Può sembrare paradossale, ma in una cultura come la nostra dove è ancora difficile accettare il piacere sessuale come parte integrante della propria vita, è invece sempre più frequente che si parli del piacere tratto dal libero accesso alla sitografia pornografica. Come indicato in un’analisi commissionata all’Audiweb della Nielsen, Carlo Foresta, presidente della Società Italiana di Andrologia Medica e Medicina della Sessualità (chiedigli un consulto), detta numeri scioccanti in merito a quella ragguardevole comunità giovanile che spende circa 7 ore al mese di fronte ai siti pornografici.
A novembre 2011 erano 27 milioni gli italiani che navigavano sul web, di questi 8 milioni hanno visitato siti porno e il 10% ha meno di 18 anni. L’interesse sempre più precoce e sempre più centrale per la sessualità, è sconfinato in ciò che ne rappresenta solo una piccolissima parte, la pornografia appunto. In quel 10% rientrano minori di 13 anni che trascorrono 3 ore mensili di fronte a immagini hard, che diventano 7 ore e mezzo per i compresi tra i 14 e i 18 anni.
Concordiamo tutti con l’idea che adolescenza è quel particolare periodo evolutivo dove tutto compie una trasformazione, compresa la sfera psicosessuale, ma un dato come quello riportato da Foresta lascia facilmente intuire come gli adolescenti, oggi, prima ancora di sapere cosa sia un rapporto intimo, una relazione sessuo-affettiva, sanno già quali posizioni adottare, come muoversi, in quale modo stimolare le zone erotiche (quasi come fosse lo svolgimento di un algoritmo), arricchendo in tal modo le loro conoscenze non attraverso la loro stessa fantasia, bensì attraverso quella dei registi dei filmati pornografici; un atteggiamento questo che, potenzialmente, darà luogo a quella che gli esperti chiamano anoressia sessuale, intesa come assuefazione e disinteresse per alcuni aspetti della vita reale.
La domanda è: perché? L’adolescente viene considerato sia dalla cultura religiosa sia da quella laica un “immaturo”, un individuo che deve essere messo in attesa per un tempo di apprendimento e di prova prima di poter beneficiare dei privilegi della vita adulta. Pertanto egli è inibito dall’avere percorsi efficaci nel mondo reale: egli è diffidato dal mondo sociale adulto dall’avere contatti o relazioni sessuali, è scoraggiato nei suoi bisogni di avventura esistenziale, ridicolizzato o osteggiato nel suo diritto a vivere quel che sente.
La scoperta della sessualità attraverso la pornografia gli offre la possibilità di dare voce ai suoi fisiologici bisogni erotici, senza svilupparli nel contesto reale. Spesso la pornografia viene utilizzata come un vero e proprio “angolo del sapere”, come se da essa si potesse imparare “il metodo”, semmai ce ne fosse uno, per non arrivare impreparati, quando si presenterà l’occasione di una vera relazione sessuale (scoprendo, tristemente, che realtà e film molto spesso hanno poco in comune).
Quando tali comportamenti diventano abitudini, non si può non cercare di migliorare la stima di sé, comprendendo che non c’è altro modo di imparare se non vivendo le esperienze nell’oggettiva e reale interazione tra due persone, partendo da una educazione, sessuale ma anche affettiva, più o meno condivisa che via via andrà completandosi e arricchendosi per opera e frutto delle sole proprie fantasie e sensazioni.
Post di Annarita Argento, studentessa del corso di laurea in psicologia clinica – indirizzo Sessuologia dell’Università degli Studi dell’Aquila (coordinatore: prof.Emmanuele A. Jannini).
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