Salute

Allergia ai farmaci: reazioni, test e cosa fare

Come si manifestano le allergie ad antibiotici e antinfiammatori? E cosa bisogna fare quando si hanno dei sintomi allergici? L'allergologa Patrizia Bonadonna descrive i vari casi e sottolinea l'importanza dei test cutanei

Se dopo aver preso un medicinale stiamo male, come facciamo a capire se si tratta di un’allergia o di un effetto collaterale? Alcune reazioni che si verificano dopo l’assunzione di un farmaco, infatti, possono essere confuse con l’allergia ai farmaci.

Per non rischiare di marchiarsi per tutta la vita come allergici a una medicina a causa di un effetto collaterale mal interpretato, Patrizia Bonadonna, dirigente medico del Servizio di Allergologia dell’ Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, sottolinea l’importanza di ricorrere a test specifici.

Gruppo San Donato

«Molti farmaci sono responsabili di sintomi collaterali che niente hanno a che vedere con le reazioni allergiche, mentre in altri casi è la stessa infiammazione che stiamo curando a creare reazioni al farmaco. L’allergia al paracetamolo, per esempio, è molto rara, ma spesso i pazienti che assumono il medicinale in presenza di febbre e infezioni virali riferiscono la comparsa di eritemi e orticaria. La conferma o meno di una presunta allergia è possibile solo eseguendo dei test specifici ed è fondamentale» spiega l’esperta.

Quali sono le reazioni che più spesso vengono confuse per un’allergia ai farmaci?

«Per quanto riguarda sintomi collaterali, pensiamo alla diarrea che può avvenire dopo l’assunzione di alcuni antibiotici, come macrolidi o penicilline, oppure alle tendiniti che possono scatenarsi dopo l’assunzione di chinolonici. La stessa cosa accade per gli anestetici locali (quelli usati soprattutto dal dentista), i cui casi di allergia sono molto rari. Tuttavia, ci sono molte persone che pensano di esserne allergici perché sentono formicolii, vertigini, giramenti di testa o tachicardia. In realtà, questi sintomi non sono reazioni allergiche all’anestetico, ma effetti collaterali dell’adrenalina contenuta dentro la fiala e usata perché è un vasocostrittore. In altre situazioni, invece, può essere la stessa infiammazione per la quale il medicinale viene assunto ad essere responsabile della reazione al farmaco. Per esempio se un bambino con la tonsillite febbrile assume amoxicillina per combattere l’infezione e manifesta dopo qualche giorno eritemi, prurito o puntini rossi la colpa non è necessariamente della medicina, ma del batterio. In questi casi, prima di dare per scontato che il bambino ha sviluppato un’allergia al farmaco, è meglio consultare uno specialista».

Quali sono i farmaci che generano allergie più frequentemente?

«Gli antinfiammatori (specie quelli meno recenti), gli antibiotici (soprattutto le penicilline) e l’acido acetilsalicilico sono i farmaci che generano più frequentemente reazioni allergiche».

Come si manifesta l’allergia ai farmaci?

«Ce ne sono di due tipi: immediate o ritardate. Negli antibiotici quelle immediate si verificano entro un’ora dall’assunzione del farmaco. Le reazioni immediate più lievi sono caratterizzate da pomfi accompagnati da prurito, oppure gli angioedemi, gonfiori localizzati più frequentemente su labbra o occhi. La reazione immediata più pericolosa è lo shock anafilattico, in cui la reazione allergica al farmaco ha delle conseguenze talmente gravi sull’apparato cardiocircolatorio che se non si agisce prontamente, il soggetto può andare incontro ad arresto cardiaco. Le reazioni ritardate, invece, si verificano molte ore dopo l’assunzione del farmaco, anche 12 o 24 ore dopo, e quelle più lievi e frequenti sono gli eritemi morbilliformi, puntini pruriginosi sul corpo simili a quelli del morbillo. Esistono delle reazioni ritardate anche molto pericolose, ma sono rare. Solitamente sono dermatiti bollose, di cui le forme più gravi sono la sindrome di Steven-Johnson e la sindrome di Lyell: queste reazioni generano un’esfoliazione della pelle talmente forte che i soggetti colpiti possono morire come ustionati».

Si conoscono le cause dell’allergia ai farmaci?

«L’eziologia delle allergie non si conosce, ma si conosce il meccanismo patogenetico che le causa. Le reazioni immediate sono dovute nella maggior parte dei casi alla formazione di anticorpi specifici (IgE specifiche) nei confronti di un farmaco. Prendiamo come esempio l’allergia all’amoxicillina: la prima volta che un soggetto assume questo medicinale viene a contatto con la sua molecola e l’organismo potrebbe sensibilizzarsi, cioè si formano gli anticorpi IgE. A una delle somministrazioni successive, gli anticorpi si legano alla penicillina e degranulano le cellule responsabili delle reazioni allergiche liberando delle sostanze che provocano l’allergia. Anche se non si sa perché l’allergia viene a una persona piuttosto che a un’altra, si sa che non c’è familiarità (una mamma non può trasmettere l’allergia ad un farmaco al proprio figlio) e che ci sono dei corredi genetici che predispongono una persona ad avere delle reazioni più severe ad un medicinale rispetto ad altre».

Quali sono i test per capire se si è allergici a questi farmaci? Dove si deve recare una persona che sospetta un’allergia?

  • Per quasi tutti i farmaci c’è la possibilità di fare dei test cutanei, anche se i test più standardizzati sono quelli per gli antibiotici. Non tutti gli ospedali offrono la possibilità di farli, perché quasi sempre oltre al test cutaneo bisogna fare anche i test di provocazione.
  • Se i test cutanei risultano negativi per il farmaco che noi ritenevamo responsabile della reazione, si procede con un test di provocazione. Quando anche questo test è negativo, allora è dimostrato che la reazione che il paziente ha avuto non è stata allergica, bensì o un effetto collaterale o una reazione all’infezione stessa. Se invece i test cutanei risultano positivi, è confermata l’allergia a quel farmaco. Di conseguenza si procede con dei test di provocazione con un medicinale diverso in modo da dare al paziente delle terapie alternative da poter usare in futuro in caso di necessità.

Effetti indesiderati dei test di provocazione

I test di provocazione possono generare reazioni forti, quindi vanno svolti in centri ospedalieri con specialisti e professionisti. L’importante è non aspettare troppo tempo perché nel corso degli anni si perde la possibilità di verificare l’allergia. Le immunoglobuline specifiche che si vanno a cercare durante i test allergologici, infatti, hanno una loro cinetica e dopo un po’ di anni decrescono anche se il soggetto rimane allergico. In linea di massima, nell’arco di massimo 5 anni da quando si hanno delle reazioni bisognerebbe fare i test».

Quali altri farmaci si possono utilizzare in caso di allergie ad antinfiammatori e antibiotici per alleviare dolori o influenze?

«Per scoprire la giusta alternativa bisogna fare dei test di tolleranza con delle molecole nuove e molto diverse dal medicinale che provoca allergia. Tra quelle più tollerate ci sono sono l’etoricoxib, il meloxicam e la nimesulide. Quest’ultima è stata tanto demonizzata, ma in realtà è una delle sostanze che dà meno problemi dal punto di vista allergologico. L’importante è che una persona non decida di utilizzare una di queste sostanze senza prima fare i dovuti test».

Allergia ai farmaci: come funzionano le terapie di desensibilizzazione?

«La tecnica di desensibilizzazione si fa quando i test allergologici sono tutti positivi e non ci sono medicinali alternativi per curare il paziente. Consistono nel somministrare dosi progressivamente crescenti del medicinale a cui il soggetto è allergico. Nel giro di due o tre ore il paziente sarà tollerante al farmaco e potrà assumerlo per tutta la durata della terapia. La tolleranza, però, è transitoria: vale a dire che permane per tutta la durata del trattamento, ma una volta conclusa la terapia finisce. Se il paziente dovrà riassumere lo stesso farmaco, per esempio dopo un mese, dovrà necessariamente ripetere la desensibilizzazione».

Chi è allergico all’acido acetilsalicilico dovrebbe evitare anche qualche alimento?

«Direi di no. Una volta si pensava che, per esempio, i conservanti contenessero acido acetilsalicilico, ma in realtà se lo contengono, lo contengono in bassissima quantità e in genere la sua presenza negli alimenti non dà problemi».

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