie, la più importante delle quali è l’attacco ischemico transitorio (TIA), che di solito si risolve nelle 24 ore senza segni di lesione agli esami per immagini.
Gli attacchi ischemici transitori (TIA)
I TIA spesso vengono scambiati per eventi neurologici acuti transitori, come una forte emicrania, una crisi epilettica focale, una sincope, un’amnesia globale transitoria (TGA).
Quali sono i sintomi dei TIA?
I sintomi principali possono essere:
- la paralisi di un lato del corpo;
- l’afasia, quindi disturbi del linguaggio;
- la perdita improvvisa della vista in un occhio;
- la diplopia, cioè lo sdoppiamento della vista;
- vertigini;
- perdita dell’equilibrio;
- paresi o deficit visivo bilaterale.
L’ictus emorragico
L’ictus emorragico avviene quando uno dei vasi che attraversa il cervello si rompe o ha una lesione da cui fuoriesce sangue, causando una emorragia cerebrale. In genere accade per un trauma cerebrali o per una forte ipertensione.
Ictus o emorragie silenti
C’è poi una terza categoria che è difficile da diagnosticare. Si tratta degli ictus o emorragie silenti, che non hanno alcuna manifestazione clinica. Si chiamano anche subclinici.
Quali sono i fattori di rischio di un ictus?
Sono molti i fattori di rischio. La stragrande maggioranza riguarda stili di vita e comportamenti che possono essere modificati, tanto che si sostiene che nel 90% dei casi l’ictus possa essere prevenuto. I fattori di rischio più importanti sono:
- l’età. Attenzione però perché poco meno del 10% dei casi può colpire anche persone sotto i 55 anni,
- il genere: le donne sono più esposte degli uomini,
- l’ipertensione,
- il colesterolo alto. Ci sono però studi che sostengono che anche un colesterolo cattivo troppo basso aumenti il rischio,
- la stenosi carotidea, quindi il restringimento della carotide,
- la fibrillazione atriale.
Come si diceva ce ne sono molti altri. Quelli più diffusi sono:
- il fumo di sigaretta. Un’imponente ricerca americana ha dimostrato che il rischio sale ancora di più se si usano contemporaneamente sigarette tradizionali e sigarette elettroniche;
- il diabete e la resistenza all’insulina;
- lo smog;
- l’abuso di alcolici;
- la sedentarietà;
- l’obesità;
- una dieta scorretta;
- le apnee del sonno;
- lo stress;
- lavorare troppo: all’aumentare delle ore di lavoro cresce anche il rischio di ictus fino al 33%. Secondo una ricerca pubblicata su The Lancet «le persone che lavorano molte ore hanno un maggiore rischio di ictus rispetto a quelle con un orario standard».
Chi trascorre in ufficio tra le 40 e le 48 ore a settimana, infatti, ha un rischio di ictus maggiore del 10% di chi lavora 35-40 ore. L’incremento sale al 27% per chi lavora fino a 54 ore e sopra le 55 ore tocca il 33%. - l’insonnia;
- l’eccesso di sonno che supera in media le nove ore per notte;
- la depressione;
- le patologie croniche dei reni;
- gli alti livelli di infiammazione:
- sport competitivi;
- il sesso;
- l’assunzione di sostanze stupefacenti o di alcuni farmaci.
Quali sono i sintomi dell’ictus?
I sintomi dell’ictus possono essere estremamente diversi. La caratteristica che li contraddistingue è che appaiono improvvisamente. Di solito la prima manifestazione è l’incapacità di muovere un lato dalle faccia o gli arti. L’ictus in genere colpisce un solo lato del corpo, che corrisponde alla parte opposta rispetto al problema cerebrale. Quindi se il vaso sanguigno si rompe nell’emisfero sinistro, il blocco sarà nella parte destra.
Tra gli altri sintomi troviamo:
- l’afasia, quindi la difficoltà a parlare o a capire quello che dicono gli altri: sono episodi che riguardano le zone del cervello a questo deputate;
- problemi improvvisi alla vista;
- la perdita di sensibilità in alcune zone del corpo;
- un forte mal di testa;
- stato confusionale;
- problemi di coordinazione ed equilibrio.
A volte, quando la situazione è seria, si possono avere anche altri sintomi:
- la perdita di sensibilità può partire da un piede e via via prendere tutta la gamba;
- perdita di coscienza.
In presenza di uno di questi sintomi bisogna raggiungere nel più breve tempo possibile un Pronto Soccorso. Come avviene anche per l’infarto del miocardio, il fattore tempo è determinante. Questo nonostante i passi avanti fatti dalla ricerca che hanno allungato di qualche ora i tempi entro cui è possibile salvarsi dall’ictus.
Attenzione perché nelle donne i sintomi possono essere diversi rispetto agli uomini.
Cosa fare se sospettiamo che una persona stia avendo un ictus?
Come comportarsi se abbiamo il sospetto che una persona sia stata colpita da ictus? La cosa più importante è chiamare soccorsi medici, quindi il 118 per poter raggiungere nel più breve tempo possibile l’ospedale.
La cosa migliore è raggiungere un ospedale che abbia una Stroke Unit, cioè un reparto espressamente dedicato a questo problema. In questo modo appena il paziente arriverà, sarà sottoposto ad alcuni esami per la diagnosi. I più comuni sono la Tac, la Risonanza Magnetica, l’Ecodoppler. A seconda dei risultati viene assegnato anche un grado della scala NIHSS che serve a identificare la gravità della situazione.
La prevenzione dell’ictus
I consigli per prevenire l’ictus dovrebbero sempre essere ascoltati, naturalmente quando arrivano da esperti. L’ictus è sì la terza causa di morte nel mondo, ma si può prevenire in quasi nove casi su dieci. Non bisogna assolutamente sottovalutare la situazione. Secondo le ultime stime, nei prossimi anni i tassi di mortalità legati a questa patologia tenderanno a raddoppiare. L’ictus cerebrale continua ad avere un impatto enorme sul piano dell’incidenza.
«Basti pensare che ogni anno in Italia si verificano circa 150.000 nuovi casi». Domenico Inzitari è ex professore di Neurologia presso il Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche dell’Università di Firenze. «Questo, purtroppo, è dovuto all’invecchiamento della popolazione».
Come prevenire l’ictus? Lo spiega nella video intervista il neurologo Elio Agostoni
Occhio ai fattori di rischio
Per fattori di rischio si intende l’insieme delle condizioni che predispongono l’individuo ad ammalarsi e che aumentano le probabilità che si verifichi una certa patologia. Per quanto riguarda l’ictus cerebrale, tra i fattori di rischio “non modificabili” (cioè che non dipendono dalle nostre azioni) ci sono l’età e il genere. «Le donne sono esposte a un rischio superiore rispetto agli uomini. Questo a causa di un sistema della regolazione della coagulazione che favorisce la trombosi e che le rende più soggette all’attacco cerebrale» spiega Domenico Inzitari.
Attenzione a ipertensione e diabete
Ciò a cui dobbiamo però prestare particolare attenzione sono i fattori di rischio “modificabili” (cioè che sono correlati alle nostre scelte di vita). Tra questi, il più importante è l’ipertensione arteriosa. «Dai 40 anni, e ancor di più nelle persone obese e diabetiche, bisogna cominciare a misurare la pressione regolarmente, anche a casa propria con l’apposita macchinetta». Nei soggetti over 65 si può presentare una particolare aritmia cardiaca, la fibrillazione atriale, che espone a un rischio di ictus 5 volte superiore rispetto a chi non ha questo disturbo. Anche chi ha il diabete di tipo due, quello legato appunto agli stili di vita, rischia maggiormente di incappare in un ictus. «L’importante è tenere sotto controllo queste patologie, affidandosi alle cure di uno specialista».
Modifica gli stili di vita
«Una buona prevenzione parte da corretti stili di vita». Innanzitutto, è necessario astenersi dal fumo, che aumenta di 2-3 volte il rischio di ictus. Tutto poi dipende dal numero di sigarette fumate al giorno e dagli anni in cui ci si è dati a questo vizio. Anche l’abuso di alcol può aumentare le probabilità di insorgenza dell’attacco cerebrale. «Il consiglio che mi sento di dare è di bere non più di 2 bicchieri (non grandi) di vino al giorno».
Segui la dieta mediterranea
«Il primo strumento di difesa dall’ictus è seguire la dieta mediterranea». Aumentando il consumo individuale di frutta e verdura fino a 600 grammi al giorno, si potrebbe ridurre il rischio di infarto e ictus rispettivamente del 31% e del 19%. «Sarebbe buona cosa consumare 3 porzioni di frutta e 2 di verdura quotidianamente, preferendo agrumi, mele, pere, verdura a foglia larga». Bisogna consumare pesce almeno 2 volte a settimana (soprattutto salmone, pesce spada, pesce azzurro, trota, ricchi di omega3 e vitamine), evitare i grassi animali compresi i formaggi (se non in piccole quantità), ridurre l’apporto di sale e usarne massimo 5 gr al giorno, limitare l’uso di condimenti, usare solo l’olio extravergine di oliva.
Tieni sotto controllo il peso
«Chi è obeso o in sovrappeso è portato ad avere più frequentemente la pressione alta e il diabete. Questi tre elementi configurano quella che si chiama “sindrome metabolica”, che è sicuramente legata a un aumento del rischio di ictus». Le regole di una sana alimentazione dovrebbero essere inculcate sin da piccoli, per evitare che i bambini sani di oggi siano portati ad essere gli adulti ammalati di domani. Purtroppo, però, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Europa 1 bambino su 3 in un’età compresa tra i 6 e i 9 anni è sovrappeso o addirittura obeso.
Svolgi attività fisica
È inutile seguire la dieta mediterranea se questa non viene poi associata all’attività fisica, indispensabile per mantenersi in salute e prevenire possibili disturbi. Non è necessario praticare sport agonistici. È sufficiente svolgere un’attività fisica regolare, più o meno dolce. L’importante è camminare, prendere le scale anziché l’ascensore, fare una nuotata, muoversi con la bicicletta, correre a velocità moderata. Insomma esercizi accessibili a chiunque e non esageratamente faticosi.
Ictus in gravidanza
Come si diceva prima sono in aumento i casi di ictus giovanile. Questi eventi neurologici dipendono in grande parte dagli stili di vita scorretti, primi fra tutti il fumo di sigaretta e l’ipertensione. Anche le donne in gravidanza possono essere colpite da ictus. Anzi le cifre, seppur ancora molto contenute, mostrano una salita negli episodi. Oltre ad evitare tutti i fattori di rischio bisogna fare attenzione ad alcune situazioni tipiche del periodo della gravidanza, come la gestosi.
Ictus ripetuti: quali possono essere le conseguenze?
Può capitare che gli eventi neurologici siano più di uno. Spesso accade che a un ictus ne segua un altro nel tempo. A volte ci sono anche diversi episodi ischemici, specie quando si è avanti con l’età. In tutti questi casi il quadro clinico si complica, perché generalmente sono interessati tutti e due gli emisferi cerebrali e quindi gran parte delle funzioni collegate al cervello. La qualità della vita diventa pessima. Le principali conseguenze sono:
- disfagia, quindi difficoltà a deglutire;
- disartria, cioè la difficoltà a scandire le parole;
- incontinenza urinaria;
- difficoltà nel camminare;
- decadimento cognitivo.
Quali sono le terapie?
Essendoci diversi tipi di ictus, i trattamenti sono differenti. Molto importante la finestra temporale, come spiega in questa video intervista il neurologo Danilo Toni.
Terapie per l’ictus ischemico
Se si è colpiti da questo tipo di ictus si utilizza la terapia trombolitica. Il medico fa al paziente un’infusione endovenosa di un farmaco, che ha la capacità di “sciogliere” il trombo. Funziona bene solo se è fatta rapidamente, in genere non oltre le quattro ore e mezzo dall’ictus. In alcuni centri con le stroke unit il tempo può essere anche maggiore.
Si può decidere anche di procedere con la trombectomia meccanica. Si tratta di un intervento di disostruzione del vaso occluso agendo dall’interno dell’arteria. Prima di poter procedere però occorre sottoporre il paziente a una diagnostica neuroradiologica specifica, come l’angio-TC. Serve anche la presenza di un neuroradiologo interventista. La finestra temporale in questo caso è di circa sei ore. La somministrazione di aspirina può iniziare 24 ore dopo la terapia trombolitica, e rimane l’unica terapia per i pazienti che non possono essere sottoposti alla trombolisi.
Terapie per l’ictus emorragico
Il primo intervento in questo caso è il controllo della pressione arteriosa che deve scendere sotto i 140 mmHg. Il versamento di sangue spesso preme sul cervello, con conseguenze importanti. In questi casi s’interviene chirurgicamente. Se l’ematoma è profondo non si può procedere con l’intervento.
Il ruolo del monitoraggio
In tutti i casi di ictus occorre procedere a un monitoraggio molto puntuale per cercare di prevenire le complicanze. Il medico sottopone il paziente a una serie di esami per capire quale sia la situazione. Il paziente è sottoposto a una mobilizzazione passiva e generalmente assume eparina.
La chirurgia delle carotidi
Può capitare che l’ictus sia provocato da un embolo che si stacca da placche aterosclerotiche all’interno dei vasi sanguigni del collo che causano una ostruzione del vaso stesso, che si chiama stenosi. Se l’ischemia colpisce una zona del cervello collegata a questo vaso stenotico si parla di stenosi sintomatica. Se questo restringimento è critico si ricorre all’intervento di disostruzione del vaso entro le prime due settimane dall’ischemia.
Lo stenting carotideo
In alcuni casi si può procedere a tecniche di stenting carotideo, del tutto simili a quelle che si fanno sulle arterie coronariche.
La riabilitazione dopo l’ictus
La riabilitazione deve cominciare il prima possibile. Già nella fase acuta il paziente è sottoposto a mobilizzazione precoce. Appena possibile il paziente sarà fatto sedere.
Trascorso un mese e comunque mai oltre i novanta giorni inizia la riabilitazione vera e propria con tecniche che sono decise in modo differente per ogni paziente.
Se il paziente ha problemi di linguaggio o di deglutizione ci si rivolge alla collaborazione di un logopedista, che lavorerà insieme a un nutrizionista.
Quali sono le conseguenze dell’ictus?
Spesso purtroppo l’ictus lascia deficit anche importanti sia sotto il profilo cognitivo-psicologico, sia sotto quello motorio. Per questo è bene iniziare il prima possibile la riabilitazione per rendere il paziente più autonomo possibile. Per capire quale sia il deficit funzionale si usano l’Indice di Barthel e la Functional Indipendence Measure. Si tratta di protocolli che identificano la gravità della situazione sotto i vari aspetti fin qui esaminati. Solo successivamente può essere messo a punto il piano di riabilitazione.