Praticare delle mini fratture alla cartilagine del ginocchio per rigenerarla. Può sembrare un controsenso invece è una nuova tecnica studiata da Alberto Gobbi, presidente della Fondazione OASI (Orthopaedic Arthroscopic Surgery International) – centro internazionale di studio delle cartilagini, dell’invecchiamento articolare e delle lesioni da sport con sede a Milano. In pratica l’ortopedico pratica dei piccoli fori nel ginocchio e inietta plasma ricco di piastrine Platelet Rich Plasma, e cellule mesenchimali che si attivano per riparare le lesioni.
La microfrattura è una tecnica che sfrutta la capacità delle cellule mesenchimali di autorinnovarsi e adattarsi a varie tipologie di tessuti, riparandoli. Creando dei piccoli fori nel ginocchio, il midollo osseo si diffonde nell’area danneggiata, rilasciando cellule staminali che vanno a formare gradualmente nuovo tessuto. Alberto Gobbi e i suoi collaboratori hanno seguito per oltre 20 anni pazienti operati con questa tecnica, evidenziando un significativo miglioramento funzionale, specialmente in quelli più in là con l’età che hanno visto alleviare i sintomi e ritardare altri interventi più invasivi.
Alberto Gobbi ha studiato le cellule mesenchimali anche in abbinamento a fattori di crescita, il cosiddetto PRP (Platelet Rich Plasma), cioè nel plasma ricco di piastrine. I risultati hanno dimostrato che la combinazione di queste due tecniche consente di accelerare e incrementare le capacità rigenerative delle cellule contenute nei tessuti cartilaginei del ginocchio e quindi di migliorare i risultati e i tempi di recupero dopo l’intervento chirurgico.
Tra le novità più promettenti presentate dal medico in due congressi – all’International Sport Medicine Fellows Conference, tenutosi a Carlsbad dal 27 al 29 gennaio, e al congresso annuale dell’American Academy of Orthopaedic Surgeons, a San Francisco dal 6 al 9 febbraio – anche l’utilizzo di acido ialuronico, anche in combinazione con i campi elettromagnetici pulsati. Il primo agisce come lubrificante e consente di assorbire i dolorosi attriti generati dal contatto tra due superfici cartilaginee, regolando allo stesso tempo il flusso linfatico. I campi elettromagnetici pulsati creano invece specifici campi elettrici per favorire la proliferazione delle cellule del tessuto cartilagineo, dette condrociti, esercitando un potente effetto anti-infiammatorio. Secondo gli studi di Gobbi, l’abbinamento dei due approcci porta risultati clinici migliori rispetto al loro utilizzo singolo, con tempi di recupero drasticamente ridotti dopo l’intervento chirurgico.
«Si tratta di tecniche nuove, che stiamo studiando con grande attenzione in tutta Europa, applicando conoscenze già acquisite in altri campi della medicina all’ortopedia – ha commentato Alberto Gobbi -. Queste tecniche consentono nei casi più lievi di ridurre il dolore e accelerare il recupero, mentre nei casi più gravi sono dei potenti alleati durante e dopo l’intervento chirurgico. Usando materiale facilmente reperibile al posto delle protesi, permettono approcci mini-invasivi con risultati clinici sorprendenti e un netto miglioramento della qualità della vita delle tante persone alle prese con problemi alle cartilagini, dai giovani atleti agli anziani con gravi problemi di artrite».
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