Il rocker Vasco Rossi è «l’anima fragile, potente, coinvolgente che ciascuno di noi porta con sé, quale talismano musicale e poetico, non cedibile né alterabile; un mito che, rivelando, oggi, le sue condizioni depressive, dà una testimonianza sincera e coraggiosa di sé». Lo afferma psicoterapeuta e scrittrice Maria Rita Parsi in una lettera aperta sul sito della Fondazione Movimento Bambino Onlus, nel sottolineare che il cantante di Zocca (Modena) rappresenta «la generazione degli anni ’70; quella che sempre canta, che sempre ricorda inseguendo, con emozione e malinconia, ogni speranza di cambiamento, di rivoluzione della mente e del cuore di ciascuno e della società tutta».
Tuttavia, continua la lettera della Parsi indirizzata a Vasco, «per rispettare quelli che ti seguono, cantando o ripetendo le frasi delle tue canzoni come fossero parole della loro vita, oggi, Vasco, dovresti raccontare, agli altri e a te stesso, le radici, il perche’ della depressione che dal 2001 ti attanaglia. Perché dietro ogni depressione c’è una storia, fatta di predisposizione, fatta di eventi dolorosi oppure di strepitosi successi e, ancora, di fatiche troppo, troppo, stressanti. Insomma, fatta di eccessi».
«Tu dovresti aiutarci – è l’appello della psicoterapeuta a Vasco – proprio adesso, proprio con la tua testimonianza, che certo la giovinezza è fatta di spericolatezza, prove, sfide. Ma che l’obiettivo è creare, fare cultura, arte, memoria, cantare e crescere, amare, lottare e non morire per il solo rischio degli sballi. Così, da evitare è l’uso dell’ alcool, delle droghe. Sei stato e sei, Vasco un allenatore delle emozioni altrui che ora, però, deve, soprattutto, fare i conti con le proprie. Ma un’anima fragile può essere la roccia alla quale aggrapparsi e il faro che può guidarci nella tempesta perfetta. Vinceremo, solo e soltanto, se le persone come te aiuteranno i giovani a ritrovare la strada della salute mentale, dell’impegno, del cambiamento creativo, dei sentimenti. L’arte come terapia contro la solitudine, la malinconia, il vuoto di vivere, l’angoscia di finire».
Fonte Ansa