Da tempo la ricerca scientifica si sta concentrando sul rapporto tra artrosi e cellule staminali. L’artrosi è una malattia degenerativa che impatta significativamente la qualità della vita delle persone che sono costrette a conviverci. La passeggiata che diventa faticosa, le scarpe che risultano difficili da allacciare, le scale che si trasformano in una parete per alpinisti provetti. Oppure barattoli e rubinetti che non si riescono ad aprire e strette di mano in segno di saluto che fanno vedere le stelle. Semplici azioni quotidiane che rischiano di essere precluse a chi soffre di artrosi.
In questa patologia degenerativa la cartilagine si usura fino a consumarsi del tutto, esponendo i capi ossei al contatto e all’attrito l’uno sull’altro. La malattia può colpire tutte le articolazioni, tra cui quelle di anca (coxartrosi), ginocchio (gonartrosi), spalla, caviglia. Un certo grado di deterioramento della cartilagine fa parte dei normali processi di invecchiamento. In alcune persone, però, a causa di difetti congeniti o di traumi, tale lesione progredisce rapidamente e in modo marcato.
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Artrosi e cellule staminali: i limiti di acido ialuronico e piastrine
In passato l’unica vera opzione terapeutica in caso di artrosi era l’intervento chirurgico, anche con l’applicazione di protesi articolari. Un’operazione piuttosto invasiva, che richiede tempi prolungati di immobilità e poi di riabilitazione. Negli ultimi anni sono apparse varie alternative. Erano per lo più dirette ai casi di:
- artrosi più lieve o in fase iniziale,
- per i pazienti di età inferiore ai 70 anni,
- per quelli in cui l’operazione non era indicata,
Queste alternative al bisturi possono perlomeno posticipare l’impianto delle protesi.
L’acido ialuronico
«Tra i diversi trattamenti si annoverano innanzitutto le iniezioni intra-articolari di acido ialuronico, a basso e alto peso molecolare. Agiscono come un lubrificante e si possono ripetere più volte. Il grande limite di questa procedura è, però, quello di non possedere alcuna capacità rigenerativa». Marco Pozzolini è ortopedico del Centro diagnostico italiano (Cdi) di Milano.
Il Prp
«Un altro possibile trattamento impiega il plasma ricco di piastrine (Prp), un prodotto di derivazione ematica. In pratica, l’operatore sanitario sottopone il paziente a un prelievo di sangue. Successivamente il campione viene inserito in un’apposita centrifuga allo scopo di estrarre le piastrine. Si tratta di un “serbatoio” di fattori di crescita, ovvero proteine in grado di favorire la guarigione delle lesioni e i processi rigenerativi. Il prodotto così ottenuto viene poi iniettato, attraverso una o più infiltrazioni, nella sede interessata, con l’obiettivo di facilitare la rigenerazione del tessuto cartilagineo. È stato appurato, però, che, a differenza di quanto avviene nel caso dei tendini e dei muscoli, la capacità rigenerativa del Prp sulle cartilagini è molto modesta».
Artrosi e cellule staminali
È in questo contesto che, di recente, la ricerca si è concentrata soprattutto sull’impiego delle cellule staminali mesenchimali, ovvero cellule adulte indifferenziate multipotenti. Ciò significa che il loro destino non è ancora deciso. Pertanto, se estratte, isolate e iniettate nella sede interessata, possono dar luogo, tramite un processo di differenziamento, a diversi tipi di cellule del tessuto scheletrico, come appunto quelle della cartilagine (condrociti), ma anche quelle delle ossa (osteociti) e del grasso (adipociti).
Come avviene l’estrazione delle cellule staminali
Le cellule mesenchimali possono essere prelevate da vari siti, tra cui il midollo osseo della cresta iliaca. In ortopedia però si impiegano soprattutto quelle estratte dal grasso corporeo. In caso di artrosi, la procedura, del tutto asettica, si effettua in ambulatorio e in anestesia locale, in una sola seduta (one step). Concretamente, l’anestesista o il chirurgo plastico effettua due piccole incisioni di pochi millimetri ai lati dell’addome. Grazie all’impiego di una cannula come quella utilizzata per la liposuzione estetica, preleva il tessuto adiposo (lipoaspirazione). Quest’ultimo viene posizionato all’interno di un apposito kit sterile monouso, dove, nel giro di 10-15 minuti e con la massima precisione possibile, le cellule mesenchimali vengono filtrate, separate e isolate dal grasso.
I risultati? Meno dolore e più mobilità
Si crea così un siero piuttosto consistente che l’ortopedico, attraverso una siringa con un ago particolare, inietta immediatamente all’interno dell’articolazione. Progressivamente le cellule iniettate si trasformano in cellule cartilaginee. In questo modo riescono a rigenerare la cartilagine usurata, con risultati positivi nella maggior parte dei casi, attestati da riduzione del dolore e della rigidità e da una ripresa della funzionalità. Trattandosi di cellule appartenenti al paziente stesso (autologhe), i rischi di allergie, intolleranze, rigetto sono azzerati.
Riposo per 24 ore e astensione dello sport per una quindicina di giorni
«Pur essendo un intervento piuttosto semplice e minimamente invasivo, è sempre bene rivolgersi a centri specializzati e a professionisti esperti, in grado di garantire la massima sicurezza e la massima efficacia della procedura». Al termine del trattamento verrà applicato del ghiaccio sulla sede dell’iniezione. È consigliato stare a riposo per 24 ore e non praticare sport per almeno un paio di settimane. In caso di necessità, la terapia può essere ripetuta dopo tre-sei mesi.
Artrosi e cellule staminali: le prove scientifiche
L’efficacia di questa procedura nel caso dell’artrosi è attestata da numerosi studi, che hanno preso in esame le varie articolazioni corporee. Una ricerca è stata realizzata dagli esperti del National Stem Cell Engineering Research Centre di Tianjin, in Cina. I ricercatori hanno fatto una revisione delle sperimentazioni precedenti. Hanno così dimostrato dimostrato l’utilità delle cellule mesenchimali nel caso di artrosi del ginocchio.
Una ricerca australiana ha confermato la sicurezza e l’efficacia della terapia, che si è anche mostrata potenzialmente in grado di prevenire la progressione della malattia.
Sempre l’anno scorso uno studio svolto a Verona ha evidenziato il risultato positivo di questa tecnica sull’artrosi dell’anca.
Gli altri impieghi in ortopedia delle cellule staminali
Questo trattamento può essere utilizzato, seppur meno frequentemente, anche in altre patologie ortopediche. Ad esempio, per le malattie degenerative dei tendini e per le lesioni muscolari degli sportivi. Altre applicazioni possono poi essere effettuate, contestualmente all’intervento chirurgico, nel caso della necrosi della testa del femore e del ritardo di guarigione delle fratture (pseudoartrosi), al fine di favorire la rigenerazione delle zone danneggiate.