Un errore facendo ginnastica artistica ed Emma Robustelli Della Cuna si è trovata con una mano paralizzata: il radiale si era rotto e lei, a nove anni, non poteva più afferrare gli oggetti. Un super chirurgo le ha ricostruito il nervo con una tecnica innovativa: ora Emma si allena per le Olimpiadi di Rio 2016. Ecco il suo racconto a OK.
«Quanta sofferenza mi è costato quell’esercizio in palestra. Avevo nove anni e mi ero iscritta a un corso di ginnastica artistica a Gorgonzola, il paese dove vivo, in provincia di Milano. L’avevamo deciso con la mia migliore amica Francesca, la ginnastica artistica piaceva a entrambe.
Era un mese che la praticavamo e stavo riprovando un salto di saluto utilizzando un cavalletto, ma qualcosa è andato storto e sono caduta. Ricordo un dolore lancinante al braccio e la corsa all’ospedale di Melzo dove, dopo una radiografia, decisero di steccarlo.
Fu solo al secondo controllo, però, che diagnosticarono una frattura del capitello radiale destro, in pratica al gomito. Altro che stecca! Bisognava intervenire introducendo due fili metallici. In sala operatoria qualcuno sbagliò e quando tornai nel mio lettino mi accorsi di non poter più alzare il polso e di non saper stendere le dita e il pollice. Sembrava quasi che la mia mano cadesse… Non riuscivo ad afferrare nulla. Che mi stava succedendo? I miei genitori chiamarono una dottoressa che controllò e disse: “Tutto nella norma, può essere un effetto dell’operazione, fra qualche giorno la bambina muoverà di nuovo la mano”.
Tutto normale un tubo! I giorni passarono ma la mia mano non riprese vita. Era troppo per una bambina di appena nove anni. Passavo il tempo a piangere, non per il dolore, ma perché nessuno voleva credermi. Da allora mi chiusi in me stessa, al punto che ancora oggi fatico a esprimere quello che provo.
I miei genitori decisero di portarmi all’Istituto italiano di chirurgia della mano di Monza dove, grazie a un’elettromiografia, scoprirono che dicevo la verità. La diagnosi? Paralisi del nervo radiale, ovvero il polso e le dita cadenti senza la possibilità di raddrizzarle se non con l’aiuto dell’altra mano. Il polso rimaneva pendulo e mancavo di sensibilità sul dorso della mano.
Intanto a scuola era una pioggia di scherzi e prese in giro. Qualche giorno dopo venivo portata in sala operatoria per un intervento di esplorazione del nervo radiale in cui si confermava una lesione molto grave, la rottura misurava oltre cinque centimetri: era necessario ricostruire il nervo.
Tutta l’estate dei miei nove anni la trascorsi a riabilitare il braccio. Non è un periodo che ricordo con piacere, non riuscivo a legare con nessuno, mi sentivo sola. Se non fosse stato per l’assistente del professor Marco Lanzetta, Graziella Urso, una vera amica, avrei sofferto ancora di più.
A settembre finii ancora sotto i ferri per un intervento di trasferimento tendineo multiplo. A operarmi fu proprio Lanzetta, che mi dicono essere un super chirurgo, noto a livello internazionale per avere partecipato all’esecuzione del primo trapianto di mano al mondo.
L’intervento riuscì. Ora, a distanza di sette anni da quell’operazione, muovo la mano con disinvoltura riuscendo a fare quasi tutto. Le cicatrici, che una volta volevo cancellare, adesso preferisco tenerle: sono i segni di quello che ho passato e dell’energia che so di avere per affrontare la vita.
La palestra? Pensate che l’abbia abbandonata dopo l’incidente? No. Pratico atletica agonistica e nel 2011 sono arrivata settima ai campionati italiani di salto in lungo. Ma questa è un’altra storia, che spero continui in Brasile, alle Olimpiadi di Rio del 2016».
Emma Robustelli Della Cuna, 16 anni, Gorgonzola (Milano)
(testimonianza raccolta da Simone Fanti per OK Salute e benessere di ottobre 2012)
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