Testo di Giuliano Parpaglioni,
biologo nutrizionista,
blogger di L’EDUCAZIONE DEL PIATTO
Non solo se si va da un professionista, ma anche se si legge un settimanale, se si naviga in internet, se si parla con amici e conoscenti, salta sempre fuori la questione della monotonia della dieta.
Chiunque consiglia di variare il più possibile il tipo di alimenti ingeriti, ma alla fine i nostri piatti sono abbastanza monotoni: i ritmi giornalieri spesso impongono panini a pranzo e cene fatte con un secondo e un po’ di contorno, alcuni riescono a fare il pasto della festa la domenica, mangiando qualche piatto che, per mancanza di tempo, non si può fare durante la settimana, e in fin dei conti sono poche le persone che possono fare variazioni quotidiane, e ancora meno le persone che vogliono farlo.
Ma perché è così importante? Per due valide ragioni:
– La variabilità permette di assumere tutti i nutrienti necessari a una buona salute. È ovvio che le quantità e la distribuzione dei vari alimenti giochi un ruolo chiave nell’assunzione di quello di cui abbiamo bisogno, è però indubbio che se si cambia spesso c’è più possibilità di avere naturalmente una dieta equilibrata e sana.
– La variabilità permette di non annoiarsi con il cibo. Mangiare sempre la stessa cosa porta ad affrontare il piatto con svogliatezza o con abitudine, cosa che porta ad accelerare i tempi, mangiare di fretta, non dar peso a quello che si mangia, instaurando un circolo vizioso: più si mangia per abitudine e meno si ha voglia di cambiare.
Esiste un trucco valido per garantire una buona variabilità anche quando si è spesso fuori a pranzo: preparare il pasto a casa la sera prima. In questo modo non ci si rivolge alle pizzerie e ai bar tutti i giorni, si decide cosa mangiare e si può variare notevolmente: un giorno si porta un’insalata di pollo, un giorno un panino, un giorno un piatto unico tipo riso e piselli o pasta e fagioli, un giorno un ricco contorno con del formaggio…
È quindi possibile variare anche utilizzando alimenti estremamente comuni, non c’è bisogno di essere grandi chef. Per chi vuole invece affrontare delle variazioni più spinte si possono preparare piatti unici utilizzando orzo o farro invece del riso o della pasta, tofu invece di formaggio, panini con verdure grigliate invece del classico prosciutto e così via. Il consiglio principale, comunque, è quello di non farsi mai mancare frutta e verdura.
C’è l’imbarazzo della scelta, oltretutto variare vuol dire anche togliersi gli sfizi: finire il pasto con un cioccolatino, ogni tanto concedersi un aperitivo, un bicchiere di vino a pasto aiuta decisamente ad affrontare il rapporto col cibo in maniera meno automatica e più serena, sempre comunque senza esagerare.
Giuliano Parpaglioni
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