Il vaccino terapeutico Tat contro l’HIV/AIDS può migliorare l’effetto delle terapie oggi disponibili contro l’infezione da HIV. La conferma arriva dallo studio dell’Istituto Superiore di Sanità condotto in Sudafrica su 200 pazienti e i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Retrovirology.
Come funziona il vaccino? Ha come bersaglio la proteina Tat di HIV, che viene prodotta nelle prime fasi dell’infezione e che ha un ruolo chiave nella replicazione virale e nella progressione della malattia perché indebolisce il sistema immunitario. Il vaccino agisce inducendo anticorpi protettivi in grado di neutralizzare la proteina Tat e permettendo di aumentare l’efficacia delle terapie anti-HIV. In ultima analisi, consente di allungare l’aspettativa di vita delle persone che hanno contratto il virus.
Durante la ricerca, parte di un ampio programma di cooperazione Italia-Sudafrica per la lotta all’HIV-AIDS, i pazienti sono stati divisi casualmente in due gruppi e hanno ricevuto tre iniezioni per via intradermica di 30 microgrammi di vaccino o di placebo, a distanza di un mese l’una dall’altra. La ricerca è stata condotta in “doppio cieco”, ovvero senza che né i volontari né gli sperimentatori conoscessero chi riceveva il vaccino o il placebo. I risultati, 48 settimane dopo la prima vaccinazione, hanno evidenziato un aumento significativo di cellule T CD4 nel gruppo dei vaccinati rispetto al placebo. L’aumento era particolarmente evidente per i pazienti con i più bassi livelli di cellule T CD4 al momento della vaccinazione.
«Con la somministrazione di una piccolissima quantità della proteina Tat – ha spiegato Barbara Ensoli, la dottoressa che ha condotto lo sviluppo del vaccino nei laboratori dell’ISS – siamo stati in grado di indurre una risposta immunitaria capace di migliorare l’efficacia dei farmaci anti-HIV, evidenziata da un aumento significativo di cellule T CD4».
Questo studio conferma i risultati di un precedente trial condotto in Italia in pazienti infettati con differenti sottotipi di HIV rispetto ai pazienti africani, trattati con farmaci anti-HIV, nel quale si è dimostrata, oltre alla sicurezza e all’immunogenicità, anche la produzione di anticorpi contro Tat e un significativo recupero di cellule T CD4+.
Nel follow-up dello studio italiano, a distanza di tre anni dalla vaccinazione, è stata inoltre osservata una significativa diminuzione del “serbatoio” ematico di virus “latente”, una forma silente del virus inattaccabile dai farmaci. Il virus latente è responsabile dell’aumento della viremia plasmatica, osservata dopo l’interruzione della terapia o quando la terapia è assunta discontinuamente, come avviene in circa il 30% dei pazienti in trattamento. La riduzione del serbatoio di virus latente conseguente alla vaccinazione è ora oggetto di uno studio di follow-up anche in Sudafrica, allo scopo di confermare i dati ottenuti con lo studio italiano.
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