Giovanni Boldrini, 59 anni, ex ristoratore di Pistoia, racconta come le operazioni al cuore e i bypass gli hanno rivoluzionato la vita. Oggi è dimagrito e corre fino a 40 chilometri alla settimana.
«Questa è la mia storia: nel 2003, alla stupenda età di 50 anni, mi sentivo forte come un leone. Dopo 33 anni ero riuscito a smettere di fumare, mangiavo, bevevo, mi divertivo e lavoravo 12 ore al giorno. Poi, una mattina, mi venne un fortissimo dolore al petto. Da allora la mia vita è cambiata completamente.
Sono stato operato all’Ospedale del Cuore G. Pasquinucci di Massa: tre bypass a due coronarie. Qualche mese dopo l’intervento, molto ben fatto, hanno poi cercato di inserirmi uno stent in un’altra coronaria, ma per motivi clinici non è stato possibile completare questo tipo di operazione, chiamata angioplastica. Eppure, nonostante tutto, ora mi sento bene, ma non è stato facile.
Dopo certi interventi al cuore il mondo ti crolla addosso, e diventi molto più vulnerabile, anche psicologicamente. Un esempio? Terminata la riabilitazione, essendo donatore di sangue (leggi: gli esami che fai se doni il sangue), mi sono ripresentato al centro, per sottopormi ai classici prelievi, ma una dottoressa mi ha liquidato semplicemente dicendomi: “Lei non è più buono”. Sono sprofondato nella depressione, e per qualche settimana ho smesso anche di fare la cura che mi era stata prescritta. Poi tutto mi è passato e ho cominciato a dipingere. Mi sono dedicato alla pop art, arrivando a buoni livelli (così, almeno, hanno detto i miei amici più esperti), e ho portato avanti molti progetti con ragazzi disabili. Ma, nel tempo, ho anche cominciato ad abbandonare il mio corpo, pur seguendo le cure prescritte.
Così, circa due anni fa, mi è venuta un’ischemia alla coronaria non operata. Da allora è cominciato un nuovo calvario tra gli ospedali e i dottori di Massa e di Pescia, con una serie di disturbi al cuore che, per citarne uno, si traducevano in centinaia di extrasistole (cioè di battiti “sbagliati”) al giorno. Una mattina, preso dallo sconforto, sono salito su un treno verso Milano, arrivando all’ospedale San Raffaele, dove ho incontrato l’aritmologo Gabriele Paglino. Da allora, cioè dal luglio 2011, ho avviato un programma di riabilitazione e di cura che mi ha cambiato, letteralmente, la vita. I disturbi cardiaci si sono attenuati di molto, e ho cominciato a ritrovare l’autonomia perduta. Addirittura, ho ripreso ad allenarmi nella corsa: oggi arrivo a percorrere più di 15 chilometri al giorno senza fermarmi, con un mio record personale di 40…
Ma non basta. In questi mesi ho anche perso circa 17 chili, e ora ne peso 100, per per un metro e 85 di altezza. Il mio obiettivo, comunque, è quello di arrivare a 90 chili. Fino a 50 anni avevo fatto una vita troppo sedentaria a causa della mia professione di ristoratore, senza praticare sport. Ma da quando sono emersi i problemi al cuore, ho cominciato a muovermi, davvero. Certo, se corro troppo e forzo un pochino, mi viene un risentimento al petto: credo sia la mia ischemia che mi dice “Giovanni vai più piano”, e io rallento, pensando al mio nuovo motto: “Meglio morire sul fiume a polmoni pieni che in un letto di ospedale”. Ma, a parte questi problemi (se esagero), il mio corpo risponde molto bene. E spero che la mia storia, messa assieme a quella di Lorenzo (che con sei bypass ha corso la maratona di New York), possa aiutare qualche bypassato (scusatemi il termine…) a vivere meglio».
Giovanni Boldrini, 59 anni, Pistoia
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