Testo di Marina Bisogno,
blogger di GALILEO
Le falle del sistema di smaltimento dei rifiuti urbani e industriali in Campania – a Napoli 2000 tonnellate di rifiuti indifferenziati marciscono a cielo aperto – sono state messe in evidenza nel corso di una conferenza indetta da Isde, medici per l’ambiente di Napoli, in collaborazione con la Sbarro Health Research Organization. La situazione campana è stata messa a confronto con altre realtà italiane, in particolare con quella del Veneto, grazie ai dati forniti dall’Ispra.
Dalla lettura dei grafici è emerso che il Veneto, per i soli rifiuti solidi urbani (rsu), dispone di ben 15 discariche distribuite all’interno di tutto il territorio regionale. La Regione Campania gode, al contrario, di 5 discariche per rsu: Napoli (Terzigno), San Tammaro (Caserta), Napoli (Chiaiano), Savignano Irpino (Avellino), Sant’Arcangelo Trimonte (Benevento), per un totale dichiarato di smaltimento di 1.339.008 tonnellate all’anno, pari a circa 270mila tonn/anno. «È evidente che c’è stata una grave sottovalutazione del carico di rifiuti», ha sottolineato intervenendo alla conferenza l’oncologo tossicologo Antonio Marfella. «La sola discarica di Chiaiano, aperta nel maggio 2008 e ancora attiva, ha già raccolto nel suo invaso circa la metà di quanto raccolto in tre anni da tutte e 15 discariche venete: 800mila tonnellate contro 1.6 milioni. Ma quello che preoccupa di più è la totale assenza, in tutta la Regione Campania, di qualunque tipo di discarica, ufficialmente censita e a norma, per una quota degli oltre 4 milioni di tonnellate di rifiuti industriali/anno, circa 15mila tonnellate al giorno».
E per quanto riguarda gli inceneritori? «Il solo impianto di Acerra equivale, come portata, al triplo dei tre inceneritori operanti in Veneto, ovviamente distribuiti sull’intero territorio regionale», prosegue Margella. «Sulla base di quello che accade in Veneto, considerando il volume di soli rifiuti urbani prodotto, si deve concludere che in Campania non servono altri inceneritori». I piani regionali, però, prevedono l’apertura di un maxi inceneritore a Napoli est dove verrebbero smaltite 450mila tonnellate/anno. «In questo modo, in un raggio di soli 9 chilometri intorno a Napoli si incenerirebbe una mole di rifiuti pari a quella che in Veneto potrebbe essere smaltita in 15 inceneritori, con un conseguente danno sanitario che va a colpire i territori metropolitani più inquinati di Italia».
Considerato il gravissimo danno alla salute pubblica che a Forli ha causato l’incenerimento di 60mila tonnellate/anno – pari a un decimo di Acerra -, come ha denunciato lo studio Hera, un altro maxi inceneritore da 450mila tonnellate a Napoli est, secondo i medici dell’Isde, equivarrebbe a una autentica ed esplicita volontà di genocidio della popolazione residente nel capoluogo campano.
«I dati economici presentati nel lavoro Wasting life: the effect of toxic waste exposure on health, pubblicati su Cancer Biology and Therapy, attestano inoltre, sulla base di calcoli elaborati dalla London School of Economics, che il solo recupero del territorio con bonifica delle zone di Napoli nord e Caserta, distrutte dalla mala gestione dei rifiuti industriali e urbani in Regione Campania, assicurerebbe un risparmio di risorse economiche sanitarie non inferiori a 12 miliardi di euro (range compreso tra 5 e 20 miliardi di euro)», prosegue lo specialista.
Durante l’incontro si è parlato anche di soluzioni, e a detta dei medici dell’Isde la Campania avrebbe tutti i mezzi per salvarsi dall’ingombro dei rifiuti. Riduzione a monte, raccolta porta a porta, impianti di compostaggio per evitare che l’immondizia marcisca per strada e l’individuazione di trasferimenti provvisori (ad esempio navi), in attesa di individuare plessi a norma e geologicamente idonei. Il vero pericolo però, come più volte sottolineato dall’Isde, sono i rifiuti industriali provenienti dal Nord Italia e sversati illegalmente in cave e discariche spesso abusive. Sono gli accordi tra imprenditori e malavita che generano il disastro e che richiederebbero interventi ad hoc. Per questo tipo di traffico non esistono controlli e pene efficaci. Il nostro sistema penale, infatti, non contempla i reati ambientali.
Marina Bisogno