Quasi amici o Intoccabili? Quale che sia il titolo che preferite per il nuovo film di Olievier Nakache, dopo averlo visto non potrete nascondere che ridere della disabilità si può. Quel riso sano, capace di fare conoscenza, cultura di avvicinare normodotati a disabili.
Eppure nulla della vita del para/tetraplegico è stata nascosta: il guanto per le ispezioni o una sessualità birichina e poco comandabile. E ancora lo sguardo perso nel vuoto o nei ricordi di Philippe e l’insensibilità del derma dal collo in giù. Cosa può generare una risata se si pensa la paura di affrontare un nuovo approccio amoroso, la solitudine in cui chi vive una disabilità tende ad autorinchiudersi per non affrontare una società che sente estranea e aliena o in cui viene rinchiuso da una comunità che non comprende o non vuole capire e vedere. Forse è stata una risata catartica, liberatoria
Si ride e si riflette. Tra le decine di spunti che questo intreccio di vite offre, la mia sensibilità mi ha portato a scegliere una frase: «E io così li voglio, senza pietà». Perché proprio la frase pronunciata da Philippe in risposta a un parente che tenta di metterlo in guardia da Driss. Perché il pietismo uccide e ghettizza: trasforma gli uomini in bambole di ceramica da conservare, ben avvolti dalla bambagia, in una scatola, il castello dorato di Philippe. Quante volte nella vita di disabili avreste voluto persone senza pietà che vi mettessero allo stesso livello degli altri?
In realtà sono stato fortunato perché nella mia vita ho incontrato molte persone che mi hanno guardato negli occhi senza vedere la sedia a rotelle. Persone che non hanno trovato nella disabilità un limite così grande da non mettermi alla prova. Il pietismo mi urta, quando lo incontro sotto forma di uomo o donna mi allontano, mi chiudo a riccio. Il pietismo è un’ignoranza pericolosa da cui preferisco girare allargo. Questione di carattere: nato sotto il segno dell’ariete non mi diverto se non combatto. E soprattutto se non vinco. Ad armi pari: non mi piace vincere perché la gente pensa che «poverino almeno ha questa soddisfazione nella vita». Poverino un cavolo!
Ma il film racconta qualcosa in più e da qui la mia preferenza per il titolo originale. Gli Intoccabili non sono solo Philippe e Driss, c’è anche la figlia alle prese con i primi amori adolescenziali e i tanti personaggi che con tocco più o meno accentuato vengono lanciati nella storia. Rubando il concetto a Franco Basaglia, autore dell’omonima legge che chiudeva i manicomi, che diceva «visto da vicino nessuno è normale», osservo che sono molte le categorie di persone che affrontano la propria esistenza portando con sé un handicap.
Non immaginate un disagio psichico o fisico, ma un laccio che mette un freno alle possibilità di condurre una vita piena. Penso ai giovani e all’endemica problematica del lavoro o a chi, licenziato, non ha speranza di rientrare nel circuito economico e produttivo. Penso agli immigrati additati anche quando conducono una vita esemplare. A molte donne che si dividono tra casa e lavoro, imbrigliate in quest’ultimo settore da una mentalità ancora troppo maschilista. O agli anziani considerati nei secoli un patrimonio da rispettare e curare e che oggi, troppe volte, vengono lasciati a loro stessi. Forse mi devo ricredere io voglio intelligenti, ma senza pietà. Il mondo è già senza pietà.