Disabili

Quando il disabile è anche un cliente

Parlare di business nel mondo della disabilità rischia di far venire la pelle d’oca. Ci si pone immediatamente sulla difensiva per la troppa abitudine di legare il concetto di affari con lo sfruttamento delle difficoltà altrui per fare soldi. Talvolta però è utile abbassare le difese per comprendere un altro passaggio: la persona con disabilità è un cliente. E’ un avventore per un ristorante, è un acquirente per il supermercato... è un ospite per un albergo.

Parlare di business nel mondo della disabilità rischia di far venire la pelle d’oca. Ci si pone immediatamente sulla difensiva per la troppa abitudine di legare il concetto di affari con lo sfruttamento delle difficoltà altrui per fare soldi. Talvolta però è utile abbassare le difese per comprendere un altro passaggio: la persona con disabilità è un cliente. E’ un avventore per un ristorante, è un acquirente per il supermercato… è un ospite per un albergo.

Anzi non un solo cliente. Tanti clienti se si pensa che una stima approssimativa (tutto dipende dal tipo di disabilità considerata) indica nel 5-8% della popolazione italiana il numero delle persone con disabilità (dati Istat). Alcuni arrivano perfino a quantificare questa fetta di italiani come il 13% della popolazione, ovviamente inserendo anche chi ha piccoli handicap come le allergie alimentari. Prendiamo quindi il mercato del turismo accessibile. Una persona con disabilità difficilmente viaggia da sola, più spesso preferisce farsi accompagnare da familiari o amici così quei 4/5 milioni di connazionali diventano in fretta dieci milioni. Una fetta importante per il settore turistico e il suo indotto (che può valere, secondo una recente stima, 160 milioni di euro solo in Europa).

Gruppo San Donato

Numeri concreti, anche se forse un po’ datati – le statistiche ufficiali sono vecchie di 6 anni almeno – su cui riflettevo preparandomi a moderare la presentazione, prevista per il 28 giugno, del progetto Easy Hotel Planet , ovvero l’idea, mescolando profit (Guida Viaggi e Lptour) e no profit (l’Aus Niguarda), di verificare l’accessibilità di alcuni alberghi di Milano per creare una guida e un sito che permettano ai visitatori di conoscere la fruibilità delle strutture. Accanto alla verifica c’è l’intenzione di promuovere la cultura dell’accessibilità (l’Aus dispone di uno sportello turismo e di uno per le barriere architettoniche), di fare formazione all’interno delle agenzie viaggi e nei tour operator e di fornire visibilità alle strutture considerate idonee ai clienti con disabilità. Non grandi novità quindi se non fosse che in questo caso l’iniziativa non parte con un contributo pubblico, ma si basa sull’iniziativa private, su un business plan professionale: insomma in un’idea che economicamente deve stare in piedi da sola.

Ovviamente sul territorio nazionale non è l’unico. Quello che mi viene in mente più rapidamente è Villageforall – V4A che si propone come marchio di qualità internazionale del turismo accessibile che ha come obiettivo l’inclusione turistica e la promozione della attività sportiva per tutti. Qualche settimana fa ero a cena con il presidente di V4A a GitandoAll, Roberto Vitali e mi raccontava con soddisfazione di essere riuscito a radunare nel primo giorno della manifestazione oltre un cinquantina di buyer internazionali (sommariamente gradi operatori che comprano l’offerta turistica per poi rivenderla nei propri cataloghi) ma anche di essere riuscito ad esportare l’idea in Brasile dove ENIT Agenzia Nazionale Turismo ha proposto Italia para Todos le mete italiane più accessibili, e non solo, per incontrare le richieste di 650 agenzie.

Ammetto che queste idee mi piacciono. E’ bello vedere nascere un’imprenditoria che vede coinvolte persone con disabilità. E’ belle vedere che finalmente si costruiscono iniziative che partono dal privato, coinvolgono attivamente il no profit e non peschino fondi dal pubblico senza però portare benefici reali. Infine è bello pensare che, magari, in un futuro questo tipo di iniziative possano creare posti di lavoro per una nicchia di persone che dal mondo del lavoro vengono troppo spesso trascurate.

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