Avere una pelle priva di imperfezioni, luminosa e dall’aspetto più giovane è uno dei tanti obiettivi di bellezza di noi donne. Negli ultimi anni a rispondere all’esigenza di una cute uniforme sono state soprattutto le creme dell’alfabeto: dalle BB alle CC fino ad arrivare alle più attuali DD Cream. Alla base di queste creme c’è un minimo comune denominatore che porta il nome di “Cosmetologia della luce”. A spiegarci i principi di questo ambito della cosmesi Carla Scesa, professore di chimica dei prodotti cosmetici all’Università Cattolica di Roma e di cosmetologia all’Università di Siena.
«Il punto chiave della Cosmetologia della luce è l’invecchiamento della pelle, che sul viso si traduce in due tipologie: reale e percepito. Entrambi sono estremamente individuali, perché ognuno di noi invecchia a modo suo. La pelle nel tempo perde la sua originale luminosità, la sua radiance».
Cosa si intende per invecchiamento percepito?
«Quello che gli altri vedono in noi. Sono stati fatti degli studi sulla percezione della pelle ed è stato scoperto che – su uno stesso soggetto – se si prende un viso e gli si tolgono le rughe lasciando solo il colore della pelle e poi si fa la stessa cosa, ma togliendo il colorito e lasciando le rughe, allora si avrà una diversa percezione dell’invecchiamento e dell’età del soggetto. Questo perché la nostra percezione non è solo legata a dettagli strutturali (quindi morfologia del viso, rughe), ma anche al colore e alla lucentezza della pelle».
Cosa si propone di fare la cosmetologia della luce?
«La Cosmetologia della luce cerca di migliorare non solo la struttura del viso, ma anche la sua luminosità, grazie a particelle che riflettono la luce creando un effetto blur, sfumato e appannato. Tutto è partito dalla popolazione orientale: hanno sempre avuto la passione per il colore, soprattutto perché la loro pelle ha una maggiore tendenza alla formazione di macchie. Da qui è nato il loro bisogno di creme che uniformino il colorito e quindi l’ideazione delle creme dell’alfabeto».
Nate in Corea e in Giappone, le creme dell’alfabeto hanno subito avuto grande successo anche nel mercato occidentale. La prima ad arrivare, nel 2012, è stata la BB Cream (Blemish Balm), che oltre a contenere le tipiche attività di una crema giorno (idratazione, protezione, principi emollienti) rende anche la pelle più uniforme e luminosa mimetizzando rughe e imperfezioni. Maggiormente focalizzata sul colore la CC Cream (Colour Control), che dà lo stesso peso a trattamento e make up. Con un boom nel 2013, questa crema è più indicata per chi ha evidenti discromie del colorito e imperfezioni. Daily Defence o Dynamic Do all Cream è invece l’acronimo della DD Cream, arrivata sul mercato occidentale tra il 2013 e il 2014. Ulteriore evoluzione delle creme precedenti, la DD punta sulla difesa contro l’invecchiamento e si arricchisce di principi attivi antiossidanti. Per quanto riguarda la EE Cream (Energy Enhancing), invece, si esce dal campo cosmetico per entrare quasi in quello medico. Questa crema non mira solo a truccare il viso, ma soprattutto a dargli energia favorendo il ricambio cellulare durante la notte. In Italia, per ora, la produce solo Estèe Lauder.
Usare queste creme multifunzionali ha la stessa efficacia che usarne tante specifiche?
«No, ma il loro uso è legato alle esigenze delle donne: alla loro età e alle occasioni. Una donna adulta potrebbe preferire un fondotinta a una BB Cream, al contrario una ragazza giovane – o una signora che non usa trucco – la potrebbe prediligere. In più si aggiunge un aspetto legato alla crisi: il bisogno di avere delle creme multifunzionali e non doverne comprare cinque diverse».
Anche gli uomini le usano?
«Sì, ma avendo una pelle con i pori più dilatati i pigmenti del colore si vedono maggiormente. Il mio consiglio rivolto agli uomini è di usare delle gocce autoabbronzanti che diano alla pelle una colorazione pseudo abbronzata. Una crema, soprattutto a causa della barba, non rende così bene sulla pelle maschile».
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